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DON BOSCO E IL SUO ORATORIO

Prevenzione d’amore, Educare affinché il meglio di ciascuno possa venir fuori

San Giovanni Bosco raccontava: « A 9 anni ho fatto un sogno. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro, cercai di farli tacere usando pugni e parole. In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: “Dovrai farteli amici non con le percosse ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso”. Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di religione a quei monelli. E una Donna altrettanto maestosa aggiunse: "Renditi umile, forte e robusto. A suo tempo tutto comprenderai"».

 

Gli anni che seguirono furono orientati da quel sogno. A far del bene ai ragazzi, Giovanni ci prova subito. Quando le trombe dei saltimbanchi annunciano una festa patronale sulle colline intorno, Giovanni ci va, e si mette in prima fila, imparando i segreti e i  trucchi dei giochi.  E una sera, di domenica, dà uno spettacolo ai ragazzi delle case vicine coinvolgendo molti ragazzi della scuola. Con loro, poi,  fonda il suo primo gruppo, la "Società dell'allegria".

A vent'anni, entra in Seminario, e dopo sei anni diventa prete. Ora "Don Bosco" può finalmente, meglio, dedicarsi ai ragazzi abbandonati che ha visto in sogno. Va a cercarli per le strade di Torino, per farsi un'idea delle condizioni morali , sociali ed economiche. Ne rimane sconvolto. I sobborghi erano cinture di desolazione, c’erano adolescenti che vagabondavano per le strade, disoccupati, intristiti, pronti al peggio.

I problemi dei giovani erano evidenti, ma i parroci li aspettavano nelle sacrestie e nelle chiese per i catechismi comandati. Non si accorgevano che, sotto l'ondata della crisi economica, sociale e morale, quegli schemi di comportamento erano saltati. Occorreva tentare vie diverse, inventare schemi nuovi, provare un apostolato volante. Nessuno ci provava.

Don Bosco, ci provò e avvicinò molti ragazzi. Nasce così il suo oratorio. Non è una faccenda di beneficenza, e la sua  azione non si esaurisce alla domenica. Cercare un lavoro per chi non ne ha, ottenere condizioni migliori per chi è già occupato, fare formazione culturale e religiosa , diventa l'occupazione fissa di Don Bosco.

Nel suo oratorio ospita giovani che non sanno dove andare. Nel giro di pochi anni il suo oratorio  ospita più di ottocento giovani.

Pane, catechismo, istruzione professionale, mestiere protetto da un buon contratto di lavoro diventano quindi le "cose" che don Bosco dà con urgenza ai giovani.

 

“Se incontri uno che muore di fame, invece di dargli un pesce insegnagli a pescare” è stato detto giustamente. Ma è anche vero il rovescio della frase “Se incontri uno che muore di fame, dagli un pesce, perché abbia il tempo di imparare a pescare".

 

A distanza di cento anni, don Bosco insegna, anche a tutti noi, ad andare per le strade, dove ci sono tanti fratelli, anche se nascosti: poveri di affetto, di senso della vita, che hanno bisogno di conoscere Dio e di noi per vivere.

La vita, questo grande dono che Dio ci ha dato, bisogna spenderla, e spenderla bene. Non chiudendosi nell'egoismo, ma aprendosi all'amore, all'impegno per chi è più “povero” di noi.

 

Gruppo Giovani Venerdì Santo Sant’Andrea Apostolo

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