Cristo “è più forte della camorra” Don Aniello Manganiello, da Scampia all’IC di Serino
Martedì, 31 Ottobre, all’I.C. di Serino, nell’ambito del progetto “Educazione alla legalità, alla sicurezza e alla giustizia sociale” si è parlato di lotta e di cultura anticamorra con don Aniello Manganiello. Sono intervenuti all’incontro il Primo Cittadino di Serino, avv. Vito Pelosi e il D.S. dell’I.C. di Serino, dott.ssa Lucia Forino. La manifestazione si inserisce all’interno della rassegna sulla legalità, strutturata in quattro incontri, ultimo dei quali, a chiusura dei lavori, ha visto la partecipazione, appunto, di don Aniello, che ha parlato per circa due ore ai ragazzi di terza media, del suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata: prete anticamorra che negli anni Novanta – dal 1994 al 2010 alla parrocchia di Santa Maria della Provvidenza – ha svolto il suo ufficio sacerdotale a Scampia (NA), tristemente passata alle cronache per essere diventata il set di Gomorra, per essere stata mercificata come mero prodotto da fiction con la presunzione di incarnare l’unica possibile realtà, mortificando e umiliando la sensibilità e le coscienze di gran parte di quella cittadinanza onesta e attiva nella difesa del territorio. A farsene “voce” è stato proprio don Aniello che non ha esitato “a sporcarsi le mani”, a stare fra la sua gente, a manifestare e opporsi a qualsiasi deriva e cultura camorristica. Come ha dichiarato egli stesso agli studenti: “non mi sarei mai permesso di chiedere a un mio parrocchiano di affrontare faccia a faccia o di denunciare un camorrista, questo l’ho fatto io, dando voce a tutto il loro malessere. Gli ho solo chiesto di evitare qualsiasi prodotto che puzzasse di camorra e di illegalità.” A tal fine, ha cercato di istruire la scolaresca del “Solimene”, a riconoscere, attraverso racconti ed aneddoti, apologhi e costanti richiami al Vangelo, tutto ciò che appartiene ed è frutto di criminalità organizzata: conoscere è l’unico modo per difendersi e affamare la camorra, facendole intorno ‘terra bruciata’. Attraverso le parole di don Aniello si è avuto la sensazione, la certezza che, come egli stesso scrive nel suo libro, “Gesù è più forte della camorra”. Doverosi, pertanto, i continui richiami a quei sacerdoti che l’hanno preceduto nella lotta alle iniquità, mettendo in evidenza che fra le pagine del Vangelo c’è quella forza necessaria per scardinare e distruggere i poteri criminali e le ingiustizie sociali. Motivo per cui Don Aniello ha parlato ai ragazzi dell’Amore – unica forza per distruggere il male – profuso nell’esercizio del loro sacerdozio contro ogni forma di ingiustizia: da don Milani a don Puglisi, fino a don Peppino Diana. Attraverso non solo le omelie, ma soprattutto con l’esempio e la pratica costante, hanno messo in atto il messaggio messianico: questi hanno mostrato che Cristo è più forte e più potente della criminalità in ogni sua forma, anche quando queste sono foraggiate da cattive amministrazioni: “le istituzioni – ha detto don Aniello – che non fanno il proprio dovere sono illegali e criminali”. In fondo, come sosteneva Nando dalla Chiesa, ne “Il Manifesto dell’Antimafia” sono «Le TRE C, categorie antropologiche che permettono la vittoria dei clan: complici, codardi e cretini». E sovente, ognuno di noi, nelle nostre private quotidianità, involontariamente apparteniamo, di volta in volta, ad una di quelle TRE C: “a volte basta semplicemente sapere dove prendersi un caffè”, per non essere cretini, complici involontari, della criminalità organizzata. Ha spiegato don Aniello che “l’80% delle slot machine sono gestite dalla criminalità, quindi state attenti a dove prendete il caffè [...] come una ‘canna’ va ad alimentare le casse della camorra.”
A conclusione dell’incontro, gli alunni hanno rivolto le loro curiosità al prete anticamorra. Alla domanda “se avesse mai avuto paura”, don Aniello ha confessato che spesso è stato vittima di quel sentimento, ma ciò non l’ha fermato: “come diceva il mio principale – ha dichiarato – Gesù Cristo, «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi», quindi inevitabile la paura, ma per l’amore che provo per la mia gente non potevo fermarmi davanti a quel sentimento”. E ha aggiunto: “come scritto nel Vangelo di Matteo, «Beati chi ha fame e sete di giustizia, perché questi saranno saziati», ed io ero affamato di giustizia”. Così, alla stregua di don Peppino Diana, don Aniello Manganiello ha deciso di non tacere e di denunciare “per amore della mia gente”.
L’incontro si è chiuso con l’intervento del D.S. che ha portato gli allievi intervenuti a riflettere sul concetto di libertà, necessaria per non cadere nei tentacoli della criminalità: “la libertà è conoscenza – ha dichiarato la dott.ssa Lucia Forino – è ciò che ci permette di scegliere e di entrare in relazione con gli altri senza prevaricazioni. Nei nostri piccoli gesti quotidiani facciamo sempre una scelta.” E da ciò ne consegue la parte che recitiamo: quelle delle TRE C – “dei complici, dei codardi e dei cretini” –, oppure scegliere di rappresentare le altre TRE C: del Cristo, quello “più forte della camorra”, della Conoscenza e della Cultura, una sorta di trinità capace di spezzare e di affamare ogni forma di criminalità organizzata. Don Aniello Manganiello ha salutato i ragazzi consegnando a tutti i presenti una frase del prete di Barbiana che ci riempie di responsabilità: “quando avete buttato un ragazzo nel mondo d’oggi senza istruzione – diremmo senza le altre TRE C: Cristo, Conoscenza e Cultura – avete buttato in cielo un passerotto senza ali”. Saranno le nostre responsabilità ad annientare la camorra.
Di Gerardo Magliacano