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Se i poteri forti abbandonano Renzi...

È evidente a tutti che, in un Paese ad economia capitalistica, i poteri forti ci siano e determinino le scelte della politica, come quelle delle istituzioni dello Stato, più in generale. 
Quando, nel febbraio scorso, Renzi dimissionò Letta, per prenderne il posto, egli aveva dalla sua due punti di forza: l’accordo del Nazareno con Berlusconi e, soprattutto, le simpatie di Confindustria, che aspirava a sostituire un Governo decotto con uno nuovo, guidato da una personalità – appunto l’ex-sindaco di Firenze – che fosse in grado (o, almeno, allora appariva tale) di dare una svolta ad un quadro complessivo fermo e stagnante. 
Dopo sei mesi, pare che le aspettative siano state, in parte, disattese: nonostante i molti annunci, fatti di volta in volta dal Premier, i risultati concretamente raggiunti sono stati mortificanti, dal momento che l’unico provvedimento, portato a termine, è stato quello famoso degli sgravi fiscali, per un importo massimo di 80 euro, riconosciuti in busta paga ai lavoratori dipendenti al di sotto di un determinato reddito annuo. 
Tutte le altre inizative legislative, promosse dal Governo, non hanno ancora raggiunto l’esito felice dell’approvazione da parte delle Camere; infatti, in particolare, il cosiddetto Jobs Act ed il decreto di riforma della Pubblica Amministrazione sono, tuttora, in discussione in Aula e, molto probabilmente, nessuno dei due sarà varato prima della pausa estiva. 
Frattanto, il quadro economico sta peggiorando sensibilmente, perché la stessa Germania, cresciuta esponenzialmente nel corso dell’ultimo decennio, non riesce più ad incrementare il suo P.I.L., mentre il nostro, contrariamente alle previsioni fatte ad inizio del 2014, rimarrà fermo ancora, per cui il Paese, per l’ennesima volta, si dimostrerà incapace di produrre nuova ricchezza, con conseguenze nefaste, anche, per le casse statali, perché un’economia stagnante, per altri dodici mesi, significherà un gettito fiscale inferiore al necessario e, quindi, assisteremo alla ripresa del debito pubblico che, per essere stoppata, richiederà un’ulteriore manovra di rientro, con conseguente aumento dell’imposizione fiscale sui redditi, che non possono sottrarsi al controllo dello Stato, rifugiandosi nell’evasione e nell’elusione. 
Ovviamente, visto che economia e finanza sono strettamente connesse fra loro, ridiventa attuale l’immagine del cane che si morde la coda, perché il rallentamento dell’economia implica un inasprimento delle condizioni finanziarie, pubbliche e private, che non incentiva, di conseguenza, né gli investimenti, né la produzione di nuovi profitti. 
Si deduce che assisteremo ad un periodo di bassa inflazione, dovuta al fatto che l’assenza di danaro, connessa alla povertà degli Italiani, non potrà che diminuire i prezzi, portandoli sotto una soglia appena accettabile. 
La domanda sorge spontanea: Renzi cosa fa? 
Noi riteniamo che stia pagando la sua inesperienza, visto che non è mai stato neanche deputato, prima della rapida ascesa a Palazzo Chigi: forse, egli ha confuso Montecitorio e Palazzo Madama con il Consiglio Comunale di Firenze? 
È evidente a tutti che onorevoli e senatori hanno una loro autonomia di giudizio dal Governo, cosa che non hanno i consiglieri comunali dal Sindaco, per cui, se egli ha immaginato che essi potessero votare qualsiasi ipotesi di provvedimento, solamente perché proposta dall’Esecutivo, ha commesso un errore grave, tanto più perché ha palesato di non conoscere le dinamiche all’interno del suo stesso gruppo parlamentare, riottoso agli ordini provenienti da Palazzo Chigi e a quelli della Segreteria Nazionale, come accadde ai tempi di Bersani, nel 2013, in occasione del voto per il Quirinale. 
Orbene, per recuperare il tempo perso, è necessario dare una svolta all’azione dell’Esecutivo: è giusto che, alla ripresa autunnale, il calendario dei lavori di Camera e Senato, su proposta del Governo, venga aggiornato, perché gli Italiani potrebbero palesare un’insofferenza crescente verso l’inconcludenza in materia di riforme costituzionali, a fronte di un’emergenza economico-sociale che, nei prossimi mesi, potrebbe divenire, ancora, più pressante. 
Sarebbe interessante conoscere il punto di vista degli imprenditori del nostro Paese, in merito al vuoto legislativo, finora registrato sulle materie, che sono loro più care: se si leggono, però, taluni editoriali su alcuni giornali che fanno opinione, si può facilmente intuire che, pure in quegli ambienti, ci si sta stancando delle vane promesse renziane e si aspetta, solo, il nuovo anno per tirare le somme. 
A quel punto, l’unica soluzione sarebbe il voto anticipato: siamo sicuri che Renzi farà pressione per averlo, ma Napolitano o il suo successore glielo concederà? 

Rosario Pesce

 

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