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Tempo Pasquale: Domenica V dell'Anno B

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni

mons. Francesco Spaduzzi

francescospaduzzi@gmail.com

Tempo Pasquale: Domenica V dell'Anno B

I - Giovanni 15,1-8. 1. Gesù usa l'allegoria della vite per descrivere il rapporto fra il Padre, se stesso e ogni discepolo. Egli ricorda ai discepoli – e parlava anche a ciascuno di noi – che i tralci, che sono nella vite senza portar frutto, vengono tagliati (cfr. 2) e gettati via dall’agricoltore, seccano e sono buttati nel fuoco, dove vengono bruciati (cfr. 6); invece i tralci, che portano frutto, sono potati per portare più frutto (2); ovviamente, per poter portare frutto, occorre che il tralcio resti inserito nella vite (4 Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite). Così avviene anche fra il Padre e Gesù e il discepolo. Il Padre è l'agricoltore (1 e il Padre mio è l’agricoltore), Gesù è la vite (1 Io sono la vite vera; 5 Io sono la vite); i discepoli sono i tralci  (5 voi i tralci). Gesù li invita a rimanere uniti a lui per la fede e per la carità (4 Rimanete in me e io in voi); perché senza l'unione con lui non hanno la vita divina e non possono produrre frutti di vita divina (5 Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto; così neanche voi se non rimanete in me); non basta la fede, cioè che uno creda in Gesù; è necessaria anche la carità, l’amore verso Dio e verso il prossimo, che si dimostra con l'osservanza dei comandamenti e che comporta lo stato di grazia. Il diavolo crede in Dio, ma sta nell'inferno, perché non ha la carità. Così chi crede, ma sta separato da Cristo, non produce opere buone (2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia) e viene gettato nel fuoco eterno col diavolo (6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano), come a Fatima la Madonna fece vedere ai tre ragazzi nell'apparizione del 13 luglio 1917. Chi invece produce frutti di opere buone, perché osserva i comandamenti, il Padre lo pota, cioè toglie la parte secca e inutile, e anche dannosa, e questa operazione fa produrre più frutto (2 e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto; cfr. 5). E’ indispensabile la nostra unione con Gesù per produrre buoni frutti adesso e per andare in paradiso a suo tempo, perché se non siamo uniti a Gesù, non possiamo far nulla sul piano soprannaturale: perché senza di me non potete far nulla (15). S. Giacomo insiste che la fede senza le opere è morta; così se noi non osserviamo i comandamenti, siamo morti spiritualmente. La preghiera e la meditazione, la confessione e la comunione frequente, ci servono, anzi sono necessari per ottenere la grazia di Dio. Paolo esprime la necessità dell'unione con Gesù con l'immagine del Corpo Mistico, di cui Cristo è il capo e noi siamo le membra, e usa l'espressione “in Gesù” o “in Cristo”  e “in Spirito Santo”. Come solo la linfa della vite assicura la vita e vitalità al tralcio, così solo la vita del Capo assicura la vita e la vitalità spirituale delle membra, unite al Corpo.

2. Giovanni riporta qui altre parole preziose di Gesù. (a) Anzitutto ha dato agli Apostoli la sua Parola ed essa li ha resi già puri (3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato). In effetti Gesù è luce e verità e illumina la nostra intelligenza con la sua Parola e così elimina l'ignoranza e l'errore in chi crede alla sua Parola (Gv 8,31). Impegniamoci a leggere e a meditare la Parola di Dio ogni giorno. (b) Gesù promette che sono esaudite le preghiere di coloro che rimangono uniti a lui per la fede e osservano le sue parole per la carità (7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto). Abbiamo bisogno di tante grazie: alcune Gesù ce le ottiene dal Padre o ce le fa senza che noi le chiediamo; ma altre le otteniamo solo ad alcune condizioni come lo stato di grazia santificante e l'impegno nell’osservare la sua Parola. (c) Gesù dichiara infine che daremo gloria al Padre, se saremo discepoli di Gesù e se daremo molto frutto (8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli), cioè se agiamo guidati dalla Parola di Gesù circa la fede e l'osservanza dei comandamenti, sotto guida dello Spirito Santo. Chiediamo queste tre grazie: essere docili alla Parola di Gesù, metterci in condizioni di essere esauditi nella preghiera, dare gloria al Padre.

II - Atti 9,26-31 - S. Paolo ebbe l'apparizione di Gesù mentre andava a Damasco ad arrestare i cristiani e qui fu convertito; in città avviò subito l’apostolato, ma poi si ritirò in disparte a riflettere, meditare e pregare per tre anni. Ritornò a Damasco, fece l'apostolato e convertì molti Giudei, perché conosceva bene la Sacra Scrittura; tentarono di ammazzarlo e fu costretto a calarsi di notte in un cesto dalle mura della città per scappare. Andò quindi a Gerusalemme (26 Venuto a Gerusalemme) per incontrare gli Apostoli; ma qui i fedeli lo tenevano a distanza perché non erano convinti della sua conversione (26 cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo). Barnaba, che forse lo conosceva, lo condusse dagli Apostoli, che furono informati della sua conversione e del suo apostolato a Damasco (27Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù); da quel momento potette liberamente e con coraggio predicare Gesù e il suo insegnamento (28 Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore), suscitando l'irritazione dei Giudei di lingua greca, che decisero di eliminarlo (29 Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo). Per salvarlo, i condiscepoli lo inviarono a Tarso, suo paese natale (30 Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso). Ammiriamo la fedeltà di Paolo convertito e il suo impegno per approfondire la fede e dedicarsi alla preghiera e meditazione; così potrà arrivare a un solido e intimo rapporto con Gesù e alimentare il coraggio nel testimoniare Gesù e la sua opera. Anche a noi è utile approfondire la conoscenza della persona di Gesù e della sua opera redentrice e il nostro rapporto personale con lui, con lo studio e la meditazione del Catechismo della Chiesa Cattolica; se ne avvantaggeranno la nostra vita cristiana e la nostra testimonianza. (c) Ormai la Chiesa, cioè la fede,  si era diffusa in Palestina (31 La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria); essa viveva nella fedeltà a Gesù e continuava a crescere, grazie all'attività dello Spirito Santo nel cuore dei credenti e dei nuovi convertiti, che spingeva all'apostolato (cfr. Mc 16,20), facendone dei missionari (31 si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero). La stessa cosa vuole fare lo Spirito in noi se approfondiamo la fede e ci impegniamo a osservare col suo aiuto i comandamenti.

III - 1Giovanni 3,18-24 – S. Giovanni presenta come un unico comandamento la fede in Gesù (23 Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo), Dio e uomo e Salvatore, e l’amore reciproco (23 e ci amiamo gli uni gli altri), secondo il comando che lui ci ha dato (23 secondo il precetto che ci ha dato; cfr.  Gv 15,12).  L’amore verso Dio e verso il prossimo si manifesta nell’osservanza dei comandamenti di Dio, giacché facciamo la volontà di Dio e agiamo in modo da essergli graditi (22 perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito; 24 Chi osserva i suoi comandamenti; cfr. 1Gv 1,3-5; Gv 15,10); tale amore si manifesta non a parole, ma con le azioni concrete (18 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità), in particolare soccorrendo secondo i nostri mezzi chi è nel bisogno. S. Giovanni ha già rassicurato i suoi lettori e ascoltatori che chi ha l'amore fraterno - e verso Dio -, ha anche in sé la vita eterna (1Gv 3,16) e l'amore di Dio (1Gv 3,17); ora aggiunge altre conseguenze consolanti per chi possiede la carità. (a) Il primo frutto consiste nella certezza di essere nella verità e tranquillizzeremo il nostro cuore (19 In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore), anche se la nostra coscienza ci rivolgesse qualche rimprovero (20 qualunque cosa esso ci rimproveri). Siamo nella verità nel senso che siamo generati da Dio che è somma verità (cfr. 1Gv 5,6) e siamo in comunione con Gesù, che è la verità (Gv 14,6). Egli ci scruta, ma noi siamo sereni perché, anche se la voce della nostra coscienza ci rimprovera, Dio è infinitamente più grande della nostra coscienza e conosce bene (20 Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa) che, pur con tutte le nostre debolezze, lo amiamo, come appare dalle nostre opere di carità fraterna. Rassereniamoci, se pratichiamo la carità verso i fratelli: è la prova autentica dell'amore al prossimo; lo ripetette anche Gesù a S. Faustina. (b) Secondo frutto: se abbiamo la grazia che la nostra coscienza non ci rimprovera nulla, perché osserviamo i comandamenti, consolidiamoci nella nostra fiducia in Dio (21 Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio) e siamo sicuri che saremo esauditi qualunque grazia chiediamo (22 e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui). Ciò avviene in base al principio che, se noi accontentiamo Dio, Dio accontenta i nostri giusti desideri, quelli conformi alla sua volontà. Ringraziamo Dio per questo duplice suo grandissimo dono. (c) Infine chi osserva i comandamenti ha il dono di essere casa di Dio e di avere Dio come casa (24 rimane in Dio e Dio in lui): Dio dimora in noi e noi in lui. Abbiamo la prova di questa mutua presenza di Dio in noi e noi in Dio dal fatto che ci ha dato lo Spirito Santo (24 In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato). Sicuramente questo è uno dei doni più belli che Dio ci poteva fare. Gli ebrei pensavano che Dio abitasse in cielo; poi lo gustarono nel suo Tempio; infine capirono che Dio sta in mezzo al suo popolo; ma non pensavano a Dio presente nel cuore dell’uomo. Ora Dio, Padre Figlio e Spirito, abita in noi e noi in Dio quando non abbiamo peccati gravi sulla coscienza. E se, per nostra debolezza, abbiamo commesso peccato grave, che ha come effetto anche la cacciata di Dio dal nostro cuore e la sua sostituzione col diavolo, ricorriamo subito all’atto di dolore o di amore perfetto e confessiamoci al più presto, in modo da riconciliarci con Dio e riaccoglierlo dentro di noi.

EUCARESTIA. In Essa ci uniamo a Gesù e per suo mezzo con il Padre e lo Spirito Santo e col prossimo. E’ il vertice della nostra unione con Dio e col prossimo in questo mondo. Preghiamo la Madre di Gesù e nostra e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i  Santi Patroni, di ottenerci la piena unione con Dio Uno e Trino e coi fratelli. 

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