Tempo Ordinario: Domenica 24 dell'Anno A
Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera e meditazione personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
mons. Francesco Spaduzzi
Tempo Ordinario: Domenica 24 dell'Anno A
1 - Matteo 18,21-35 - 1. Gesù parla di perdono al fratello che ci offende e Pietro Gli pone la domanda quante volte è obbligato a perdonare (21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?): in effetti si discuteva nelle scuole ebraiche quante volte si doveva perdonare e si era arrivati alla conclusione che tre volte era il numero giusto. Pietro, intuendo il pensiero di Gesù, che si mostra sempre particolarmente generoso quando si tratta di amare il prossimo, propone il numero sette, raddoppiando con generosità (21 Fino a sette volte?). Ma la risposta di Gesù va oltre ogni aspettativa: E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette (22); Egli indica un numero, che riprende quello di Pietro e lo moltiplica per se stesso e ancora per 10, cioè 490: è come se Gesù dicesse che bisogna perdonare sempre. Altrove Gesù dice che dobbiamo perdonare chi ci offende e chiede perdono: Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli (Lc 17,3), anche se capitasse 7 volte al giorno: E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai (Lc 17,4). Nel Padrenostro Gesù ci insegna a pregare: rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12); chiediamo perdono nella misura in cui perdoniamo. È come se pregassimo: “Padre, 1. se non perdono niente a nessuno, non perdonami niente; 2. se perdono poco, perdonami poco; 3. se perdono molto, perdonami molto; 4. se perdono tutto, perdonami tutto”. Perdonare significa non serbare rancore e amare sempre, anche i nemici, e quelli che ci fanno del male; perdonare non significa non difendersi: può diventar necessario anche mettere distanze psicologiche e fisiche da chi ci fa del male, e addirittura anche ricorrere alla legge dello Stato per tutelare i nostri diritti, ma sempre con amore e senza rancore. Attenti anche a evitare di parlare male di chi ci ha danneggiato: se inventiamo cose negative sugli altri, commettiamo peccato di calunnia; se diciamo cose vere, è peccato di detrazione; possiamo dire verità negative sugli altri solo se c’è un motivo serio, per esempio per evitare che una persona malvagia faccia danno a chi non la conosce. Quanta serenità gode la persona che perdona tutto al prossimo e sa di avere il perdono totale da Dio! Il modello da seguire è Dio, che sempre ci perdona quando gli chiediamo perdono, purché riconosciamo che abbiamo peccato, ci pentiamo e facciamo il proposito di non peccare più e di riparare – se possibile - il male fatto.
2. (a) Gesù per far capire che è necessario perdonare ai fratelli in considerazione del perdono che Dio dà a noi, racconta questa parabola, nella quale si dice che avviene nel Regno di Dio qualcosa di simile a ciò che succede in questo mondo a un re, che vuole sistemare i conti con i suoi servi (23 Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi). Gli si presenta uno che ha contratto con lui un debito enorme di 10 mila talenti (24 Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti). Questa somma corrispondeva alla paga di un operaio per 200 mila anni! Impossibile pagarlo! Il padrone, che è anche il re, ordina quello che si faceva a quei tempi in questi casi: il carcere e la confisca di tutti i beni e la vendita del debitore con la sua famiglia (25 Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito). Grandissima la disperazione dell’uomo al pensiero di perdere tutti i beni e di finire in schiavitù con la sua famiglia. Prega e promette una cosa praticamente impossibile, cioè che restituirà il debito (26 Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”). Il re fa finta di credergli e accetta la promessa; in realtà poi gli condona tutto il debito (27 Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito). C’è solo da ammirare la bontà del re-padrone nel condonare il debito grandissimo e guardiamoci dall'incoscienza del debitore, che è arrivato ad accumulare un debito così alto. Grandissima ora la felicità del debitore condonato. Pensiamo alla infinita bontà di Dio, che ci perdona peccati gravissimi e recriminiamo la nostra cattiveria e ignoranza e stupidità nel peccare. b) Il debitore condonato incontra un servo come lui che gli deve una somma, che corrisponde al salario di un operaio per 3 mesi. Lo afferra per il collo e gli ingiunge la restituzione (28 Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”). Il poveretto lo prega con le stesse parole e atteggiamento, con cui il suo creditore aveva pregato il re (29 Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”; cfr 26); ma il collega non ne vuole sapere e lo fa gettare in prigione (30 Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito). È impressionante la crudeltà, l’insensibilità, la cattiveria di quest’uomo, la sua corta memoria del beneficio ricevuto pochi minuti prima: per una somma così piccola (3 mesi di salario), costui fa gettare in carcere un suo compagno! Lui che ha ricevuto il condono di 200 mila anni di salario!
3. Il padrone viene avvertito di quanto è avvenuto (31 Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto); convoca il debitore e gli rinfaccia il debito condonato (32 Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato) e la crudeltà del suo comportamento con il collega, che gli doveva così poco (33 Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”). Il re sdegnato lo getta in carcere, ritira il condono ed esige la restituzione del debito (34 Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto). Ci interessa molto l'applicazione che ne fa Gesù: Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello (35). Certo non vuol dire che Dio prima perdona i peccati e poi ritira il perdono. Ma ci avverte che è enorme il debito che noi abbiamo contratto con Lui a causa dei nostri peccati e piccolo è il debito che gli altri hanno con noi per le offese che ci fanno. Poiché Dio perdona a noi offese enormi, tanto più noi dobbiamo perdonare le piccole offese, che riceviamo dagli altri. Se noi non siamo generosi nel perdonare, Dio farà altrettanto con noi. Esaminiamoci e correggiamoci.
II - Siracide 27,30-28,7 - A tutti capita di ricevere un offesa (2) dal prossimo. In modo spontaneo esplodono nell’uomo l’ira (30) e la collera (3), che vengono protratte nel tempo (3 Un uomo che resta in collera verso un altro uomo), e il rancore (30), che anche si fa durare (5 conserva rancore); questi sentimenti sono disgustosi agli occhi di Dio (30 Rancore e ira sono cose orribili) e rodono il cuore di queste persone, che sono peccatori (30 e il peccatore le porta dentro); il peccatore rifiuta di perdonare e dimostrare misericordia (4 Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile) e arriva fino a vendicarsi (1 Chi si vendica) dell'offesa ricevuta. Dio invece vuole che perdoniamo perché abbiamo a che fare col prossimo (2 Perdona l’offesa al tuo prossimo), uomo come noi (3 verso un altro uomo), e nostro simile (4 per l’uomo suo simile); oltre tutto pure noi siamo peccatori (30) e deboli creature umane (5 Se lui, che è soltanto carne). Se non perdoniamo, è inutile la nostra preghiera per ottenere la guarigione (3 come può chiedere la guarigione al Signore?) e chiedere il perdono dei nostri peccati (4 come può supplicare per i propri peccati?), perché non ci sarà chi possa espiarli (5 chi espierà per i suoi peccati?): così andremo incontro alla vendetta e alla punizione di Dio, che non dimenticherà mai i nostri peccati (1 subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati). Questi pensieri devono aiutarci a non conservare odio e rancore, a non vendicarci delle offese ricevute e a perdonare. Ma Dio aggiunge altri consigli per aiutare a dimenticare le offese (7 e dimentica gli errori altrui) e a eliminare l'odio dal nostro cuore (6 e smetti di odiare; 7 e non odiare il prossimo): ricordiamoci che dobbiamo morire (6 Ricordati della fine,… della dissoluzione e della morte) e che i precetti di Dio sono elementi integranti dell'Alleanza di Dio con il suo popolo (7 Ricorda i precetti,… l’alleanza dell’Altissimo); se faremo questo otterremo il perdono dei peccati passati per le nostre preghiere (2 e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati) e Dio ci concederà di essere fedeli ai suoi comandamenti (6 e resta fedele ai comandamenti), che ordinano l'amore a Dio e al prossimo e il perdono reciproco e generoso come Lui ci dà con misericordia il perdono. Noi sappiamo che Dio ci dà la fedeltà per i meriti di Gesù Cristo, che ci ha offerto l'esempio in tutto.
III - Romani 14,7-9 - Dio ci ha creati, ci conserva e concorre alle nostre azioni, sul piano naturale: dipendiamo totalmente da Dio, siamo totalmente di Dio; ancora più sul piano soprannaturale la vita divina ci viene dalle Padre per mezzo del Cristo nello Spirito Santo: la Trinità ci concede di perseverare nella grazia e ci dona le grazie attuali; perciò anche per questo dobbiamo concludere e riconoscere sempre che siamo incessantemente del Signore qualsiasi cosa facciamo, sia in vita che in morte (8 perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore). Veniamo dal Signore, siamo del Signore, andiamo al Signore: nostro fine non siamo noi ma è il Signore (7 Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso). Ciò significa che dobbiamo vivere per la gloria di Dio e la nostra salvezza, cioè per conoscere, amare e servire Dio e farlo conoscere, amare e servire dagli altri e così consentire a Dio di salvare noi e i nostri fratelli. Il nostro modello e sorgente di vita divina è Gesù, il quale è venuto in mezzo a noi ed è morto e risorto per strapparci al peccato e al diavolo e farci resuscitare a vita nuova (9 Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi), per farci diventare suoi (di Cristo cfr. Rm 8,9; 1Cor 3,23) e, per mezzo di lui, della Trinità (8 Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore); così vivremo la nostra vita tutta per Dio. Rinnoviamo la nostra fede e rafforziamo le nostre convinzioni circa questa verità, che è il principio e fondamento della nostra esistenza naturale e soprannaturale; fissiamo il nostro sguardo su Gesù e Maria e Giuseppe e conformiamoci a loro per poter vivere e morire interamente di Dio, per andare poi a stare con la Trinità per tutta l’eternità. Supplichiamo per avere questa grazia.
EUCARESTIA. Prima della Messa chiediamo perdono dei peccati e in seguito ci scambiamo il segno di pace per indicare anche il perdono reciproco che ci diamo; inoltre offriamo Gesù presente col suo sacrificio, che è anche espiatorio dei nostri peccati. Nella comunione eucaristica ci uniamo intimamente a Gesù, che ci comunica la sua capacità di amare il prossimo, anche i nemici. Preghiamo la Vergine SS. e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, che ci ottengano la grazia di vivere la Messa anche come mezzo per superare tutte le divisioni, che i nostri peccati creano fra di noi e con gli altri.