Tempo Ordinario: Domenica 15.ma dell'Anno C (2024-25)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica 15.ma dell'Anno C (2024-25)
Introduzione. Il Deuteronomio ci ricorda che la Parola di Dio è intima a noi e dentro di noi; Luca ci propone l’insegnamento di Gesù, che tutto riduce ad amare Dio e il prossimo; Colossesi ci richiama la centralità di Cristo nella prima creazione e nella nuova creazione.
I - Deuteronomio 30,10-14 – (a) Mosè raccomanda al popolo ebreo: Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi…, scritti in questo libro della legge, cioè fare la volontà di Dio, espressa nella Parola del Signore: in tal modo ti sarai convertito al Signore, tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima (10). C’è una conversione iniziale, che avviene quando l’uomo conosce Dio e la sua volontà, crede e accetta; la seconda conversione avviene gradualmente e si perfeziona con l’obbedienza a Dio; così accoglie sempre più il Signore nella propria vita, morendo alla carne, al mondo e al diavolo. (b) Il brano è tutto un invito alla totale fiducia in Dio per la sua vicinanza (cfr. 12.14) (e all’equilibrata fiducia in sé). Questo comando, che oggi ti ordino, non è troppo alto per te, né troppo lontano da te (11). Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?” (12) e non è necessario navigare al di là del mare (13). Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica (14): essa si trova già in noi: nella nostra memoria, perché l'abbiamo ascoltata e accolta, e nella nostra bocca, perché la ripetiamo per noi e per gli altri e ce la rendiamo familiare, per metterla in pratica. Lo facciamo nella Messa e ogni giorno per conto nostro con la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura: essa offre la grazia sia di illuminare l'intelligenza sia di muovere la volontà a praticarla.
II - Luca 10,20-35 – 1. (a) Un dottore della legge, un conoscitore della Scrittura, identificabile dal vestito e dalla presunzione, ha sentito parlare di Gesù, maestro e taumaturgo, si sente superiore come il moscerino con l’elefante, e si rivolge a Gesù, per metterlo alla prova: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (25). Siamo umili e coscienti dei nostri limiti di fronte a Gesù e alla sua Parola Divina. A Lui diciamo: credo e adoro; rinuncio al mio modo di pensare e accetto il tuo. (b) Come si faceva allora, Gesù gli chiede: Che cosa sta scritto nella Legge? (26) dell’AT, Parola di Dio e fonte sicura di luce. Lo scriba risponde: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente (27; cfr. Dt 6.4-5), l'inizio dello Shemà, una preghiera che i pii Ebrei ripetevano mattina e sera per ricordare come l'uomo deve relazionarsi con Dio: egli è creato da Dio e tutto riceve da Lui e deve metterLo al centro della sua vita. Il dottore aggiunge un altro precetto dell’AT: e amerai il tuo prossimo come te stesso (27; cfr. Lv 19,18), nel senso: “fa agli altri ciò che vuoi fatto a te e non fare agli altri ciò che non vuoi fatto a te”; Gesù approva pienamente: Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai (28) di vita eterna. Questo vale anche per noi; è Parola di Dio; sono i due precetti dell’amore a Dio per se stesso e al prossimo come immagine di Dio e presenza di Cristo e come Cristo ci ha amati. Preghiamo lo Spirito Santo perché versi nei nostri cuori l'amore a Dio e al prossimo e ci sostenga nel vivere questi due precetti.
2. (a) Il dottore fu contento della lode di Gesù (28) e, volendo giustificarsi, gli disse: “E chi è mio prossimo?” (29); forse perché gli Ebrei ritenevano prossimo solo parenti e connazionali, ma nell’AT non c’erano limiti. Gesù si spiega con una parabola, che ha agganci coi fatti di cronaca di allora e adesso. Un uomo, senza indicazione, scendeva da Gerusalemme a Gerico, e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto (30). Prima un sacerdote ebreo (31) e poi un levita, sacerdote minore (32), videro e passarono oltre (31-32), con strana insensibilità. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione (33). Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite…, poi lo caricò sulla sua cavalcatura, proseguendo a piedi; lo portò in un albergo e si prese cura di lui (34). L’indomani diede all'albergatore 2 denari - il salario di due giorni di lavoro - e gli promise di rimborsargli quello che avrebbe speso di più per curarlo (35). Gesù gli chiede: Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (36). Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così» (37). (b) Il comportamento dei due sacerdoti dell’AT è inumano; non bisogna seguire il loro cattivo esempio. (c) Il Samaritano, nonostante appartenga a un popolo disprezzato dagli Ebrei, mostra sensibilità e compassione e aiuta il malcapitato di persona e per mezzo di altri; è lui che va imitato. (d) Prossimo è ogni uomo nel bisogno e a lui dobbiamo dare compassione, vicinanza, e aiuto. (d) I Padri della Chiesa hanno visto nel buon Samaritano Gesù, che, per aiutare l'uomo rovinato, scende dal Cielo e come fratello, per compassione, ne cura le piaghe; prima di ripartire lo affida alla Chiesa e ai sacerdoti, che continuano la missione di Gesù. Chiediamo di condividere i sentimenti del Cuore di Cristo, per aiutare il prossimo con l'aiuto materiale, la parola e la preghiera.
III - Colossesi 1,15-20 - (a) Il Figlio è immagine del Dio invisibile (15) e inaccessibile (1Tm 6,16); procede dal Padre per generazione e riceve l’unica natura divina; è immagine del Padre anche nella sua umanità, perché ne rivela il volto (Gv 14,9; cfr. Mt 11,27; Lc 10,22). Egli è il primogenito di tutta la creazione (15), perché è prima di tutte le cose (17); come i primogeniti ebrei, per la priorità di tempo Egli ha il diritto di dominio su tutte le creature ed esercita un influsso vitale su di loro. Nei cieli e sulla terra, Tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili:/ Troni, Dominazioni, Principati e Potenze, sono state create/ per mezzo di lui e in vista di lui e in lui (16), e anche da Lui (cfr. 16); e tutte in lui sussistono (17); in sostanza egli è “il principio e la fine, la sorgente e il mare”, che raccoglie tutte le acque; in lui tutto trova coesione, funzionalità, senso, ragione di essere. Siamo creature e dobbiamo tutto al Verbo Incarnato. AdoriamoLo in quanto Dio è sorgente del nostro essere e agire; totale è la nostra dipendenza da Lui. (b) Paolo qui (18-20) parla certamente del Verbo Incarnato, che manifesta ancora di più il suo primato su tutte le cose (18), grazie alla sua morte redentrice. Diventa uomo e si unisce a ogni uomo; risuscita e la sua virtù santificatrice diventa efficace per tutto il creato. Egli esercita anche la funzione di capo del corpo, della Chiesa (18), manifestazione visibile di Gesù, e di principio (18), sorgente di vita per gli uomini, proprio perché primogenito di quelli che risorgono dai morti (18): causa la loro resurrezione spirituale adesso e quella fisica alla fine del mondo. Inoltre per mezzo di lui e in vista di lui/ sono state riconciliate dal Padre tutte le cose, con il sangue versato sulla sua croce: sia le cose che stanno sulla terra,/ sia quelle che stanno nei cieli, cioè il mondo inanimato e vegetale e animale, e anche gli angeli (20). In questo modo il Verbo Incarnato ha il primato totale: È piaciuto infatti a Dio Padre / che abiti in lui tutta la pienezza, la divinità e la grazia (19). Gesù è veramente il centro dell'universo: della creazione e della nuova creazione. AdoriamoLo: è creatore col Padre e lo Spirito e sorgente nella vita divina perché Verbo Incarnato; rinnoviamo il proposito di restare sempre sotto il suo influsso, evitando il peccato.
EUCARESTIA. La fede e la carità sono le virtù che regolano il nostro rapporto con Dio (e col prossimo) e vengono effuse nei nostri cuori dallo Spirito; riceviamo ogni domenica la comunione perché le accresca in noi così da accogliere Dio e il prossimo nel nostro cuore e donarci a loro. La Vergine e S. Giuseppe, gli Angeli e i Santi ce ne ottengano la grazia. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Amerai… il tuo prossimo come te stesso (27). In realtà, poiché l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26ss), occorre già nell’AT amare l'immagine di Dio in sé e negli altri, motivo ben superiore del semplice amare il prossimo come se stesso. Gesù va oltre: dobbiamo amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati e come sua presenza.
2. E chi è mio prossimo? (29). Pensare che il proprio prossimo fosse solo il familiare o il connazionale portava gli Ebrei a un atteggiamento di chiusura e di disprezzo verso i non ebrei, che si esprimeva anche all’esterno in modo più o meno plateale. Ciò li rendeva antipatici e odiosi. La letteratura del tempo è abbondante sull’argomento. La Parola di Dio però insegnava tutt’altro.
3. Invece un Samaritano… vide e ne ebbe compassione… (33). Scioccante è che un Samaritano, disprezzato dagli Ebrei, mostri buoni sentimenti, come è la compassione, e pratichi la carità in modo così squisito e disinteressato verso un uomo qualsiasi, anche ebreo. Ogni uomo, senza differenze di razza o nazionalità, con la grazia di Dio può fare il bene e praticare ogni virtù.
4. Questo comando… non è troppo alto per te, né troppo lontano da te (11). La Parola di Dio non è mai lontana da noi, perché ce la dice Lui, che o abita in noi, o sta presso di noi perché vuole entrare. In realtà Dio è presente in ogni uomo in modo naturale (per essenza, potenza, presenza) ed è presente per via soprannaturale nel cuore dei fedeli per la fede e la carità.
5. Egli è prima di tutte le cose…(17)…Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti… (18). Da tutta la lettura, ma anche dall’insieme dell’insegnamento di S. Paolo appare che Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, ha il primato su tutte le creature, inanimate, animate, uomini, angeli. Tutti si devono piegare davanti a Lui: è il Signore! (Fil. 2,11). (mons. Francesco Spaduzzi)