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Recensione del libro “Stoner” di John Williams

A cura di Manuela Moschin curatrice della pagina Facebook e Blog www.librarte.eu

«L’amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l’amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio».

Quando un libro percuote l’anima, risulta sempre difficile da commentare. Stoner è un capolavoro dal sapore delicato, con un retrogusto mielato. Un’opera che rimane incisa nel cuore. Lo scrittore era dotato di una sapiente capacità narrativa e il romanzo rappresenta, senz’altro, il culmine della perfezione letteraria. Pensate che, quando venne pubblicato per la prima volta nel 1965, non ebbe molto successo. In seguito, invece, divenne un best seller. Poi, nel 2012, fu pubblicato in Italia da Fazi Editore.

Il protagonista William Stoner, proveniente da una famiglia di contadini, venne persuaso dal padre a iscriversi alla Facoltà di Agraria. Ben presto, però, William, appassionandosi di letteratura, fece deviare gli studi in questo ambito, diventando insegnante.

Nella citazione, che ho riportato qui sopra, l’autore condensò in poche righe, le virtù che sono racchiuse in un testo letterario. Qui William definì l’amore per la letteratura una “combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta…”.  Ed è su questo aspetto che vorrei soffermarmi, poiché tutto, ma proprio tutto il romanzo, si concentra su una prosa raffinata. Ogni parola è come una goccia d’acqua che, sommata a tante altre, formano una fonte di inesauribile saggezza.

Moltissime frasi le ho lette e rilette, per gli affascinanti contenuti idilliaci. Una delle principali protagoniste è la luce, che filtrava dalla finestra dello studio di Stoner, oppure, semplicemente, da una lampada: «Non aveva amici, e per la prima volta nella vita prese coscienza della solitudine. Certe notti, in soffitta, alzava gli occhi dal libro e contemplava gli angoli bui della stanza, dove la luce della lampada guizzava tra le ombre. Se la fissava a lungo e attentamente, l’oscurità si condensava in una luce che acquistava la forma impalpabile di ciò che stava leggendo».

La luce e i libri, pertanto, ebbero un ruolo primordiale nella sua vita. Quei testi, che lo accompagnarono fino alla fine, erano i suoi amici fedeli. Non vi racconto delle sue disavventure familiari o lavorative. Vorrei, invece, concentrarmi sull’importanza della lettura e della cultura, che in definitiva contribuirono a rendergli piacevole ogni istante. Quindi, lascerei da parte i suoi dolori, per dare maggiore rilievo alle sue passioni. Coltivarle è la cosa più bella della vita. Immergere e affondare la mente nelle letture è come scoprire il battito d’ali di una farfalla con gli occhi di un bambino.

I libri sono un viaggio introspettivo, nel quale, si percepisce un senso di pace interiore. Nella postfazione lo scrittore Peter Cameron  lo definì un «miracolo letterario».  

Concludo dicendo che durante la lettura ho avuto più volte la sensazione di nodo alla gola… e proprio nell’ultima pagina … mi è scesa una lacrima.

 

John Williams

 

Nato nel 1922 in una famiglia di modeste condizioni economiche del Texas, si iscrisse all’Università di Denver solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, durante la quale fu di stanza in India e in Birmania dal 1942 al 1945. Rimase a Denver per tutta la vita, dove insegnò Letteratura inglese presso l’Università del Missouri e dove morì nel 1994.

Poeta e narratore, John Williams è stato finalmente riscoperto negli ultimi anni, diventando un vero e proprio fenomeno di culto a livello internazionale.

Oltre ad Augustus, Fazi Editore ha pubblicato Stoner (2012), Butcher’s Crossing (2013) e Nulla, solo la notte (2014).

 

Un caro saluto e vi ringrazio

Manuela

 

 

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