Tempo Ordinario: Domenica 23.ma dell’Anno C (2024-15)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica 23.ma dell’Anno C (2024-15)
Introduzione. Sapienza ci ricorda che la Parola di Dio ci guida per fare il bene; Gesù in Luca ci indica che cosa dobbiamo fare per essere suoi discepoli veri; Filemone ci avverte che in Cristo siamo tutti uguali e come tali dobbiamo trattarci reciprocamente.
I - Sapienza 9,13-18 - (a) Fa parte della preghiera di Salomone per ottenere il dono della Sapienza. L'uomo ha la ragione, ma procede a tentoni, perché i suoi ragionamenti sono timidi, accompagnati da interrogativi e dubbi (14), perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e stanca l'intelligenza con tante inutili preoccupazioni (15). Perciò a stento immaginiamo le cose della terra, e con fatica e lentezza, quelle a portata di mano, le realtà di questo mondo (16). Con difficoltà e con molti errori conosciamo la verità. L'uomo ha l'intelligenza per conoscerla, ma è rallentato o portato fuori strada dai suoi limiti e dalle passioni, che lo condizionano a scegliere come verità specie ciò che piace. (b) Sono due le domande, che si pone Salomone: chi ha investigato le cose del cielo? (16), che è il mondo di Dio, e Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? (13). Ecco la risposta: Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? (17). Solo grazie alla Sapienza, dono di Dio, conosciamo i comandamenti e i doveri da compiere, che sono la volontà di Dio, espressa nella Sua Parola: così gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito, vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra e furono salvati per mezzo della sapienza (cfr. 18). L'Autore si riferiva alla rivelazione dell'AT; la rivelazione piena ci è donata da Gesù, che è per noi come il sole rispetto alla luna dei fratelli separati, e alla notte con stelle degli Ebrei e dei credenti in Dio e alla notte senza stelle e con vento e nebbia, acqua e neve, degli agnostici e degli atei. Ringraziamo per la luce della verità di Cristo e per il calore dell'amore dello Spirito Santo, che il Padre ci ha donati per Sua misericordia.
II - Luca 14,25-31 - Gesù è seguito da tantissime persone (25) e il suo insegnamento piace per quello che dice e per come lo dice; i miracoli confermano che è un personaggio straordinario, un grande profeta inviato da Dio, il suo Messia. Non tutti, però, sono autentici discepoli di Gesù e Lui vuole aiutarli a fare un serio esame di coscienza per verificare le loro reali condizioni spirituali. (a) Perciò dice loro che anzitutto bisogna andare da lui (26 Se uno viene a me), cioè credere in lui (Mt 11,25-30; Gv 6,35.37.45), cosa, che suppone una conoscenza sufficiente della sua persona, della sua opera redentrice e del suo insegnamento, che bisogna accettare integralmente e voler praticare con fedeltà. Inoltre bisogna amare Gesù al di sopra di ogni creatura siano anche le più intime: più di… suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita: altrimenti non può essere mio discepolo (26); così non lo può essere chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi per Lui (33). Gesù è infinito nelle perfezioni come Dio e come uomo rappresenta il vertice della perfezione creaturale; perciò ha diritto alla precedenza assoluta su tutto e su tutti: dobbiamo amarlo con tutto il cuore, l'anima, la mente, le forze, e nulla anteporre a lui (S. Benedetto). (b) Infine: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me in tutto, non può essere mio discepolo (27). I contemporanei di Gesù consideravano portare la croce il supplizio più doloroso e infamante e quindi rifuggivano da tale idea; poteva indicare anche essere disposti a soffrire ogni dolore. Certo Gesù vuol dire che dobbiamo essere disposti a sopportare con pazienza tutte le difficoltà della vita sia quelle che sono permesse direttamente da Dio - che non sempre riusciamo a distinguere -, sia quelle che ci vengono dalla convivenza con gli altri, sia quelle che ci provochiamo con la nostra cattiveria o imprudenza.
2. Gesù racconta due parabole simili per incoraggiare i suoi discepoli a seguirlo e li fa riflettere sulle conseguenze delle scelte che si fanno. (a) Un re, partendo in guerra contro un altro re…, siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila (3) o un uomo, volendo costruire una torre…, siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine (28); così ognuno, che vuole seguire Gesù, deve essere cosciente delle sue debolezze e delle difficoltà del cammino, che vengono dal diavolo, del mondo e dalla carne; per essere salvato, deve decidere di usare i mezzi che Dio dà come aiuto, che sono la preghiera, specie meditazione ed esame di coscienza, i sacramenti, specie la confessione e la comunione, e la direzione spirituale, indispensabile per chi vuole fare un cammino serio e senza sciupare tempo ed energie: ognuno di noi ha un temperamento e carattere diverso, frutto delle esperienze, ed essa ne tiene conto. Chi non persevera nel cammino della croce, diventa lo zimbello del diavolo e dei suoi seguaci: tutti coloro che lo vedono incomincino a deriderlo (29; cfr.30.32); nell'eternità il dannato dirà: “In vita ho rifiutato di portare una piccola croce, che Dio mi offriva per breve tempo con l'aiuto per sostenerla e mi prometteva la felicità eterna, e ora devo portare una croce tanto più pesante e per l'eternità, senza l'aiuto della grazia di Dio e senza merito”. Si darà a pugni in testa per la sua stupidità e digrignerà i denti per disperazione. Vogliamo condividere la sua sorte? (b) La decisione è libera; in effetti chi vuole, diventa discepolo e chi non vuole, ci rinuncia; ma i risultati sono molto diversi: chi accetta di essere discepolo di Gesù viene salvato; chi rifiuta, sceglie la strada, che porta alla dannazione eterna.. Riflettiamo sull’abissale differenza fra la sorte eterna dell’uno e quella dell’altro.
III – Filemone 9b-10.12-17 - Paolo scrive una breve lettera a Filemone, da lui convertito alla fede a Colossi e suo collaboratore nella diffusione del Vangelo. Così si presenta: io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù (9) per la fede. Gli raccomanda Onesimo, che era ed è suo schiavo (16) secondo la legge romana, severa contro gli schiavi fuggitivi e ladri (cfr. Film 19). A Roma Paolo l’ha generato nelle catene (10) alla fede e al battesimo; l’Apostolo è nel bisogno ora: Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo (13); Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario (14). Però: Ti prego per Onesimo, figlio mio (10), che va ricevuto non più… come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te (16), e chissà! Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre (15) sia come uomo sia come fratello nel Signore (16). Ora Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore (12). Da Filemone si aspetta: Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso (17). In sostanza Paolo ricorda a Filemone i principi della dottrina sociale cristiana: anche se per legge statale Onesimo è suo schiavo e colpevole, in quanto cristiano gli è fratello in Cristo e come tale va trattato; in effetti siamo tutti fratelli e uguali in Cristo, nel suo Corpo, che è la Chiesa. Perciò non basta trattarci da amici (17), ma da uomini creati a immagine e somiglianza di Dio e come immagine e presenza di Cristo e suoi fratelli e sorelle (16; cfr. Mt 12,50; Mc 3,35). Chiediamo la grazia di regolare i rapporti con l’amore naturale e soprannaturale.
EUCARESTIA. La Parola di Dio ci propone il difficile insegnamento sulla necessità di portare la croce, ma nella comunione ci uniamo a Gesù crocifisso, che ci dà la forza di sopportarla con pazienza. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, ai nostri Angeli Custodi e ai Santi Patroni la grazia della fede e della carità, con cui essi hanno amato la loro croce. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Una folla numerosa andava con Gesù (25). Il Maestro e Taumaturgo affascinava la gente e l’attirava a sé numerosa; ma egli ci tiene a illuminare discepoli sulle esigenze della sequela. E così fa alcune precisazioni, che servono ad aiutarli a fare una scelta decisa e cosciente: ricorda che a Lui va data la precedenza su tutto e che occorre seguirlo sulla via della croce. Cose non facili…
2. Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami… (26). L’amore a Gesù deve avere la precedenza assoluta nella vita, perché è il nostro Dio e Salvatore. Dobbiamo amarlo più di tutte le creature, materiali e spirituali. Non è facile per tutti: il giovane ricco Gli preferì i beni terreni; Giuda il danaro; i capi ebrei la loro autorità; Pilato la benevolenza di Cesare… E noi?
3. Colui che non porta la propria croce… (27). È uno degli insegnamenti più ripetuti di Gesù nei tre anni di vita pubblica. La croce è indispensabile nella vita e la pazienza è una virtù universale in questa materia. Tre tipi di ”croce”: accettare i sacrifici connessi con l’osservanza dei comandamenti, sopportare con rassegnazione le sofferenze quotidiane, imporsi fioretti.
4. Quale uomo può conoscere il volere di Dio? (13). Conosciamo la volontà di Dio dalla sua Parola, interpretata dai Padri e dal Magistero della Chiesa. La troviamo espressa nei 10 comandamenti e nei due precetti dell’amore a Dio e al prossimo. A questi vanno aggiunti i doveri del nostro stato e le ispirazioni di Dio; nei dubbi è bene rivolgersi a qualche sacerdote.
5. Tu lo riavessi per sempre, non come …schiavo,… come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore (15.16). Paolo accumula qui il motivo di fondo, per cui dobbiamo amare il prossimo: è nostro fratello come uomo e ancora più come cristiano. Il motivo soprannaturale è certamente più meritorio. (mons. Francesco Spaduzzi)