L'amministratore unico di Alto Calore Servizi, Alfonsina De Felice, nell'assemblea dei soci di lunedì 10 novembre ha dichiarato che "l'acqua è un tema delicato, non può essere politicizzato" e che la questione idrica "non può essere sacrificata sull'altare politico". Un messaggio che, apparentemente tecnico e neutrale, nasconde in realtà una pericolosa mistificazione.
L'acqua è politica per sua natura. È una risorsa comune, un bene essenziale per la vita e per il territorio, e le scelte su chi la gestisce, come la gestisce e a quale costo sono scelte politiche nel senso più profondo del termine. Invocare la "depoliticizzazione" significa sottrarre ai cittadini e alle loro rappresentanze democratiche il diritto di decidere sul proprio futuro, trasformando questioni di interesse pubblico in materie tecnocratiche gestite da ristrette élite.
Ricordiamo che ACS non è una società privata come la Fiat, ma una società pubblica. Questo dato fondamentale significa che la gestione dell'acqua appartiene ai cittadini e al territorio, non a ricche famiglie imprenditoriali. Occorre che questo principio di proprietà collettiva orienti ogni decisione strategica.
L'assemblea di lunedì ha inoltre evidenziato un dato critico. In primis non è stato raggiunto il numero legale, poi una questione non di poco conto è che una democrazia partecipativa non può funzionare a porte chiuse. Vogliamo una ACS efficiente e moderna, ma soprattutto una ACS trasparente, dove i sindaci, le comunità locali e i cittadini possono partecipare consapevolmente. Solo così può nascere quella gestione dal basso che garantisce responsabilità e controllo collettivo.?
Mentre De Felice invita a tenere la questione idrica fuori dalla "politica", le multinazionali come Acea, Suez, Italgas e Blackrock attendono nell'ombra di ACS per subentrare nella gestione della GRIC e dell'intero sistema idrico campano. È proprio in momenti come questi, quando si decide il destino di una risorsa strategica, che la politica deve entrare con forza per difendere l'interesse collettivo.
Ribadiamo che sindaci irpini hanno la responsabilità politica di chiedere all'Ente Idrico Campano l'affidamento trentennale della gestione ad ACS e approvare il Piano Economico Finanziario necessario a garantire investimenti per rifare le reti e rendere efficiente il servizio. Solo una gestione totalmente pubblica, trasparente e sotto controllo democratico può salvaguardare l'acqua come bene comune e respingere le logiche di profitto delle grandi cordate finanziarie.
La vera questione non è se l'acqua debba essere "politicizzata", ma da quale parte stare.
Dalla parte dei cittadini, del pubblico e della partecipazione democratica, o dalla parte delle multinazionali e della finanza speculativa.
SIATE CHIARI PER UNA VOLTA: DA CHE PARTE STATE?
Per Campania Popolare