La recente approvazione del progetto per il Parco Eolico Andretta Guardia da 30 MW da parte della Regione Campania rappresenta l’ennesimo atto di quello che abbiamo già definito senza esitazioni un vero e proprio colonialismo energetico. Nella nostra terra, già dilaniata dalle disuguaglianze strutturali e dallo spopolamento, si prosegue con un modello di sviluppo imposto dall’alto che sacrifica senza scrupoli l’agricoltura e la vita delle comunità contadine.
È la stessa struttura di potere regionale, con i suoi funzionari e decisionisti, che calpesta diritti e territori, come testimoniano i numerosi progetti presentati negli ultimi anni a Guardia Lombardi e dintorni, che oggi continuano a strangolare il nostro altopiano con pale e torri eoliche. Un attacco frontale alle forze produttive reali, cioè al lavoro contadino, che viene marginalizzato e privato delle sue terre attraverso espropri e decisioni prese senza alcun coinvolgimento popolare reale. Si ripete così un meccanismo tipico del capitalismo neoliberista: sfruttare risorse e territori per farne profitto, senza alcun rispetto per le comunità e l’ambiente.
Non si può tacere l’ipocrisia di chi si riempie la bocca con la difesa delle “aree interne”, raccontando belle parole, mentre nella pratica è proprio lo spopolamento e la marginalizzazione di queste terre che creano le condizioni per trattarle come mucche da mungere per interessi economici estranei. Questo processo, lontano dall’essere una tutela, è un disastro sociale e materiale, un vero e proprio saccheggio che spaccia la devastazione per sviluppo.
Tra le zone di Guardia Lombardi, Bisaccia e Andretta sono previste complessivamente 8 centrali elettrochimiche, di cui due già operative. Queste centrali, localizzate nelle aree agricole, costituiscono una bomba ecologica, a causa delle continue perdite di acidi e delle esplosioni che l’associazione Fuori dalle Pale ha ripetutamente denunciato e documentato. Tale situazione rappresenta una seria minaccia per l’ambiente e la salute delle comunità locali che va denunciata e contrastata con forza.
Inoltre, si solleva una forte perplessità circa l’accesso ai finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da parte di piccole società in nome collettivo (SNC), con capitale sociale massimo di 50.000 euro, che presentano progetti da milioni di euro. Ci si domanda come tali entità possano avere la capacità tecnica e finanziaria, oltre che la legittimità, per accedere a fondi così rilevanti, sollevando dubbi sulla correttezza e trasparenza nel processo di allocazione delle risorse pubbliche.
L’opposizione, portata avanti dai comitati civici, è un segnale di resistenza che deve trasformarsi in lotta politica netta contro questo sistema. Non è accettabile che chi decide ignori la volontà e le necessità dei lavoratori agricoli, veri custodi di questi territori, e che con le loro mani costruiscono la nostra ricchezza reale, mentre sopra di loro si costruisce un capitalismo predatorio che impone "sviluppo" scaricando i costi sulle classi subalterne.
Come Partito della Rifondazione Comunista ribadiamo con forza che non esiste alcun progresso reale senza una radicale rottura con questo modello di sfruttamento capitalista e colonialista del nostro territorio. Occorre costruire un’alternativa di sviluppo basata sulla valorizzazione del lavoro agricolo, sull’autodeterminazione delle comunità e su una gestione collettiva e sostenibile dell’energia, non in mano ai grandi gruppi economici in nome del profitto, ma al servizio dei bisogni delle popolazioni e della salvaguardia della natura.
Arturo Bonito
Segretario Provinciale
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione Irpina