Guittone D’Arezzo e la sua Firenze
Ci troviamo in un periodo storico nel quale Firenze, la grande Firenze, quella Città toascana che sembrava gareggiare con Roma, estendendo il dominio dal Leone per il trionfo della giustizia e della pace, precipitava sotto i colpi di un’aspra lotta interna, scoppiata tra fazioni di alcuni potenti casati della stessa Firenze, quali i conti Guidi e gli Uberti che si erano volti per aiuto alla Casa Sveva e fecero cadere, così, con la rotta di Montaperti, la roccaforte del guelfismo toscano.
Mentre Siena ebbe il suo quarto d’ora, quella Siena che era stata tanto umiliata dalla potente Firenze, invece per Arezzo era il tempo del pianto ed il suo figlio prediletto, “Guittone D’Arezzo, con il pianto al cuore, dovette partire per l’esilio e da questo cuore, ormai, amaramente malato lasciò sgorgare una canzone che possiamo definire, forse, se non certamente, il primo grande canto d’amore, ispirato dal dolore per una Patria, un tempo, forte e rispettata e, poi, precipitata sotto il fuoco dei Tedeschi. Certo, vedere una fiorente città, qual era Firenze primeggiare e, successivamente, constarneiorentini, le sue terre, nulla, più, rimane di esse, vedi Montalcino, le Maremme, Montepulciano, Poggibonsi, e dove sarebbero finite le armi e le campane del carrocci.
I fiorentini dovettero piangere i propri torti, perché essi stessi vollero mutare la libertà delle loro terre con la soggezione servile alle milizie tedesche.
E proprio di questo lamentava e fece sentire la propria voce il povero Guittone, che, rivolgendosi ai Fiorentini non poté che rimproverali per la loro follia.
I Tedeschi sono i vostri peggiori nemici diceva, serviteli e pagatele bene ma, oltre ad essi, sappiate che voi offrite l’oro anche ai Guidi ed agli Uberti ed a tutti coloro che vi hanno spogliati e dati in potere di Siena. E
La rabbia … la volontà di riscatto, il sentimento patriottico che animava Guittone d’Arezzo in quel momento in cui Firenze viveva il suo più drammatico periodo storico esplose nella canzone dedicata ai Fiorentini come passione vera.
Un canto pieno di amarezza e di doloreper una Patria ricca e potente, precipitata, poi, in una condizione di schiavitù, grazie ad alcuni suoi concittadini, folli ed autodistruttori dei propri diritti e della propria libertà, che usarono le armi contro di lei. Egli, che amava tanto la città dei fiori scrisse questo canto, sostenendo il suo stile e ricorrendo, spesso, al sarcasmo e alla interrogazione
Il suo canto era quello di un innamorato per la sua amata. Egli fra le rime volle rievocare il passato della sua Firenze, nel quale la sua splendida Florenza viene paragonata per prestigio e stile a Roma imperiale.
E come s’infervorava, quando sosteneva che questa sua diletta cittàerta progredita a quel punto, perché amava la giustizia e la pace, per cui non esisteva alcun angolo del mondo in cui non risuonasse la fama del Marzocco, cioè di questa tanto martoriata patria.
Certo è che l’amore per il capoluogo toscano venne fuori da un tenero cuore che nulla aveva da fare con le sue idee politiche, perché egli non ha voluto, mai, accedere alla vita attiva e, mai, ha inteso ricoprire cariche pubbliche o altro. E questo, pur avendo aderito ai guelfi e per far piacere al proprio genitore, che Guelfo era stato.
Il nostro poeta, però, si trovò coinvolto il 4 settembre 1260, quando nella battaglia di Montaperti i ghibellini riportarono il loro più grande ed importante successo militare ottenuto e buona parte della Toscana passò sotto il controllo del vincitore.
E, così, anche Arezzo, alleata di Firenze, città natia del poeta Guittone, iniziò la sua decadenza. Ed è proprio dopo la battaglia di Montaperti che, spinto da un impulso di cattiveria verso la popolazione fiorentina, scrisse sulle calde macerie della Toscana quella bella canzone, che stiamo elogiando con la presente.
E’ una canzone politica, ma che fissa regole morali, non ha esitato a scriverla con la penna di un figlio, mettendoci tutto l’affetto ed il dolore di un amato tradito dalla sua gente, che ancora , Egli voleva riscattarne l’onore e si decise, per avere più libertà di movimento, di lasciare la famiglia per aderire all’ordine dei cavalieri di S. Maria Gloriosa, fondato nel 1621 a Bologna o detti anche dei frati godenti, le cui finalità erano la salvaguardia della pace, l’accordo della fazioni opposte, difesa delle donne, dei ragazzi ed, infine, ai poveri.
Tutto questo rappresentava le finalità dell’organizzazione religiosa e laica, che, nel nome della S. Vergine Maria, perseguiva le finalità indicate nel programma.
La sua azione e le sue iniziative ebbero un vastissimo seguito, tanto da poter dichiarare, senza alcun timore di sbagliare, che il Guittone d’Arezzo esercitò per, oltre venticinque anni, una forma di dittatura intellettuale e artistica nell’intera Toscana. Certamente, ritornerà su questo nostro eccellente poeta, vissuto tanti secoli addietro, ma, mai, dimenticato per illustrare, più ampiamente, la sua vita e le opere realizzate, le sue battaglie sociali e morali.
In questo scritto ho voluto semplicemente esaltare la sua figura di difensore della sua Toscana dall’invasore tedesco, il suo essere morale e sociale ed essere stato il primo a scrivere una canzone che si può definire politica/ religiosa.
“Ahi lasso! Or è stagion de doler tanto”, così iniziò a scrivere la poesia/canzone Guicciardone d’Arezzo nel veder distrutta la potenza, la ricchezza, la forza della Sua amata Patria per colpa dell’invasore, mentre il cuore sgorgava lacrime di sangue
Scrittore_Poeta Antonio Alfano