Tempo Ordinario: Domenica 30.ma dell'Anno C (2024-25)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica 30.ma dell'Anno C (2024-25)
Introduzione. Siracide avverte che Dio fa attenzione alla preghiera del povero ed è giudice imparziale; Gesù in Luca presenta Dio che ascolta alla preghiera dell’umile; e Paolo in 2Timoteo rinnova la previsione del suo martirio prossimo e la sua fiducia nella salvezza, che Dio gli darà.
I - Siracide 35,15b-17.20-22 - (a) Dio ascolta la preghiera (16) specie di coloro che stanno nel bisogno: del povero (21; cfr. 16), dell’oppresso (16), dell’orfano, della vedova (17), dei giusti (22), di Chi li soccorre, che è accolto con benevolenza da Dio (20). Il Siracide incoraggia queste categorie, avvertendole che La preghiera, quando manifesta la loro sofferenza con il suo lamento (17), arriva fino alle nubi (20), attraversa le nubi, né si quieta finché non sia arrivata (21) fino al Cielo; Dio, da parte Sua, non trascura la supplica (17), e anzi Egli è l’Altissimo che interviene (21) per rendere soddisfazione ai giusti e ristabilire l’equità (22). Abbiamo fiducia nella bontà di Dio verso tutti, ma specie verso le categorie “protette” e quelli che si affidano a Dio e si impegnano a fare la sua volontà. Il Signore ci ripropone spesso queste verità, perché veramente ci tiene alle categorie dei deboli. (b) Comunque il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone (15), soprattutto Non è parziale a danno del povero (16). La preferenza, la mostra per i deboli, perché il mondo li disprezza e li sfrutta ma Egli fa la sua parte per farli rispettare (22) e si aspetta che anche noi facciamo la nostra parte: interviene sempre in aiuto dei bisognosi o personalmente o per mezzo di ciascuno di noi, anche se non sempre secondo i nostri tempi. Ma la sua sapienza è infinita e conviene affidarsi a Lui; Egli è anche infinitamente buono e potente!
II - Luca 18,9-14 - 1. (a) Gesù Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti davanti a Dio e agli uomini e disprezzavano gli altri (9), sentendosi superiori. La nostra dignità viene dal fatto che, come uomini, siamo stati creati da Dio, a sua immagine e suoi figli, ci ha arricchiti di doni naturali e soprannaturali e ci ha chiamati alla salvezza eterna; siamo tutti uguali davanti a Dio e agli uomini. Il ruolo, l'età, l'esperienza, i titoli di studio, le competenze acquisite, ecc., non sono motivi di superiorità. Dio solo è superiore a noi; neanche il Papa supera in dignità l'ultimo bambino battezzato; tantomeno è superiore chi è ricco o potente o corteggiato. (b) Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo, fanatico osservante della Legge, e l’altro pubblicano, esattore delle tasse, poco osservante (10): credente ma non praticante? Sono 2 uomini in rappresentanza di due categorie: quella dei pretesi giusti e quella dei peccatori. Il fariseo, stando in piedi, come di solito facevamo gli ebrei, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano (11). Qui il contenuto della preghiera è cattivo, per il giudizio negativo sul prossimo. I peccatori conservano la loro dignità sia naturale che soprannaturale: sono sempre creature di Dio e Suoi figli buoni o cattivi; conviene pregare per loro, per la loro conversione, perché Dio ne abbia misericordia e li salvi. (c) Il fariseo si vanta davanti a Dio del più che fa rispetto alla Legge: Digiuno due volte alla settimana, ogni lunedì e giovedì invece di una volta all'anno, e pago le decime di tutto quello che possiedo (12), invece di alcune cose soltanto. E così si sente creditore di Dio… Ma noi non possiamo accampare crediti presso Dio, perché tutto è suo dono e quello che diamo a lui è solo una parte piccolissima dei suoi doni. La preghiera di quest'uomo è tutta sbagliata, perché viene da una mente, che nutre idee sbagliate su Dio e sul rapporto con Lui. Quanto di questo fariseo c’è in noi?
2. (a) Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, perché ha coscienza di non essere degno neanche di guardare verso Dio; ma si batteva il petto (13), dichiarando la propria colpevolezza; la sua preghiera è molto semplice e rivolta all'unico Dio: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (13), un’invocazione, che si fonda sulla verità che ha offeso Dio e sull'umiltà di saperlo riconoscere senza riserve. Questi sentimenti devono alimentare il nostro rapporto con Dio: siamo creature e quindi dipendiamo in tutto da Dio, ma per di più siamo anche peccatori, cioè ci siamo ribellati e abbiamo offeso il nostro Padrone, che si è voluto fare nostro Padre. Per ottenere il perdono, occorre aggiungere anche il pentimento dei peccati, il proposito di non più peccare e di riparare il male, che abbiamo fatto. (b) Gesù esprime il giudizio di Dio sui due uomini: Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato; Dio gradisce moltissimo i sentimenti del pubblicano e lo rende giusto ai Suoi occhi, mentre il fariseo resta nella sua situazione di peccatore e illuso di essere santo; la ragione è che chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato (16), cioè Dio umilia i superbi come il fariseo e innalza gli umili come il pubblicano. Siamo tutti peccatori e solo Dio può avviare il cammino per renderci giusti: Egli solo ci può dare, per mezzo della sua Parola e delle sue ispirazioni, la grazia della luce per capire che siamo peccatori e anche la forza di aprirci al dono della conversione, che egli ci vuole donare. E’ una grazia, che possiamo e dobbiamo chiedere con insistenza nella preghiera. Alimentiamo in noi i sentimenti del pubblicano e dei grandi penitenti.
III - 2Timoteo 4,6-8.16-18 – (a) S. Paolo ci rivela i suoi pensieri: è giunto il momento che io lasci questa vita e Io infatti sto già per essere versato in offerta (6), come una coppa di vino, versata sull'offerta; la sua vita è stata il combattimento di una buona battaglia fino all'ultimo e una corsa, che egli ha terminato: è confortato dal fatto che, per grazia di Dio ha conservato la fede con la carità (7) e perciò ha la speranza: Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, Gesù Risorto, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno (9), per Sua misericordia; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione (8), la sua seconda venuta. Paolo qui alla seconda venuta di Cristo, che sarà accompagnata dal giudizio universale, unisce il giudizio particolare, che avviene al momento della morte, quando viene decisa la sorte eterna del singolo: in effetti Gesù e S. Paolo raccomandano di essere vigilanti e pronti, sempre in grazia di Dio, senza aspettare la morte per pentirsi. (b) S. Paolo racconta quello che è avvenuto al primo processo, che ha subito: Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato (16), ma prega Dio: Nei loro confronti, non se ne tenga conto (16). E sottolinea: Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero, i pagani. L’Apostolo ha fiducia che, come l’ha liberato dalla bocca del leone (17), forse Nerone, così Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno in paradiso. Paolo conclude benedicendo Gesù: a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen (18). Quando tutti ci abbandonano, non ci scoraggiamo. Anche noi non stiamo mai soli, perché in ogni caso il Signore non ci abbandona mai; ci assiste e ci aiuta finché non ci porterà in paradiso; Egli vuole la nostra salvezza e fa la sua parte e anche noi dobbiamo fare la nostra.
EUCARESTIA. La Parola di Dio ci invita a essere coscienti che siamo peccatori e i riti della Messa ci aiutano a tenerlo presente: è la base sulla quale costruire il pentimento e la conversione. Preghiamo la Vergine Maria e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, di ottenerci tutte le virtù e in particolare l’umiltà per riconoscere le nostre colpe. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Avevano l’intima presunzione di essere giusti (9). E’ una tentazione dei principianti nella vita spirituale: sentirsi superiori agli altri solo perché stanno dando i primi passi nella direzione giusta, ma sono ancora tanto concentrarti su di sé e così poco su Dio, che arrivano a disprezzare il prossimo, che è a immagine di Dio; il santo si sente l’ultimo peccatore.
2. Il pubblicano, invece, fermatosi a distanza…. (13) Chi si avvicina veramente a Dio sente la distanza fra sé e Dio, la sua piccolezza e Sua grandezza, la sua condizione di peccatore e la Sua santità, la sua cattiveria e la Sua infinita bontà. Ed è così sensibile a queste verità e realtà che con profondo rispetto guarda intorno a sé, specie al prossimo, fatto a immagine di Dio,
3. Questi a differenza dell’altro tornò a casa giustificato (14). Per avere il perdono e diventare giusti davanti a Dio, bisogna riconoscersi peccatori, essere pentiti, fare il proposito di non più peccare, riparare il male fatto. Il pubblicano lo fa, il fariseo no. Così entrambi stanno alla presenza di Dio con risultati opposti, che corrispondono però alle loro disposizioni interiori.
4. La preghiera del povero attraversa le nubi… (21). Dio segue tutti gli uomini e ciascuno di essi perché ama tutti e ciascuno e in ognuno ha messo la sua immagine e una partecipazione della sua potenza, sapienza e bontà infinita. La sua attenzione per i bisognosi viene dalla Sua bontà, che Lo spinge all’amore e alla compassione e a voler aiutare chi sta in una condizione inferiore agli altri.
5. …Ora mi resta soltanto la corona di giustizia (8). Al defunto Dio dà il premio o il castigo eterno a seconda di come si è comportato in vita e di come si trova al momento della morte: il paradiso, se in amicizia col Signore, o l’inferno, se in rottura con lui a causa di peccati gravi. E’ ovvio che non conviene mai aspettare l'ultimo momento per convertirsi al Signore. (mons. Francesco Spaduzzi)