Caro professor Andreoli, non è in corso una regressione nei rapporti uomo-donna
Caro direttore, lo psichiatra Vittorino Andreoli è stato intervistato per conoscere la sua opinione sulla recrudescenza del femminicidio in atto. Ecco quello che, tra l’altro, ha dichiarato: «La faticosa costruzione della libertà femminile ad un certo punto, si è improvvisamente bloccata. Così, se da un lato le donne hanno raggiunto alti livelli di emancipazione nelle professioni e nella società, nel privato sono rimaste impigliate in un modello stereotipato di famiglia e di potere. In realtà, c’è stata una regressione nei rapporti uomo-donna e picchiare una donna è tornato ad essere un segno di potere. Non è stata raggiunta una vera parità sociale e il riacutizzarsi della violenza di genere lo dimostra» (FIAMMETTA CUPELLARO: «Donne come cose. Non c’è niente di più pericoloso»; La Città, 9/6/2016).
Non sono d’accordo col professor Andreoli. La mia opinione è che il femminicidio in atto non deriva da un improvviso blocco della costruzione della libertà femminile ma, al contrario, da un accelerazione nella ricerca della libertà da parte delle donne. Esse sono rimaste impigliate in un modello stereotipato di famiglia e di potere perché tale modello è fortemente in contrasto con la loro tendenza all’emancipazione. Quindi il femminicidio non deriva da una regressione nei rapporti uomo-donna ma da un forte contrasto tra due modelli di comportamento diversi: quello maschile legato ad antichi rapporti di potere e quello femminile tendante ad emanciparsi da questi rapporti. La conclusione è picchiare una donna non è tornato ad essere un segno di potere ma un modo per sottolineare la persistenza di antichi rapporti di potere.
Cordiali saluti
Franco Pelella – Pagani (SA)