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Tempo Ordinario: Domenica 26.ma dell'Anno C (2024-25)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com) 

Tempo Ordinario: Domenica 26.ma dell'Anno C (2024-25)

Introduzione. Amos annuncia che presto finirà il periodo piacevole dei gaudenti; in Luca anche Gesù rivela che nell’eternità le cose vanno secondo verità e non secondo le menzogne di questo mondo; 1Timoteo ci esorta alla vita cristiana in vista del giudizio finale (e particolare).

I - Amos 6,1a.4-7 - Amos a nome di Dio minaccia gli abitanti di Gerusalemme e di Samaria: Guai agli spensierati di Sion/ e a quelli che si considerano sicuri/ sulla montagna di Samaria! (1), che si sentono tranquilli per il futuro nelle loro città, perché stanno sui monti. Rivelano il loro lusso riposando Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divanimangiano gli agnelli del loro gregge/ e i vitelli cresciuti nella loro stalla. (4); Canterellano accompagnandosi al suono dell'arpa e scimmiottano Davide con gli strumenti musicali (5); bevono il vino in larghe coppe/ e si ungono con gli unguenti più raffinati (6). Ma cesserà l’orgia dei questi dissoluti (7) perché essi ora – è imminente - andranno in esilio in testa ai deportati (7). Forse urta molto il profeta il fatto che questi banchetti sembrano imitare sacrilegamente l’offerta dei sacrifici: i migliori agnelli e vitelli e le coppe larghe venivano usate nel culto. Ovviamente col lusso aumenta anche la corruzione morale, ma il castigo incombe: la rovina cadrà sul regno del Nord (6) fra una ventina di anni e saranno proprio i pochi ricchi, che sopravviveranno a patire di più: hanno sfruttato i poveri e trascurato i loro doveri verso Dio,  ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano (6): così provocano l’ira di Dio e il suo castigo, giacché non ascoltano neanche l'invito dei Profeti alla conversione. Noi europei ci siamo arricchiti, sfruttando per secoli l'Africa e l'America, l'Asia e l'Oceania e abbiamo rese povere quelle popolazioni; Dio non è d'accordo e perciò vengono i tempi, in cui le situazioni si ribaltano.

II - Luca 16,19-31 - 1 (a) Sono due situazioni che si ripetono nei secoli: C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti (19), abbondanti e costosi; e Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, più o meno svestito, coperto di piaghe, (20), dovute alla denutrizione; questi era bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco, insensibile ed egoista, e a lui si avvicinavano solo i cani, che venivano a leccare le sue piaghe (21) o gli insetti, come vediamo in certi servizi televisivi sui poveri. Ma la morte livella e fa le differenze: Un giorno il povero morì e forse restò insepolto, ma fu portato dagli angeli accanto ad Abramo, in paradiso; Morì anche il ricco e fu sepolto (22), ma andò negli inferi fra i tormenti (23; cfr. 25), all'inferno; lì soffriva terribilmente in questa fiammaAllora gridando chiese aiuto: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua (24): anche da così poco avrebbe sollievo! A questi tormenti “fisici”, che per miracolo colpiscono l'anima, perché il corpo è sulla terra, si aggiungono le sofferenze morali, perché capiscono che per loro colpa sono dannati: potevamo salvarsi per grazia di Dio con pochi sacrifici e ora devono soffrire tantissimo e per l'eternità (cfr. 26). Preghiamo per noi e per tutti di evitare l’inferno e impegniamoci per vivere da buoni cristiani e morire nell’amicizia del Signore. (b) Alla richiesta del dannato, Abramo risponde: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti (25). Per di più, tra noi e voi è stato fissato da Dio un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi” (26). Questa separazione vale nell'Aldilà, ma in questo mondo noi dobbiamo compatire sofferenti e peccatori e soccorrerli secondo il bisogno. Inoltre Lazzaro è andato in paradiso non perché povero e perché ha patito, ma perché ha sofferto con pazienza, sostenuto dalla fede e dalla speranza, affidandosi a Dio. Egli sta con Abramo, perché ha condiviso la sua fede e carità. Rinnoviamo la nostra fiducia nella bontà di Dio e seguiamo l’esempio di Lazzaro.

 2.  (a) Il dannato sembra rivelare un sentimento buono: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento” (27-28); in realtà i dannati gioiscono per la perdita e la sofferenza degli altri. Il motivo della sua dannazione è la mancanza di carità verso il prossimo bisognoso (21), che gli veniva dalla mancanza di fede nella Parola di Dio (29.31). All'inferno ci va chi non pratica le virtù teologali, indispensabili per la salvezza. Riflettiamo spesso sui novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso; queste meditazioni ci aiutano moltissimo a regolare la nostra vita secondo la volontà di Dio. (b)  Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro” (29), cioè la Parola di Dio  Il dannato insiste: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno  andrà da loro, si convertiranno” (30); ma il padre dei credenti giustamente fa notare che, “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti” (31), non basterà un miracolo; effettivamente i nemici di Gesù rifiutarono la Sua Parola e quella dei discepoli, nonostante i miracoli che operavano. Per ottenere la conversione dei peccatori, la Vergine a Lourdes e a Fatima raccomandò preghiera e sacrifici; questo invito resta attuale per noi oggi. Valorizziamo anche la testimonianza per mezzo della nostra vita e l’annunzio della Parola di Dio: esse sono sempre accompagnate da una grazia di illuminazione e di attrazione verso Gesù.

III – 1Timoteo 6,11-16 - (a) Paolo esorta Timoteo, uomo di Dio, perché Gli appartiene totalmente: evita queste cose (11), i peccati e gli errori, di cui ha parlato prima (6,1-10), e quindi tendi… alla pietà, alla fede, alla carità, che riguardano il rapporto d’amore con Dio, alla giustizia, alla pazienza, alla mitezza (11), quello d’amore col prossimo. In tal modo egli combatte la buona battaglia per conservare la fede (12) e la manifesta nelle buone opere, per raggiungere la vita eterna, alla quale è stato chiamato (11); per questa hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni (11), forse nel battesimo o nell'ordinazione sacerdotale o episcopale. L'esortazione vale anche per noi, chiamati alla fede e al battesimo e a vivere la vita cristiana con la pratica di queste virtù. (b) Paolo, con solennità, parla al discepolo amato: Davanti a Dio, che crea e conserva la vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza della sua divinità e regalità davanti a Ponzio Pilato (13), ti ordino di conservare senza macchia di peccato e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione, la seconda venuta, del Signore nostro Gesù Cristo (14). Gesù si manifesterà nella data, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,/ il beato e unico Sovrano,/ il Re dei re e Signore dei signori (15), il solo che possiede l’immortalità/ e abita una luce inaccessibile, che lo rende invisibile a tutti; in effetti nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederloA lui solo possiamo attribuire onore e potenza per sempre. Amen (16). Paolo evoca la seconda venuta di Cristo e il giudizio universale (e particolare): renderemo conto a Gesù se abbiamo evitato il peccato e praticato le virtù proprie dei discepoli, in particolare la fede, e come le abbiamo comunicate agli altri e come siamo stati fedeli da pastori. Esaminiamoci ora e correggiamoci senza aspettare la fine della vita.

EUCARESTIA. Dio vuole salvarci e per questo ha dato il Figlio al mondo e rende presente il suo sacrificio in ogni Messa per la nostra salvezza. La Vergine Maria e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni ci ottengano di poter andare a cantare la gloria di Dio insieme con loro, dopo avervi partecipato a tante sante Messe.  (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. C’era un uomo ricco… Un povero di nome Lazzaro (19-20). Il ricco è senza nome, rappresenta una categoria. Il povero è una persona precisa, indicata col nome, perché attira l’attenzione speciale di Dio, che Se lo tiene caro fino a quando non lo vede insieme ad Abramo. Dio ama anche il ricco, con sofferenza, perché esaurisce la sua vita nel vivere nel piacere.

2. I cani venivano a leccare le sue piaghe… (21), parole impressionanti, che rivelano una triste realtà. Non sappiamo perché perché i cani lo facevano, ma per Lazzaro era il solo contatto sensibile, con loro che non fanno distinzione fra ricco e povero e gli facevano concorrenza per sfamarsi con le briciole. E’ l’orribile situazione di Gaza e delle zone afflitte dalla carestia e povertà estrema.

3. Padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre… (27). La preoccupazione appare nella parabola solo per dare l’insegnamento importante, che segue. Notiamo: sulla terra egli non ebbe carità verso Dio e verso gli uomini e tantomeno ce l’ha nell'inferno; sta nella sofferenza e perciò vuole la dannazione di tutti o almeno del più grande numero possibile.

4. Della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò andranno in esilio… (6-7). Sono egoisti, che non si preoccupano dei mali presenti e futuri dei loro connazionali, del prossimo. E come tante volte Dio aveva minacciato per mezzo dei profeti, a incominciare da Mosè, li riavverte che sottrarrà loro la terra promessa e data, che essi profanano coi loro peccati contro Dio e il prossimo.

5. Tu, uomo di Dio… (11). Tutti siamo uomini di Dio, perché Egli ci ha creati e ci conserva e ci dà il concorso sul piano naturale e soprannaturale e quindi siamo totalmente Suoi e dipendenti da Lui: Egli è il nostro Padrone, ma è voluto diventare nostro Padre, come ci ha rivelato già nell’AT e confermato nel NT con espressioni chiarissime. Gustiamocelo. (mons. Francesco Spaduzzi)


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