Tempo Domenica 20B
Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per l’omelia. Sono graditi consigli e suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
Tempo Ordinario Domenica 20B
I - Giovanni 6,51-58 1. (a) Gesù ha presentato se stesso come pane - Parola di Dio, che deve essere mangiato nel senso di creduto, assimilato con la ruminazione dell'intelligenza, e trasformato in vita pratica, e come pane vivo – Persona (51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo), Dio e uomo, Maestro e Salvatore, nel quale dobbiamo credere e sperare, fidarci e confidare e affidarci: chi crede e spera in lui ha la vita eterna (51 Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno); egli però promette un pane, che darà da mangiare nel futuro e che è la sua stessa carne, che sul Calvario sarà data alla morte per la vita degli uomini di tutto il mondo (51 e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo). Esplode la reazione negativa dei Giudei, avversari di Gesù da sempre, che discutono fra di loro agitatissimi su come Gesù potrebbe dare la sua carne da mangiare (52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?»), cosa ben disgustosa al solo pensarci. Essi erano stati presenti al miracolo della moltiplicazione dei pani e avrebbero dovuto fare un ragionamento molto semplice: Gesù ha fatto il miracolo e quindi viene a nome di Dio e dobbiamo credere alla sua Parola; Egli ha detto che bisogna mangiare la sua carne per avere la salvezza, la vita eterna; la sua carne fisica, quella del suo corpo, certamente non potrebbe bastare che a darne un pezzetto per un numero estremamente limitato di persone, rispetto al grandissimo numero di individui, che ne devono mangiare per salvarsi attraverso i secoli; allora Gesù non sta invitando a mangiare la sua carne fisica nel modo comune di parlare, ma presenterà la sua carne in altro modo, che sarà inventato dalla sua potenza, sapienza e bontà infinita. Ma i Giudei erano prevenuti contro Gesù, perché sentivano la sua Persona e il suo insegnamento come un rimprovero per loro, e perciò rifiutavano tutto di lui, essendo mal disposti. Noi invece vogliamo credere in Gesù perché coi miracoli ha dimostrato di venire da Dio e di essere Dio; ora i suoi miracoli ci rassicurano perché Dio non si inganna e non può ingannare: anche se non capiamo, crediamo; in effetti credere non implica capire, ma affidarsi totalmente a Dio, accettando ogni sua Parola. (b) Gesù conferma quanto detto e aggiunge con giuramento che quanti si rifiutano di mangiare la sua carne e bere il suo sangue non avranno la vita eterna in loro (53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita) e ripete l'affermazione termini positivi (54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna) con l’aggiunta della promessa di un secondo effetto, molto desiderato dai Giudei: la resurrezione gloriosa dei corpi alla fine del mondo (54 e io lo risusciterò nell’ultimo giorno). Gesù ha aggiunto che bisogna bere anche il suo sangue e precisa che la sua carne è vero cibo e il suo sangue vera bevanda (55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda). Gesù troverà la maniera per rendere la sua carne commestibile e il suo sangue potabile secondo la legge di Dio, che proibiva di mangiare carne umana e bere sangue, e secondo le leggi della psicologia. Gesù è Dio e quindi sapienza infinita; occorre credere a lui e fidarsi, confidare, affidarsi.
2. (a) Gesù promette anche che chi mangia e beve la sua carne e sangue realizzerà una mutua immanenza con lui, un’l'intima comunione e unione con lui (56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui), come Egli l’ha col Padre. (b) Inoltre fa una quarta promessa: colui che mangia vivrà della vita di Gesù, quella che egli ha ricevuta dal Padre e della quale egli stesso vive (57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me); si tratta della vita divina, eterna, di cui vive la stessa Trinità SS.! (c) Infine Gesù, per far capire la grandezza del dono che darà, fa notare la differenza tra la manna, che fu data per soli 40 anni e servì per sostenere la vita del corpo, e il cibo che egli dà: egli dona la sua carne e sangue fino alla fine del mondo ed essi servono per la vita eterna (59 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno). Crediamo, adoriamo, ringraziamo Dio. Ci troviamo di fronte a un Mistero incomprensibile e all’altissima altissima dignità dell’uomo, ammesso all’intima comunione con Dio. Impegniamoci a fare la comunione eucaristica ogni domenica e anche più spesso, se possibile.
II - Proverbi 9,1-6 1. La Sapienza è presentata come una splendida matrona. La sapienza umana è la somma di prudenza e intelligenza: conosce le cose e ciò che vuole realizzare e sceglie i mezzi proporzionati per raggiungere il fine, anche nelle situazioni più complicate. La Sapienza biblica è la riflessione dell’uomo sulla Parola e Legge di Dio e consiste nel vedere le creature e gli avvenimenti, come li vede Dio; essa si è costruita una casa lussuosa (1 La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne) e ha preparato uno splendido banchetto; in esso si prevede la carne, che gli ebrei mangiavano nelle occasioni importanti, e il vino, che in Oriente si temperava con acqua, perché il vino antico era molto più forte di quello attuale; ha inoltre preparato la tavola (2 Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola). Per avere più persone al banchetto, la Sapienza manda le sue serve ai punti più alti della città, per avvisare (3 Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città) che tutto è pronto: l'invito è rivolto a tutti ma in particolare agli ignoranti e inesperti, che sono i bambini, che per l'età non hanno avuto tempo di imparare, e i cattivi e gli stolti, che non hanno voluto istruirsi finora e hanno preso vie sbagliate (4 ella dice: «Chi è inesperto venga qui!»… A chi è privo di senno); tutte le persone sono invitate a venire al banchetto e a mangiare pane e vino, che la Sapienza ha preparato per loro (4; 5 Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato). Non si tratta ovviamente del banchetto di cibi materiali, ma di abbandonare l’ignoranza incolpevole dei bambini e quella colpevole degli adulti e camminare per vie sicure, che conducono alla vita vera è buona, grazie alle giuste conoscenze, che vengono dall'uso retto dell'intelligenza e dalla pratica del bene, che si è conosciuto (6 Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza). Mettiamoci alla scuola della Sapienza, che è Gesù Cristo stesso, che vuole condurci in paradiso con l'osservanza della sua legge. Chiediamo il dono della Sapienza, che ci viene dello Spirito Santo.
2. I Padri della Chiesa hanno dato un significato simbolico ai vari elementi di questo brano e hanno visto nella casa, che la Sapienza si costruisce, la natura umana di Cristo, il Corpo storico di Cristo, e anche il suo Corpo Mistico, che è la Chiesa, sede della Sapienza – e tale è anche Maria; nelle sette colonne hanno visto i sette sacramenti o i sette doni dello Spirito Santo, o le sette virtù teologali e cardinali insieme, o gli Apostoli (Gal 2,9); la vittima è Gesù, che si offre in sacrificio per la nostra salvezza, e siamo anche noi che ci dobbiamo offrire in sacrificio insieme con Gesù, come i martiri di tutti i tempi; il vino con l'acqua, insieme col pane, fu usato da Gesù nell'ultima cena per istituire l’Eucaristia, che noi continuiamo a celebrare; la tavola è l’altare, su cui deponiamo il pane e vino consacrati, che sono nostro cibo e bevanda; il pane e vino sono anche la Parola di Dio, nutrimento spirituale; le donzelle sono i predicatori della Parola, con la quale istruiscono i fedeli e li portano all'Eucaristia. Se valorizzassimo questi elementi nella vita spirituale, certamente saremmo e rimarremmo sulla strada buona.
III - Efesini 5,15–20 1. I tempi sono brutti (16 perché i giorni sono cattivi). La mentalità mondana, col sostegno del diavolo e favorita e incrementata dalle debolezze della carne, è pervasiva e diffusa da tutti i mezzi di comunicazione e dai singoli. Perciò siamo tutti esposti ad essa in tutti i modi; siamo a rischio anche noi sacerdoti; non è difficile notare il livello di mondanità di noi preti e vescovi, tante volte rimproverata da papa Francesco. Il rischio è ci comportiamo da stolti (15), che facciamo cattivo uso del tempo (16), siamo sconsiderati (17), con la conseguenza che ci sfugga la volontà di Dio su di noi (17), perché non facciamo un giusto discernimento. Le orge degli antichi erano saltuarie e riservate a poche persone, perché mancavano i mezzi; invece oggi sono continue, e quando non nella realtà, almeno nelle visioni e nella fantasia (18). Le nostre idee si confondono al punto che non sappiamo più giudicare ciò che è bene e ciò che è male e ci lasciamo ingannare; consideriamo apostolato ciò che ci piace fare e non ciò che Dio vuole da noi e perciò perdiamo tempo, quando non danneggiamo noi stessi o le anime. Dobbiamo invece fare attenzione al nostro modo di vivere (15 Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere), non ci dobbiamo comportare da persone stolte ma sagge (15 comportandovi non da stolti ma da saggi); usare bene il tempo, che Dio mette a nostra disposizione (16 facendo buon uso del tempo); anche perché si va assottigliando per l'avvicinarsi della fine della nostra vita. Evitiamo i comportamenti delle persone senza intelligenza (17 Non siate perciò sconsiderati) e stiamo attenti a capire la volontà di Dio su di noi (17 ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore). Infine evitiamo di abbandonarci a qualsiasi forma di ubriachezza fisica (18 E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé) o psicologica, come è riempire i sensi di ogni soddisfazione, cosa che ci rende schiavi dei piaceri e ci fa perdere sensibilità umana e spirituale. Di preghiera e sacrifici abbiamo bisogno.
2. Che cosa fare per salvarsi da questi tempi cattivi? Ai consigli già dati Paolo aggiunge di mantenersi sempre pieni di Spirito Santo (20 siate invece ricolmi dello Spirito), cioè di evitare il peccato grave, che ci priva della presenza dello Spirito e ne indebolisce l’azione in noi, impedendogli di guidarci nella nostra vita quotidiana; inoltre dobbiamo occupare il tempo nella preghiera, usando salmi, inni e cantici suggeriti dallo Spirito, e nel canto con tutto il cuore a Dio (20 intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore). La nostra preghiera principale e continua deve essere il ringraziamento a Dio per ogni cosa (20 rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre), perché ogni creatura viene da Dio; a lui mostriamo la nostra gratitudine per mezzo di Cristo (20 nel nome del Signore nostro Gesù Cristo) nello Spirito. La presenza dello Spirito in noi è indispensabile perché solo Lui può rendere la nostra vita tutta spirituale e quindi fare sì che si esprima in un continuo dialogo con Dio nella preghiera: sia con preghiere spontanee, nelle quali manifestiamo i nostri sentimenti, sia con preghiere “già fatte”, nelle quali adeguiamo i nostri sentimenti alle parole che pronunciamo. Particolare attenzione va prestata alle preghiere bibliche, come i Salmi, che sono Parola di Dio, e quindi ci rivolgiamo a Dio con le parole che egli vuole ascoltare da noi; e alla preghiera liturgica in genere.
EUCARISTIA. Nell’Eucaristia troviamo tutto Gesù: la sua Persona, la sua Parola, il pane e il vino eucaristici; “servendocene” sotto la guida dello Spirito, tutto questo diventa nutrimento spirituale della nostra fede, speranza e carità e ci mette in condizioni quindi di vivere da autentici discepoli di Cristo. Preghiamo la Vergine SS. e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni perché ci ottengano di sapere accogliere Gesù nella sua totalità e senza riserve, seguendo il loro esempio.
mons. Francesco Spaduzzi