Tempo Ordinario: Domenica 31.ma dell'Anno B
Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
mons. Francesco Spaduzzi
francescospaduzzi@gmail.com
Tempo Ordinario: Domenica 31.ma dell'Anno B
I - Marco 12,28b-34 – (a) Uno scriba, cioè uno studioso e conoscitore della Legge dell'AT e che la propone agli altri, domanda a Gesù quale è il primo e più importante dei comandamenti, dati da Dio (28 Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?»). In effetti alcuni dicevano che erano tutti uguali, come p. es. il comando di amare Dio (Dt 6,46) era uguale a quello di non prendere la madre con gli uccellini nel loro nido (Dt 22,6); altri distinguevano fra comandamenti più importanti e meno. Gesù risponde che il primo è che bisogna professare la fede nell'unico Dio (29 Gesù rispose: Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore) e amarLo col dono completo di sé: con tutto il cuore, anima, intelligenza, affetti, desideri, pensieri (30 amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza); nessuna azione interna o esterna, dell’anima o del corpo, deve essere sottratta a Dio; sia che noi dialoghiamo con noi stessi o entriamo in contatto con le creature angeliche, umane o subumane, Dio deve essere là, a parlare con noi, ad agire con noi, unito a noi. Dobbiamo amarlo così perché è il bene supremo e merita ogni buon servizio. Esaminiamoci e vediamo se Dio entra così in tutta la nostra vita. (b) Gesù aggiunge un elemento non richiesto dallo scriba: il secondo comandamento consiste nell’amare il prossimo come se stesso (31 Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso). Gesù lo prende dal Levitico (19,18) e vuol dire che l'amore verso Dio non è completo se non amiamo l'immagine di Dio, che è l'uomo (Gn 1,26), e che Gesù definisce come presenza di se stesso (Mt 25,31-46), giacché tutti abbiamo bisogno di Dio e degli altri, oltre che delle altre creature. Dobbiamo amare Dio per se stesso e il prossimo per amor di Dio, Dio in se stesso e Dio o Cristo nel prossimo o il prossimo in Dio o in Cristo. Nessun uomo è escluso da questo amore, neanche i nemici e quelli che ci fanno del male, per i quali occorre pregare e beneficarli, seguendo l'esempio e l'insegnamento di Gesù (1Gv 4,20-21; Rm 13,8ss; Gal 5,14; Mt 5,44-48). Non sappiamo se sia stato Gesù a mettere insieme questi due comandamenti dell’amore a Dio e al prossimo; certo egli ne fa uno solo. Gesù nell’Ultima Cena completerà l’insegnamento dell’amore verso il prossimo, precisando che dobbiamo amarci gli uni gli altri, come Egli ha amato noi (cfr. Gv 15,12-13). Amiamo il prossimo così? Esaminiamoci e troveremo tanto da correggere. (c) Non c’è altro comandamento più grande di questi (31): solo Dio può darci la grazia per compiere qualsiasi atto soprannaturale, piccolo o grande, e quindi anche per amare Lui e il prossimo; perciò dal battesimo, o da quando ci è comunicata la grazia santificante, Dio infonde in noi lo Spirito, che porta con sé l'amore di Dio (Rm 5,5), che versa nei nostri cuori; si tratta dell'amore, che Dio Padre ha innanzitutto e soprattutto per il Figlio e lo Spirito Santo, e poi per tutte le creature, specie per ogni uomo, nessuno escluso. Lo Spirito stesso ci spinge ad amare il prossimo e a inventarci i modi per mostrargli il nostro amore per mezzo delle opere di misericordia. Chiediamo la venuta continua dello Spirito in noi col dono dell'amore.
2. Lo scriba approva la Parola di Gesù su tutta la linea, sia circa l'affermazione dell'unicità di Dio (32 Lo scriba gli disse: Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui), che stava molto a cuore agli Ebrei, e aggiunge che amarLo con tutto il proprio essere e amare il prossimo (33 amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso) è più importante degli stessi sacrifici (33 vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici), che erano considerati l'atto di culto più gradito a Dio. Gesù gli manifesta il suo apprezzamento per la sua risposta sapiente (34 Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse), con una frase in forma negativa ma con significato molto positivo: Non sei lontano dal regno di Dio» (34), cioè il suo cammino spirituale l’ha portato molto vicino al Regno di Dio, per cui può ben sperare che vi entrerà. Marco conclude questo episodio, ricordando che nessuno ormai osava più tentare di mettere in difficoltà Gesù con domande insidiose (34 E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo): la sua Sapienza Lo aiutava a trovare sempre la risposta adatta, che lo liberava da ogni imbarazzo. Anche noi insieme con lo scriba confermiamo quanto Gesù ha detto e insieme con Gesù apprezziamo la verità, contenuta nelle parole dello scriba: il culto, che piace a Dio, consiste nel fare la Sua volontà, e sua volontà è che noi pratichiamo la fede in Gesù, in Lui e nel suo insegnamento, e la carità verso Dio e ogni prossimo. La partecipazione al sacrificio di Gesù nella Messa e gli altri atti di culto a Dio, pubblici e privati, sono graditi a Dio ma acquistano il loro significato solo se si esprimono nella pratica delle virtù teologali e morali.
II - Deuteronomio 6,2-6 - La professione quotidiana di fede dei pii ebrei era che Yahweh è il loro Dio; unico è Yahweh (4 Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore). Yahweh dichiara a Mosè che il suo nome esprime la sua esistenza e la sua presenza, la sua potenza e vicinanza per aiutare il popolo (sum, adsum, prosum, sum tecum). Ma non basta credere in Dio; occorre anche avere degli atteggiamenti interiori ed esteriori verso di lui, che siano in armonia con la fede. (b) Ecco le disposizioni interiori necessarie: A. Anzitutto occorre ascoltare Dio (3 Ascolta, o Israele; 4 idem), perché la sua Parola esprime e ci fa conoscere la sua volontà; quello che Dio dice è necessario che lo teniamo sempre presente (6 Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore), senza mai dimenticarlo. Leggere e meditare la Parola di Dio deve essere impegno quotidiano. B. La cosa più importante è amare Dio (5 Tu amerai il Signore, tuo Dio) con tutta l'intelligenza (5 con tutto il cuore) con tutta la persona (5 con tutta l’anima) nonostante le debolezze, con tutta l'intensità (5 e con tutte le forze) possibile. Quest'amore porta alla familiarità con Dio, senza però trascurare il rispetto, che viene espresso dalla parola “temere” (2 perché tu tema il Signore, tuo Dio); il timore non è la paura di Dio ma l'amore rispettoso verso di Lui, che si esprime concretamente nell'osservanza dei Dieci Comandamenti e della legge di Dio (2 osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do; 3 e bada di metterli in pratica). (c) All'invito a osservare la Sua Parola Dio fa seguire le sue promesse (3 come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto), che servono a invogliare gli Ebrei a rispettarli; Egli promette: la felicità (3 perché tu sia felice) e la vita lunga (2 e così si prolunghino i tuoi giorni), una discendenza numerosa e la patria fertile (3 e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele). Le promesse erano di beni materiali, perché, purtroppo, allora capivano solo questo tipo di linguaggio: per elevarsi alle realtà spirituali avrà bisogno anche degli insegnamenti dei Profeti e dei Sapienti. Comunque le raccomandazioni di Mosè valgono anche per noi: dobbiamo osservare i suoi comandamenti come espressione del nostro amore e timore per lui, ma questo sarà possibile solo se crediamo in Dio e ne ascoltiamo la Parola, l’accettiamo e la teniamo sempre presente. Circa le promesse, intendiamole secondo l’insegnamento di Gesù, nuovo e ben più importante Mosè: Dio ci rende partecipi già in questo mondo della sua vita divina; la patria da desiderare è quella celeste, dove la felicità eterna verrà dalla contemplazione di Dio e dalla comunione con tutti i fratelli.
III - Ebrei 7,23-28 – (a) Gli Ebrei avevano un loro sacerdozio, che proveniva dalla Legge, data da Dio per mezzo di Mosè (28 La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini). Sommi sacerdoti o semplici sacerdoti erano numerosi e si succedevano nel tempo perché mortali (23 Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo) e di breve durata; la loro intercessione e il loro servizio erano interrotti dalla morte (cfr. 23); si trattava di uomini imperfetti (28 uomini soggetti a debolezza) e peccatori, che dovevano offrire ogni giorno i sacrifici per i propri peccati e per quelli del popolo (27 come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo) e la salvezza, che potevano proporre, era solo di ordine temporale e imperfetta (cfr. 25); essi offrivano a Dio molti animali in sacrificio (cfr. 28) e ogni giorno (27). Dio invece voleva come sacrificio l’offerta di se stessi a Lui per fare la Sua volontà e il compimento effettivo della sua volontà, come la fece Gesù. (b) Tutt’altro Sommo Sacerdote è Gesù, il Figlio di Dio (28 ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio), perfetto come il Padre e lo Spirito Santo e perciò perfetto e santo anche in quanto uomo (26 Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori), che perciò non aveva bisogno di offrire sacrifici per i propri peccati (27 Egli non ha bisogno…); poiché Egli offre se stesso al Padre in sacrificio per fare la sua volontà - e la compie effettivamente -, lo fa una volta per sempre (27 lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso). Egli è l’unico Sommo Sacerdote che dura per sempre con sacerdozio eterno (24 Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta) e che continua anche in cielo (26 ed elevato sopra i cieli). Poiché egli è perfetto (28 reso perfetto per sempre), la sua intercessione (25 egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore) ottiene la salvezza perfetta a quelli che si accostano a Dio per mezzo di lui (25 Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio). Gesù salva tutti gli uomini con salvezza eterna, perché incomincia in questo mondo per durare nell’eternità: qui nella fede, lì nella visione. Ringraziamo Dio per averci dato il suo unico Figlio come Sommo Sacerdote; collaboriamo con lui alla gloria di Dio e alla salvezza del prossimo, secondo il sacerdozio comune o ministeriale, che Egli ci ha partecipato nel battesimo o nell’ordine.
EUCARESTIA. Qui rendiamo presente Gesù e il suo sacrificio, che salvò gli uomini di tutti i tempi. La Parola di Dio ce lo dice e noi dobbiamo crederci. Preghiamo la Vergine SS.ma e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, che ci ottengano la grazia di partecipare all’Eucarestia con fede e amore per riceverne tutte le grazie, di cui è sorgente.