Verso le elezioni regionali campane
Nei prossimi mesi si giocherà una partita importante all’interno del Partito Democratico, dal momento che sono previste le primarie per l’individuazione del candidato alla Presidenza della Regione in molte aree essenziali del nostro Paese; in verità, il territorio, che offre più spigolosità, è la Campania, vista la sconfitta cocente di cinque anni fa e data la funzione di quella regione negli equilibri politici nazionali.
Ad oggi, i candidati certi sarebbero due: il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, già candidato alle scorse elezioni regionali e sconfitto dal Presidente uscente, Caldoro, ed Angelica Saggese, parlamentare di prima nomina ed espressione dell’area lettiana del partito.
È evidente che, in assenza di una personalità di chiara fama, come poteva essere il giudice Cantone, le elezioni primarie dovranno comunque celebrarsi, anche se potranno essere un momento traumatico per la vita di un partito che, già ai tempi della Margherita e dei Democratici di Sinistra, non ha mai vissuto momenti felici nella gestione di Palazzo Santa Lucia.
È ovvio che, su una partita di tale importanza, Renzi voglia esprimere la sua autorevole opinione, per cui è possibile che un parlamentare, vicino alle sue posizioni, o un esponente del PD di sicura fede renziana possa essere il candidato investito dal consenso del Presidente del Consiglio, in una competizione che, inoltre, si intreccia con altri fatti importanti: nel 2016, sono previste le elezioni per Palazzo San Giacomo, cioè per il Comune di Napoli, ed inevitabilmente gli esiti delle due elezioni saranno, strettamente, connessi fra loro.
In Campania, dalla conclusione del ciclo di Bassolino, è risultato molto difficile trovare una leadership ampiamente condivisa, per due ragioni essenziali: diversamente che altrove, in questa regione la logica dell’appartenenza all’ex-Margherita, piuttosto che agli ex-DS, si fa sentire ancora molto forte, per cui le classi dirigenti dei due partiti, che poi hanno dato vita al PD, non si sono mai, effettivamente, contaminate fra loro, determinando così conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Inoltre, il territorio campano presenta una specificità non irrilevante: la solo città di Napoli, con la sua immensa e popolosa area metropolitana, è in grado di determinare l’elezione del Presidente della Regione, perché gran parte dell’elettorato vive e vota in quel territorio, che arriva a comprendere parti importanti, anche, della provincia di Caserta e si estende fino ai confini con la provincia di Salerno, toccando l’Agro Nocerino-Sarnese.
Pertanto, uno dei leit-motiv in passato della competizione elettorale è stato rappresentato dalla rivalità – quasi da campanile – fra i Napoletani/Casertani da una parte ed i Salernitani dall’altra, i quali tuttora rivendicano di essere maltrattati negli equilibri politici generali, perché il loro territorio sarebbe posto ai limiti degli effettivi centri di potere regionali.
Non a caso, in tutti i partiti della Prima Repubblica, ricorrente era il tema del cosiddetto “Napolicentrismo”, per cui ciascuna provincia rivendicava una fetta più ampia di visibilità e rappresentatività all’interno delle stanze di Palazzo Santa Lucia.
Per decenni, la politica locale è stata dominata da un asse – Napoli/Avellino – che, di fatto, regnava in entrambi i principali partiti storici: la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, per cui la classe dirigente regionale e nazionale, che la Campania sapeva esprimere, era quella proveniente dalla città capoluogo ovvero dalla provincia irpina, perché, sin dal 1970, cioè dall’istituzione dell’Ente Regione, lungo quell’asse geo-politico si facevano e si disfacevano gli equilibri politici a qualsiasi livello.
Andrebbe, pertanto, individuato un nuovo asse geografico, prima ancora che politico, che sia di guida nell’espressione del futuro ceto, che dovrà andare a governare la Regione Campania nel prossimo quinquennio; infatti, prima ancora che essere questione di nomi e di opposti protagonismi (tutti peraltro legittimi, visti i curricula di chi si candida), quella per l’elezione del successore di Caldoro è una competizione elettorale, che si gioca nel definire alleanze fra aree geo-politiche, anche distanti fisicamente fra loro, ma in grado di esprimere una classe dirigente coesa e, soprattutto, capace di far diventare nazionali i problemi che non sono, solamente, regionali.
Senza un simile salto di qualità, le problematiche campane rischiano di rimanere in un ambito strettamente localistico e, certo, in tale dimensione diventa difficile risolvere questioni annose, che si trasferiscono da decenni e necessitano della giusta attenzione da parte degli organi di governo, nazionali e comunitari.
Negli anni ’80, la classe dirigente italiana democristiana, comunista e socialista era composta, in una misura ampiamente accettabile, di esponenti napoletani o salernitani o avellinesi, che assunsero cariche di primissimo piano nelle istituzioni centrali del nostro Stato: sarebbe giusto ed auspicabile che la Campania torni a recitare un ruolo così decisivo nella politica italiana, ma, perché ciò avvenga, urge che i personalismi vengano messi da parte e che la prossima campagna per le primarie e, poi, quella per le elezioni vere e proprie si giochi sulle idee e sui progetti e non sulla mera competizione fra personalità, che rischierebbero, altrimenti, di poter aspirare al massimo ad un carisma regionale, che di per sé è insufficiente per risolvere problemi che richiedono un’assunzione di responsabilità da parte dell’intera comunità nazionale.
Sapranno i candidati ragionare in modo costruttivo ed evitare sia la riduttiva competizione ad personam, sia le sterili polemiche di campanile, le quali sviliscono un momento di democrazia di fondamentale importanza per i territori, che aspirano a governare?
Altrimenti, chiunque vinca, avremmo una classe dirigente locale destinata ad accodarsi a quella settentrionale nella definizione degli assetti di potere e, dunque, costretta ad accontentarsi di un ruolo meramente comprimario, che non rende giustizia al valore della più importante regione del Centro-Sud italiano.
Rosario Pesce