Importazione parallela di farmaci, risparmi per il SSN.
Lo studio presentato in Senato: risparmi diretti possibili sui farmaci di fascia A per 239 milioni di euro. A differenza di altri Paesi europei, in Italia il settore ha una quota ancora marginale, per l’assenza di incentivi e tempi lunghi di rilascio delle autorizzazioni. Il parallel trade rappresenta una possibile soluzione alle crisi di carenza di farmaci e un’importante opportunità di ampliamento dell’offerta. Occorrono, in Italia, celerità e semplificazione della regolamentazione, inclusione dei farmaci ospedalieri nell’importazione parallela, nonché un approccio normativo europeo e collettivo che coordini esportazioni e importazioni parallele in un unico ecosistema.
Le importazioni parallele di medicinali in Italia, il loro impatto in termini di risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale e il potenziale ruolo nella gestione del fenomeno delle carenze. Sono questi alcuni dei temi al centro dello studio “L’impatto economico e regolatorio delle importazioni parallele di farmaci in Italia: analisi del mercato e prospettive future”, presentato oggi in un evento in Senato su iniziativa del Sen. Ignazio Zullo. Lo studio, a cura di CEFAT – Centro di Economia del Farmaco e delle Tecnologie Sanitarie e Università degli Studi di Pavia, offre un’ampia panoramica sul settore, le sue dimensioni, le criticità che attualmente limitano il possibile impatto virtuoso sul sistema salute del nostro Paese.
L’importazione parallela di medicinali (parallel trade o distribuzione indipendente) concerne quelle procedure autorizzative previste dalla normativa europea che consentono a un farmaco registrato e commercializzato in un Paese dell’Unione Europea (UE) o dello Spazio Economico Europeo (SEE) di essere importato in un altro Paese della UE o del SEE per la vendita diretta alle farmacie o agli enti sanitari, attraverso l’autorizzazione rilasciata dall’Autorità competente (in Italia l’AIFA) a condizione che il prodotto importato sia essenzialmente analogo (stessi effetti terapeutici e stessa sicurezza) a un prodotto che ha già ricevuto l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC), nel Paese di destinazione. Un settore che opera nel pieno rispetto delle normative GMP (Good Manufacturing Practice) e GDP (Good Distribution Practice), garantendo medicinali sicuri.
Si tratta di una legittima forma di scambio in seno ai Paesi SEE, fondata sugli articoli da 34 a 36 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, che vieta ogni restrizione quantitativa, sia lato import sia lato export, tra gli stati, e resa possibile dal differenziale tra il prezzo di acquisto del medicinale nel Paese di origine (più basso) e il prezzo di vendita nel Paese di destinazione (più elevato), divario che deriva da differenti politiche nazionali di fissazione dei prezzi e/o da specifiche regolamentazioni adottate da ciascun Paese in materia di importazioni parallele. Nel 2023 il settore europeo dell’importazione parallela ha registrato un valore in termini di fatturato pari a 6,6 miliardi di euro, cresciuto a 7,4 miliardi nel 2024, facendo registrare risparmi tra i 5-7 miliardi di euro per i servizi sanitari in Europa. Ma in Italia rappresenta una quota ancora molto esigua e marginale rispetto ad altri Paesi europei dove il settore è maggiormente incentivato.
«Promuovere un efficiente mercato parallelo dei farmaci può consentire, come evidenzia lo studio presentato oggi, molti benefici per il Sistema Sanitario, a partire dall’ampliamento dell’offerta per il consumatore, all’interno di un contesto di libera concorrenza, permettendo la migliore allocazione dei prodotti. – dichiara il Sen. Ignazio Zullo, Capogruppo FdI nella 10a Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale – Il parallel trade realizza un principio unificatore dell’unità europea, ovvero quello della garanzia alla libertà di circolazione delle merci e può costituire un efficace strumento calmieratore dei prezzi di cessione dei prodotti farmaceutici, anche a causa di effetti impliciti di prevenzione di situazioni di monopoli nel caso di farmaci protetti da brevetto. Infine, consente di superare situazione di carenza dell’offerta di farmaci nei mercati nazionali, problematica molto sentita negli ultimi anni, che rischia di mettere a repentaglio la continuità terapeutica in un numero sempre maggiore di pazienti».
«L’importazione parallela di farmaci rappresenta un’opportunità importante per migliorare la competitività del mercato farmaceutico italiano, ridurre i costi per il Servizio Sanitario Nazionale, ottimizzando la spesa farmaceutica, e affrontare problematiche come le carenze di medicinali. – dichiara il Sen. Francesco Zaffini, Presidente della 10a Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale – Lo studio presentato oggi permette di comprendere il potenziale impatto positivo che il settore può esprimere sul SSN. È importante che la politica guardi con attenzione a questi dati e si impegni per affrontare quelle criticità, anche di carattere normativo, che possano consentire maggiori benefici per il Servizio Sanitario e per tutti i cittadini, in termini di diritto alla salute e sostenibilità. In ragione dell’approccio europeo del settore è fondamentale considerare importazione ed esportazione come attività propedeutiche e coesistenti, in modo da garantire un sistema in cui le esportazioni non generino carenze, ma contribuiscano a un ecosistema sano e sostenibile del settore farmaceutico».
Attualmente in Italia, a differenza di altri Paesi europei come Germania e Regno Unito, l’importazione parallela costituisce una piccola percentuale del mercato farmaceutico nazionale. L'AIFA, dimostrando consapevolezza sui vantaggi che ne possono derivare, ha introdotto nel 2021 una nuova procedura semplificata per il rilascio delle autorizzazioni all’importazione parallela, stabilendo al contempo una riduzione di almeno il 7 per cento rispetto al prezzo al pubblico del prodotto corrispondente già presente sul mercato nazionale, che si tratti di un farmaco originator o di un equivalente/biosimilare; misura quindi finalizzata a garantire un risparmio immediato per il SSN e a esercitare una pressione concorrenziale sui produttori originari, incentivandoli a mantenere prezzi più contenuti. Tuttavia ad oggi permane, nella pratica, la criticità di tempi lunghi per l’ottenimento dell’autorizzazione all’importazione, che, ritardando l'introduzione dei farmaci importati, comporta svantaggi soprattutto nel caso di farmaci in carenza, e minore beneficio economico.
«In un'ottica di crescita sostenibile e duratura, è imprescindibile garantire la tutela e il coinvolgimento di tutti gli stakeholder della filiera, dai cittadini alle imprese. L'Italia, in quanto ottava economia mondiale e secondo mercato farmaceutico a livello europeo, ha la responsabilità di allinearsi agli standard degli altri Paesi membri dell'Unione. Non possiamo permetterci di rimanere indietro: è necessario agire con visione e responsabilità per rafforzare la competitività del nostro sistema Paese. - dichiara il Dott. Gian Maria Morra, Presidente AMI - Affordable Medicines Italia - Lo studio presentato oggi mette a fuoco i molti vantaggi dell’importazione parallela, a partire dai risparmi per il SSN, al momento ancora marginali, con l’attuale, limitata, quota di mercato, ma in prospettiva, se sostenuti da un’adeguata politica di incentivi al settore, molto più ampi, generando risorse che potrebbero essere destinate, per esempio, a nuove attività di prevenzione. Sono molti i temi chiave: la necessità di includere nell’importazione parallela i farmaci ospedalieri, il contributo fondamentale nella gestione delle carenze, l’incremento di concorrenza e marginalità, garantendo un accesso sicuro ai farmaci. Infine, poiché l’esportazione parallela di un Paese rappresenta l’importazione parallela di un altro, emerge con chiarezza l’esigenza di garantire la possibilità di esportare medicinali che, reperibili nel mercato nazionale, non evidenziano criticità nella dispensazione. Intendiamo lavorare in sinergia con le Istituzioni per favorire lo sviluppo del settore nel lungo periodo. Un insieme di regole certo, equilibrato e che rispecchi i valori fondanti dell’Unione Europea porterà benefici a cittadini, imprese e SSN, oltre a portare risparmi di cui beneficeranno le prossime generazioni verso le quali noi tutti abbiamo un senso di responsabilità»
«In Italia, nel 2024, sono stati erogati ai consumatori farmaci da importazione parallela per un valore complessivo di circa 226 milioni di euro, di cui 74 milioni relativi a farmaci di fascia A e 152 milioni a farmaci di fascia C - dichiara il Prof. Giorgio Lorenzo Colombo, Direttore Scientifico del CEFAT – Centro di Economia del Farmaco e delle Tecnologie Sanitarie, Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Pavia, illustrando alcuni dati dello studio - Non si sono registrate erogazioni di farmaci destinati all’esclusivo impiego ospedaliero (i cosiddetti farmaci di fascia H). In termini di incidenza sulle vendite complessive in farmacia, si tratta di quote marginali: nel 2023 lo 0,85 per cento complessivo, suddiviso in 0,49 per cento per la fascia A e 1,30 per cento per la fascia C. Tra il 2022 e il 2024, il valore delle vendite è cresciuto del 30 per cento, con un incremento più marcato per i farmaci di fascia A (+48 per cento) rispetto a quelli di fascia C (+23 per cento). Si tratta di un mercato piuttosto concentrato: nel 2024, i primi 10 farmaci venduti in fascia A (su 69 disponibili) rappresentavano circa il 75 per cento delle vendite; per la fascia C, i primi 10 (su 136) coprivano il 37 per cento. Le aziende attive nel settore in Italia sono 17. Anche in questo caso, il mercato risulta concentrato: nel 2024, i primi 8 importatori detenevano il 95 per cento del volume delle vendite in fascia A e il 94 per cento in fascia C. I dati quantitativi, tuttavia, rappresentano solo una parte della questione. Il lavoro di ricerca ha evidenziato anche numerose criticità strutturali che ostacolano lo sviluppo del mercato delle importazioni parallele in Italia, nonostante il potenziale beneficio per la sostenibilità del SSN. Tra queste, l’esclusione di fatto dei farmaci ospedalieri (fascia H), i lunghi tempi per l’ottenimento delle autorizzazioni da parte dell’AIFA, e la rigidità dello sconto minimo obbligatorio del 7 per cento. A ciò si aggiungono le strategie messe in atto dalle aziende originator per limitare l’accessibilità ai canali di approvvigionamento. Il confronto con i principali Paesi europei – come Germania, Svezia e Olanda – mostra come un approccio normativo e regolatorio più favorevole possa incentivare l’uso di farmaci da importazione parallela e generare risparmi strutturali».
Lo studio evidenzia diversi focus e aree di intervento strategico per il mercato italiano, a partire dalle potenzialità del commercio parallelo nel mitigare le carenze di farmaci e nel rafforzare la concorrenza e ridurre i costi per il SSN. Miglior livello di competitività del mercato consente l’acquisizione di risparmi indiretti derivanti dalla pressione concorrenziale che le importazioni parallele esercitano sul mercato: il produttore è incentivato a ridurre il prezzo del farmaco commercializzato per far fronte alla concorrenza delle importazioni parallele più economiche. A questi si aggiungono i risparmi diretti, ovvero quelli che derivano dalla differenza di prezzo tra i farmaci di importazione parallela e i farmaci identici venduti dal produttore nel paese a un prezzo più elevato. Nella realtà italiana, nell’anno 2024, un’elaborazione condotta su un esteso campione di farmaci di fascia A indica un ammontare di risparmio pari a poco più di circa 2,2 milioni di euro, a fronte di vendite parallele ammontanti a 69,8 milioni di euro: in termini percentuali si tratta di circa il 3,1 per cento in meno rispetto alla spesa che il SSN avrebbe dovuto sostenere senza importazione parallela. Applicando tale percentuale all’intero valore dei farmaci di fascia A venduti nel 2023 (7.700 milioni di euro, considerando solo assistenza farmaceutica territoriale, esclusa distribuzione per conto e distribuzione diretta), si consegue la cifra di un risparmio possibile di circa 239 milioni di euro.
Fondamentale appare, inoltre, l’opportunità di integrare i farmaci importati parallelamente nel mercato ospedaliero e promuovere la trasparenza e l’equità nelle gare pubbliche, con risparmi e maggiore concorrenza, operando in due direzioni: rimozione delle restrizioni alla partecipazione alle gare di fornitura dei farmaci per i farmaci di importazione parallela; superare la formulazione basata sull’affidamento a un solo fornitore, individuato in base al criterio del prezzo più basso, per ricorrere a gare basate sulla stipula di accordi quadro conclusi con più operatori economici valutati idonei alla fornitura per requisiti soggettivi e per rispondenza dell’offerta presentata alle caratteristiche del prodotto richiesto. L'inclusione della Fascia H nell'importazione parallela in Italia, come in altri paesi europei, potrebbe portare a una riduzione dei costi per le strutture sanitarie pubbliche, garantendo maggiore accesso a trattamenti a prezzi più contenuti e migliorando la sostenibilità del sistema sanitario. L’AIFA potrebbe beneficiare di un maggiore controllo sulla disponibilità dei farmaci ospedalieri, evitando situazioni di carenza e potenziando l'equità nell'accesso alle terapie.
Un aspetto che merita particolare attenzione è la possibilità di estendere l'importazione parallela ai farmaci innovativi e ai biosimilari, favorendo maggiore concorrenza nel mercato dei farmaci biologici, contribuendo a una riduzione dei prezzi e a un miglior accesso alle terapie, anche rispetto a trattamenti non ancora disponibili in Italia, ma già approvati e utilizzati in altri Paesi UE.
Centrale è la necessità di semplificare la regolamentazione e ridurre i tempi di approvazione. Nonostante la procedura semplificata disposta recentemente da AIFA, ad oggi gli effettivi tempi medi di rilascio di autorizzazione in Italia superano abbondantemente il termine, considerato ragionevole dalla Commissione europea, di 45 giorni, con tempi che vanno oltre i 240 giorni.
«Il parallel trade è attualmente una componente contenuta ma strutturale della filiera farmaceutica e come tale merita di essere sostenuta. – dichiara il Dott. Mattia Bianchi, Segretario Generale AMI - Affordable Medicines Italia - La revisione della legislazione farmaceutica dell’UE ha un ruolo cruciale nel processo di valorizzazione e, purtroppo, allo stato attuale dei lavori questo non si sta riscontrando per via di alcune disposizioni previste che se confermate, potrebbero ostacolare seriamente lo sviluppo del settore. Il nostro comparto rappresenta una risorsa concreta di acceso al farmaco in modo sicuro e può mitigarne le criticità dovute al fenomeno delle carenze, sia nell’assistenza farmaceutica territoriale quanto sulla disponibilità presso gli enti sanitari pubblici e privati, a condizione che venga sostenuto con strumenti adeguati, tra cui un’accelerazione nelle tempistiche dei processi autorizzativi e un sistema di incentivi che ne riconosca il valore. La visione di Affordable Medicines Italia è chiara: sviluppare il ruolo e il potenziale dell’importazione ed esportazione parallela di medicinali, nel pieno rispetto della salute delle persone e degli equilibri della filiera».
Per bilanciare gli effetti dell'importazione e dell'esportazione parallela, è necessario adottare strategie che assicurino la continuità terapeutica, come una maggiore collaborazione con le autorità regolatorie europee per monitorare la disponibilità dei medicinali nei diversi mercati. Il parallel trade di medicinali necessita di un approccio europeo e collettivo, considerando interdipendenti le attività di importazione parallela con l’esportazione parallela, nonché coesistenti, volte a garantire uno scenario in cui le esportazioni non causino situazioni di carenza, bensì partecipino al sano ecosistema del settore. La legislazione europea può contrastare comportamenti regolatori nazionali che ostacolano la libera circolazione dei medicinali all’interno dell’Unione, prevedendo, ad esempio, che le misure adottate per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in uno Stato membro non debbano avere impatti negativi sugli altri Stati, in particolare quando tali misure restrittive non sono giustificate da effettive situazioni di carenza.