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Solofra: la vita, la guerra e l’insostenibile leggerezza del Virus…

Viviamo un’epoca in cui alla pandemia si associa l'infodemia, l’eccesso del protagonismo informativo.

La ricerca ossessiva di informazioni genera il mostro del complottismo e del catastrofismo: già prima del Covid-19 si diceva di virus creati ad arte da "Stati canaglia", per dominare il mondo.

Sarà un’anomalia umana, ma la mente è inconsciamente attratta dall’assurdo e quest’attrazione ci porta a trascurare banali verità.

I virus sono sempre esistiti, e l’uomo si è evoluto anche grazie alla sua capacità biologica di reagire e di immunizzarsi: gli indios delle foreste, ai primi contatti con "l'uomo bianco", spesso morivano di banali raffreddori, poi, col tempo, si sono anch'essi, in qualche modo, immunizzati.

Dobbiamo seguire solo la scienza e la storia e lasciar stare “l’assurdo”. Entrambe, per dare risposte, necessitano di tempo. Noi però non possiamo aspettare: abbiano troppo fretta di uscire di casa dopo appena un mese di “quarantena”, suffragata da tutti i confort!

Si è detto che siamo in guerra: e questa è un’altra assurdità!

Durante la guerra non c'erano gli attuali confort (TV, internet, smartphone, tablet, computer, frigorifero, lavatrice, forno elettrico, etc) e si soffriva veramente la fame: oggi si trova di tutto e di più!

Troppi dimenticano che durante la guerra, la roba da mangiare era pochissima e veniva distribuita con la tessera annonaria, e durante i bombardamenti, fuori dai rifugi, si moriva.

Purtroppo, quando la realtà non ci soddisfa, siamo inconsciamente portati a dare spazio al narcisismo informativo, ad ascoltare non le cose vere, ma quelle che più ci piacciono e soddisfano il nostro desiderio di “evadere” dalla quotidianità delle mura casalinghe. Si diffondono così in ogni dove, “voci” di esperti virologi che non sono nemmeno laureati, e catene informative complottistiche alimentate dall'ignoranza (la non conoscenza scientifica), dalla noia e dalla paura.

Un distanziamento sociale di pochi giorni (circa un mese), ci fa pensare che la vita è insostenibile.

Chiusi in casa soffriamo di “claustrofobia esistenziale”, che ci fa guardare la realtà in maniera distorta.

La vita assume forme di insostenibile noia che altera l’equilibrio della ragione.

Vengono meno “equilibri permanenti” e tutto viene perennemente messo in discussione, dimenticando che, appena pochi giorni prima, ci annoiavamo a fare “lo struscio” per le vie del centro e a frequentare gli stessi posti: outlet, supermercati, cinema, ristoranti, pizzerie, “stessa spiaggia e stesso mare” e quant’altro!

Il Covid-19 è uno strano virus: gli esperti, quelli veri (!), ammettono di non saperne molto e di imparare giorno per giorno dall’evolversi delle situazioni. Quelli farlocchi, invece sanno tutto e gli altri non capiscono nulla: soffrono dell’insostenibile leggerezza dell’essere “falsi ed irreali”, e spesso hanno un aspetto anche truce: …con barba lunga, sintomatica di un (inesistente!) grave virus postatomico (Cit. A. Venditti: «questa insostenibile leggerezza dell’essere»).

Ma tutta questa “smania di uscire”, poi, a che serve?

Uscire per uscire, senza certezze mediche, significa solo rischiare di infettarsi e di infettare anche i nostri cari, e di essere sottoposti, comunque, a regime di isolamento domiciliare obbligatorio.

Certo le Autorità preposte (troppe!), hanno affrontato l’emergenza in maniera anche confusa, adottando misure a volte contraddittorie e/o prive di buon senso, ma se dal 4 maggio 2020, le norme sul distanziamento sociale dovessero essere ulteriormente prorogate - per altri 15 giorni o per un altro mese - non sarebbe né una catastrofe, né una guerra e nemmeno una carcerazione, ma solo una misura di profilassi: restare nella propria abitazione con tutti i confort della vita moderna, non è poi una condanna!

D’altronde, la saggezza popolare insegna: «a jatt’ pè ji e’ press’ fece i figli cecati».

Speriamo che alla fine ci vedremo tutti e bene!

mariomartucci

 

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