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Diritto positivo o teologia politica?

In un’intervista di Massimo Cacciari, comparsa stamani su La Repubblica, il filosofo veneziano prende in esame la posizione di Papa Francesco circa l’intervento dell’ONU, che il Pontefice auspica per far cessare definitivamente le violenze contro i Cristiani che, in queste ultime settimane, sono state realizzate dalle truppe islamiche nel territorio di confine fra l’Iraq ed il Kurdistan. 
Il rilievo, che pone Cacciari alle tesi del Papa, è il seguente: la Chiesa, a partire dal Medioevo, ha sempre sviluppato una teologia politica, cioè ha posto un principio superiore, di ordine morale-religioso, in virtù del quale ha giustificato il concetto di guerra “giusta”. 
Tale principio era, evidentemente, di ordine trascendente e, soprattutto, è stato dominante per moltissimi secoli, nel corso dei quali la Chiesa ha sviluppato una vera e propria politica di potenza, ai danni in particolare dell’Islàm, oltreché degli Stati laici, che fossero di natura nazionale o imperiale. 
La posizone odierna, invece, di Francesco configura un mutamento copernicano: infatti, Egli non pone più a fondamento del concetto di guerra “giusta” un’idea biblico-teologica, che preveda una presunta superiorità, dottrinaria e spirituale, del Cristianesimo rispetto a tutte le altre religioni, anche monoteiste, ma àncora la richiesta di un intervento militare ad un mero fatto di ordine storico: esiste, infatti, un’Organizzazione Mondiale creata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per intervenire in caso di conflitto fra Stati, per cui l’autorizzazione, data da quest’ultima circa la presenza delle truppe armate in difesa dei Cristiani iracheni, è sufficiente a giustificare la guerra e la rende di per sé, moralmente, accettabile e compatibile con l’ordine internazionale, che il Vaticano non intende sovvertire. 
La morale, pertanto, lascia il posto al diritto internazionale, di cui è garante e depositaria un’istituzione che, per molti decenni, è stata aspramente criticata, perché il suo operato è stato, sistematicamente, inibito dai veti incrociati, esistiti fra le varie Potenze mondiali, che hanno fatto parte del Consiglio di Sicurezza. 
L’ottica di Francesco viene letta da Cacciari come assai debole sul piano teoretico, perché, in virtù delle nuove idee, teorizzate dal Pontefice, la Chiesa cattolica farebbe marcia indietro rispetto alla tradizione più che millenaria e si rimette, integralmente, alla potestà di un organismo, creato da Stati laici, che agisce, quindi, secondo una logica secolare e, certo, non in funzione di un piano trascendente, di ispirazione fondamentalista-cristiana. 
La Chiesa, dunque, opera sul piano della politica estera non più come l’espressione di Dio in Terra, in funzione del perseguimento di un fine meramente trascendente, ma agisce – più laicamente – secondo logiche di condivisione, compartecipazione, corresponsabilizzazione che sono più tipiche del diritto internazionale e, pertanto, dello spirito laico sotteso ad una visione più consona e congeniale al mero diritto positivo. 
L’atteggiamento del Pontefice, a nostro parere, non deve sorprendere, visto che esso è l’esplicitazione dello spirito rinnovato della Chiesa, affermato dal Concilio Vaticano II, che solo oggi trova, però, una conferma piena ed importante, dal momento che, negli anni trascorsi a partire dalla conclusione di quell’evento, i predecessori dell’attuale Papa hanno continuato ad agire entro una prospettiva teocratica di gusto medioevale, così come ha fatto lo stesso Giovanni Paolo II, il quale, nella sua opera meritoria di contrapposizione al Comunismo sovietico, ha concettualmente presupposto che, nella disputa fra Cattolicesimo e dottrina marxista-leninista, le ragioni per il ricorso alle armi, contro il nemico classico del XX secolo, discendessero da una superiorità, assiologica e teologica, delle posizioni ideali ed etiche del successore di Pietro rispetto a quelle dell’antagonista orientale. 
Cacciari legge, nel nuovo orientamento pontificio, l’incipit più autentico del nuovo secolo e del nuovo millennio: viene configurandosi l’immagine di una Chiesa "debole", che si comporta alla pari delle altre Cancellerie, come uno Stato fra Stati, pronta ad accettarne le regole sul piano internazionale, e verrebbe meno il ruolo di una Chiesa che - in quanto depositaria della Verità - fondava, ispirava, teorizzava e giustificava il comportamento altrui in funzione del Verbo divino, anche manifestamente in contraddizione con le regole, che si sono date le entità statuali non confessionali. 
Papa Francesco, dunque, si muove alla maniera di un moderno Capo di Stato o di Governo, non facendo discendere per sé dalla tunica - che indossa - alcuna prerogativa, che non sia già prevista per gli Stati che si muovono sullo scacchiere planetario. 
Pare, quindi, strano che Cacciari rimpianga il modello di Pontefice della tradizione medioevale, anche perché un eventuale ritorno alla teocrazia, da parte del successore di Pietro sul soglio di Roma, costituirebbe un elemento di ulteriore aggravamento di una condizione internazionale, già precaria e difficile; lo stesso Papa Bergoglio, con raffinatezza gesuitica, ha parlato di una Terza Guerra Mondiale già in atto, che deriverebbe dalla somma di tutti i conflitti locali, accesi in questo momento nelle varie parti del globo: se egli stesso si abbandonasse a velleità teocratiche, forse aumenterebbero le possibilità di spegnere quei pericolosi focolai di guerra? 
Invero, temiamo che un ritorno all’ispirazione teocratica renderebbe, solo, peggiore il mondo e, dunque, non possiamo non leggere, nelle idee e nei comportamenti conseguenti dell’amato Papa Francesco, un segno della Grazia divina che opera, fattivamente, per ridurre le occasioni di morte e di devastazione terrena. 


Rosario Pesce

 

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