L'Europa ad un bivio...
L’inizio del semestre europeo di Presidenza italiana dell’U.E. coincide con il momento storico meno felice per l’intero continente, visto che le difficoltà economiche hanno, notevolmente, indebolito la fiducia dei cittadini nelle istituzioni comunitarie, considerate – a torto o a ragione – responsabili della crisi attuale, a causa delle politiche rigoristiche, finora messe in essere, e dell’introduzione dell’euro, che ha evidentemente ridotto, in modo drastico, il potere d’acquisto delle popolazioni del vecchio continente, abituate a vivere con le divise nazionali, le quali, se per un verso erano un fattore scatenante di inflazione, per altro garantivano condizioni, più o meno eque, di sopravvivenza a tutti i ceti sociali.
Riformare gli indirizzi odierni dell’Unione Europea è impresa non facile, anche per un leader, come Renzi, che si presenta con il consenso amplissimo ricevuto alle scorse elezioni di maggio; infatti, è inutile negare che la Germania ed i Paesi del Nord abbiano un predominio così pronunciato, da essere stati capaci di imporre il nominativo del prossimo Presidente della Commissione, il popolare Juncker, che – come è noto – è uno dei principali assertori del massimo rigore finanziario per gli Stati nazionali.
Inutilmente, in questi giorni, sia i Paesi mediterranei, come Francia ed Italia, sia il Regno Unito hanno ricercato una soluzione diversa, che potesse aprire uno spiraglio nel fronte tedesco-olandese: la sconfitta dei Socialisti e la vittoria dei Popolari-Conservatori ha, inevitabilmente, reso possibile l’unica soluzione non gradita allo stesso Renzi, costretto a contrattare con la Merkel da una posizione di debolezza, visti i numeri nel Parlamento, appena eletto.
Come invertire, allora, una tendenza che va consolidandosi?
Come convincere i Tedeschi che, se non viene data l’opportunità agli Stati di indebitarsi e di creare le condizioni per lo sviluppo, esiste il forte rischio che la recessione diventi ancora più grave e, soprattutto, metta in serio pericolo la sopravvivenza di interi ceti sociali, che si vedono esclusi da servizi essenziali e che, privi dell’assistenza statuale, sono già prossimi all’emarginazione?
Certo, la Merkel ha ragione, quando parla di sprechi, che si sarebbero consumati negli anni precedenti e che avrebbero causato il debito di molti Paesi del Sud d’Europa, ma gli errori e le colpe del passato non possono, invero, vincolare il futuro, eliminando ab origine chance di sviluppo che sono potenzialmente, ancora, presenti.
Infatti, la concorrenza dei Paesi extra-U.E. è sempre più forte e, di questo passo, il vecchio continente rischia, nonostante le sue eccellenze, di diventare sempre più marginale negli equilibri mondiali: infatti, se le capitali d’Europa hanno ceduto buona parte della loro sovranità agli organismi comunitari, è altrettanto vero che i meccanismi decisionali, all’interno dell’Unione, sono così obsoleti, da favorire le potenze emergenti - come Cina, Brasile e India - che hanno, invece, sistemi istituzionali e politici ben più efficienti ed, in particolare, sono effettivamente responsabili uniche dei loro destini, dal momento che non hanno ceduto ad altri prerogative che rimangono, tuttora, in capo ai rispettivi Stati nazionali.
Forse, c’è da ripensare l’assetto complessivo dell’Europa?
Forse, c’è da modificare la geografia dei poteri nel vecchio continente?
Certo è che, nei prossimi anni, la protesta crescerà sempre più, nella misura in cui i cittadini non si sentiranno più rappresentati dalle istituzioni comunitarie ed un simile fattore potrebbe rappresentare, pericolosamente, il presupposto per una svolta autoritaria, che non auspichiamo.
È, però, importante che l’U.E. dia immediata risposta al disagio, che si esprime in mille modi e non solo attraverso l’esito delle elezioni democratiche, come nel caso del voto della scorsa primavera.
Renzi, nel suo discorso di insediamento, pronunciato ieri al Parlamento europeo, ha citato Telemaco, per sottolineare l’esigenza di un rinnovamento generazionale, che deve realizzarsi - a suo dire - ai livelli di vertice delle istituzioni comunitarie.
Orbene, visto che alle latitudini settentrionali del nostro continente sembra, a volte, essere deficitaria la capacità di calcolo e di giudizio, non sarebbe stato più opportuno far riferimento alla figura, ben più importante, di Ulisse?
Rosario Pesce