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“I diritti fondamentali fra giudice e legislatore”, oggi a Benevento il professore Romboli

Nella giornata di domani, alle ore 16.30, nella sala lettura della Biblioteca di Palazzo de Simone a Benevento (Piazza Arechi II), nell’ambito delle attività seminariali degli insegnamenti di Diritto costituzionale, Storia delle Dottrine politiche e Istituzioni di Diritto privato 1, del Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza attivo presso il Dipartimento DEMM dell’Università degli studi del Sannio, in collaborazione con il Dottorato di ricerca in “Persona, Mercato, Istituzioni”, si svolgerà una conversazione sul tema de “I diritti fondamentali fra giudice e legislatore”. Protagonista dell’ampio ed articolato confronto, aperto ai cittadini ed ai professionisti, con i docenti, i dottorandi e gli studenti universitari, sarà il Prof. Roberto Romboli, Ordinario di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Pisa ed autorevole studioso dei temi della giustizia costituzionale.

Il tema sarà affrontato, dall’illustre relatore, partendo dalla questione della disciplina e della sua applicazione a livello nazionale e sovranazionale, per poi analizzare i rapporti tra l’intervento del legislatore e del giudice, costituzionale o comune, in materia.

L’esistenza di un diritto, nel senso della sua previsione normativa, e la tutela del medesimo, rappresentano “momenti astrattamente separabili, ma strettamente connessi, al pari di due facce della stessa medaglia”.

La lesione di un diritto costituzionalmente tutelato può avvenire, di fatto, ad opera di un atto di un privato realizzato contra legem oppure a seguito di un’attività, pure contra legem, di un soggetto pubblico, in particolare attraverso l’emanazione di un atto o di un provvedimento amministrativo, nonché attraverso quel particolare atto che è la sentenza di un giudice nella sua attività giurisdizionale oppure infine in conseguenza di una legge contraria alla Costituzione.

Come osservato dallo stesso Prof. Romboli (I differenti livelli di protezione dei diritti: un invito a ripensare i modelli, in Osservatorio sulle fonti.it, fasc. 1/2015), con particolare riguardo al rapporto tra l’intervento del legislatore e quello del giudice, sembrerebbe prospettarsi “una facile ed immediata soluzione, in applicazione del classico principio di separazione tra i poteri: la individuazione dei diritto spetta alla fonte politica, mentre la protezione dello stesso rappresenta la funzione caratterizzante del potere giudiziario, che ne giustifica addirittura l’esistenza”.

Lo studioso ha già più volte segnalato, peraltro, che “in realtà la soluzione non è così semplice, ma le due diverse forme di produzione del diritto si trovano inevitabilmente tra loro strettamente intrecciate e ci accade a diversi livelli”.

Innanzitutto, esiste e va richiamata la nota problematica relativa all’esistenza ed alla delimitazione dei c.dd. “i diritti nuovi”, in parte frutto dell’elaborazione giurisprudenziale. Inoltre non può non riconoscersi che “le forme di tutela, le condizioni ed i limiti del potere giudiziario sono ovviamente derivanti da scelte del legislatore, ordinario o costituzionale. Si pensi ad esempio alla scelta se riconoscere o meno ai singoli un ricorso diretto a garanzia dei propri diritti fondamentali. L’intreccio tra il diritto politico ed il diritto giurisprudenziale viene, se possibile, ad essere reso ancora più complesso dall’esistenza, in materia di diritti fondamentali, di una pluralità di legislatori e quindi di Carte a differente livello (Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Cedu –, Carta di Nizza – poi Carta dei diritti dell’Unione europea –, Costituzione, Statuti regionali), cui corrispondono una pluralità di giudici, ognuno dei quali con il compito specifico di tutelare i diritti riconosciuti in una Carta (Corte europea dei diritti dell’uomo, Corte di giustizia Cee, Corte costituzionale e, con le loro particolarità, gli organi di garanzia statutaria)”.

L’esperienza concreta rivela come questo intreccio, reso più complesso dalla pluralità delle fonti normative e dei centri di decisione e di controllo, crea, sempre più spesso, “strettoie” o “zone franche o zone d’ombra”, ipotesi nelle quali diviene ancora più difficile garantire l’effettività e la pienezza della tutela.

Questi gli spunti ed i temi principali di una riflessione che si preannuncia interessante, anche come lezione di cittadinanza e Costituzione particolarmente utile, oltre che per gli addetti ai lavori, per ciascun cittadino che aspiri ad essere realmente partecipe del contenuto sostanziale e della portata concreta dei propri diritti.

 

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