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"Sono cristiano, quindi sono un povero comunista".

Mi chiamo Pasquino Arèteco e sono cristiano, quindi, lo confesso e chiedo venia, sono un povero comunista. Cos’altro potrei essere?! Ma per fortuna o purtroppo, come cantava il Signor G., l’aver scelto d’abbracciare la fede cristiana mi ha condannato a essere un povero comunista. Non esiste altra religione al mondo che esalti a tal punto la povertà, fino a divinizzarla, ad elevarla alle più alte vette della beatitudine. E non c’è altra religione al mondo che condanni, abbassi agli strati più infimi dello spirito la ricchezza. Basta aprire a caso il Nuovo Testamento e leggere: «Beati coloro che hanno spirito di povertà, perché di essi sarà il regno dei cieli (Matteo 5,3)»; allo stesso modo Luca (6,20-21), «Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro». Anzi, oserei dire, che ai poveri appartiene il mondo e ad essi la storia. Così Giovanni di Pietro di Bernardone n’è stato e n’è manifesto, epifania. Non a caso, San Francesco, Il Poverello per antonomasia, che la povertà non solo l’ha predicata ma l’ha anche e soprattutto praticata, ci ha esortato, nei suoi “fioretti”, «a possedere il tesoro ismisurato della santissima povertà; imperò ch’ella è tesoro sì degnissimo e sì divino, che noi non siamo degni di possederlo nelli nostri vasi vilissimi». E a conferma di ciò, dopo secoli, papa Francesco ha ribadito che «I poveri sono al centro del Vangelo; il Vangelo non si capisce senza i poveri. I poveri sono nella stessa personalità di Gesù». E se i poveri ne sono il fulcro, non manca nel Vangelo una netta condanna della ricchezza: «Ma guai a voi ricchi, perché avete la vostra consolazione.  Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame (Luca 6, 24»; «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio (Matteo 19, 24)». Quindi, ribadisco che in quanto cristiano non posso che essere “povero”, nella carne e nello spirito. Capace di privazioni e di condivisioni. Avvezzo a praticare rinunce e sacrifici. Umile in mezzo agli ultimi. Accostumato a spartire il pane. A praticare l’unico vero sacramento cristiano, quello della comunione: il gesto di spezzare il pane e condividerlo. A donare loro ciò che più mi appartiene: anima e corpo. Non il superfluo, ma sostanza ed essenza. Come racconta Marco (12, 41-44): «Gesù andò a sedersi vicino al tesoro del Tempio e guardava la gente che metteva i soldi nelle cassette delle offerte. C'erano molti ricchi i quali buttavano dentro molto denaro. Venne anche una povera vedova e vi mise soltanto due monetine di rame. Allora Gesù chiamò i suoi discepoli e disse: “Io vi assicuro che questa vedova, povera com'è, ha dato un'offerta più grande di quella di tutti gli altri! Infatti gli altri hanno offerto quel che avevano d'avanzo, mentre questa donna, povera com'è, ha dato tutto quel che possedeva, quel che le serviva per vivere”»…

 

-        Pasquì, abbiamo capito che il Cristianesimo è dalla parte dei poveri e non certo dei ricchi. Ma che c’entrano i comunisti?

-        Azz, trovatemi nella storia ‘nu personaggio più comunista ‘e Gesù Cristo! Altro che Marx ed Engels, l’unico e solo manifesto del comunismo è quello del Cristo e dei suoi Apostoli.

-        Non diciamo eresie!

-        Song’ Pasquino Arèteco e non so dire altro. Purtroppo, le uniche verità voi le chiamate eresie, mentre spacciate la menzogna per verità.

-        Che vuo’ dicere?!

-        Io, niente! Ma il Vangelo è scrittura sacrosanta. E ciò che è scritto è detto. Ed è stato inciso che cristiano è chi dona, chi condivide. Chi sta con i poveri non certo con i “cesari”, con capitali e capitalisti. Ed è così che viene presentata “La prima comunità cristiana” nel capitolo 2 degli Atti: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.  Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati». Detto questo, ribadisco: mi chiamo Pasquino Arèteco e sono cristiano, quindi, lo confesso e chiedo venia, non posso essere che un povero comunista.

 

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