Tempo di Quaresima: Domenica IV dell'Anno C
Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
mons. Francesco Spaduzzi
Tempo di Quaresima: Domenica IV dell'Anno C
I - Luca 15,1-3.11-32 – 1. (a) A Gesù si avvicinavano per ascoltarlo pubblicani e peccatori, perché sentivano annunciare da Lui la misericordia di Dio per tutti i pentiti e vedevano aprirsi le porte della salvezza. I Farisei e gli Scribi consideravano costoro uomini impuri (1) e parlavano male di Gesù, perché accettava la loro vicinanza e addirittura condivideva i pasti con loro (2), cosa che rendeva impuri. Quando noi commettiamo un peccato grave, diventiamo morti spiritualmente (24.32) e abbiamo bisogno di essere risuscitati; le prime parabole della pecorella smarrita e della moneta perduta (Lc 15,4-10) ci fanno vedere come Dio ci tiene a ciascuno di noi, anche peccatori, e viene alla nostra ricerca. L’Incarnazione e la Passione e Morte di Gesù ci mostrano quanti dolori Dio-Uomo affronta per ritrovarci e riportarci a Lui. Dio ha un rapporto di amore con ciascuno di noi: continua ad amarci, anche se peccatori, e fa di tutto per rimetterci sulla strada giusta, e noi dobbiamo tornare ad amarlo; egli vede in noi la Sua immagine rovinata dal peccato e il volto deturpato del suo Figlio, e vuole restaurarli in noi e farli risplendere di nuovo con la bellezza originaria, restituendoci la vita divina. (b) Nella parabola il figlio giovane - inesperto della vita e presuntuoso e poco sensibile ai bisogni degli altri, perché egoista e cresciuto senza spirito di sacrificio -, chiede la sua parte di eredità; senza scrupolo si allontana dalla famiglia e se ne va vestito con eleganza e a cavallo e forse con servi (13); sciupa rapidamente nei vizi (13.30) le ricchezze, ottenute senza sacrifici. Rimane presto senza soldi e viene anche la carestia (14). Si trova a stomaco vuoto e abbandonato da tutti. Trova un lavoro umiliante, secondo la mentalità ebraica: guardiano dei porci (15), con cibo insufficiente (15). La sua miseria gli fa ricordare come stanno bene i servi nella casa paterna (17) e allora decide il ritorno: riconoscerà di avere offeso Dio e il padre (18) e di essere indegno di essere trattato da figlio, ma supplicherà di accoglierlo come salariato (19). Magro da morire e a mala pena riconoscibile, seminudo perché coperto di pochi stracci, sporco e puzzolente, trascinandosi e cadendo per strada per la debolezza, a piedi nudi e da solo, si mette in cammino senza provviste e fa il lungo viaggio di ritorno (20). Così il peccato ci riduce: perdiamo la vita divina; roviniamo la nostra qualità umane; il diavolo mette in noi la rassomiglianza con lui. Non seguiamo il cattivo esempio del giovane. E notiamo che lo stomaco vuoto fa crollare le illusioni, riattiva il cervello e rimette in moto la ragione e la coscienza. Di qui l’importanza del digiuno e della preghiera e della pratica delle opere di misericordia.
2. (a) Il giovane arriva vivo. Il padre lo vede da lontano, lo riconosce, ne sente subito la compassione più viscerale, gli corre incontro, senza aspettare, lo abbraccia, e lo bacia (20), lo tiene stretto a sé e gli mostra così che i suoi sentimenti non sono cambiati. Il figlio avvia il discorsetto, che si era preparato parola per parola e si era ripetuto tante volte (21), ma il padre pensa ad altro: ordina ai servi di rivestire il figlio con il vestito più bello, di dargli l’anello e mettergli i calzari (22), come agli uomini liberi; in pratica lo rimette nella condizione e diritti di figlio. Il padre organizza anche la festa (23), perché ha ritrovato il figlio perduto e ha riavuto vivo chi aveva dato per morto (24). E fanno festa (24). Davide fece aspettare 3 anni al figlio fratricida per riammetterlo alla sua presenza e all'abbraccio. Qui il padre, immagine di Dio, attira il figlio col ricordo, lo accoglie subito a braccia aperte e gli restituisce dignità e diritti da figlio. Gesù racconta la parabola per farci capire che così il Padre si comporta con i peccatori, che si pentono, e così devono agire i pastori con quelli che vogliono tornare alla casa del Padre. Confessiamoci non ogni giorno come Sant'Alfonso o qualche altro Sanito, ma almeno una volta al mese e anche ogni volta che commettiamo peccato grave, in modo da riconciliarci subito con Dio e non privarci della comunione, che è indispensabile per la vita spirituale. (b) Il figlio maggiore torna dal lavoro, sente musica e danze (25) e viene a sapere che la festa è stata voluta dal padre, per il ritorno del figlio sano e salvo (27-27). Il figlio maggiore si arrabbia e si rifiuta di entrare in casa; al padre, che insiste perché entri (28), rimprovera due cose: si è comportato male con lui, il figlio fedele e obbediente, al quale non ha mai dato un capretto per far festa con gli amici (29), e ha trattato coi fiocchi il figlio cattivo e infedele, che ha sciupato il patrimonio con le prostitute (30). Il padre gli fa notare che tutto quello che appartiene al padre è anche del figlio maggiore, perché sta da sempre col padre (31), ma rivendica il diritto di fare festa per il figlio ritrovato (32). Il figlio maggiore rappresenta i Farisei e gli Scribi, che vogliono escludere i peccatori dalla salvezza, e non fare nulla per rimetterli sulla via del pentimento e della salvezza. Invece il padre è immagine di Dio Padre – e di Gesù -, che va in cerca dei peccatori e li chiama alla conversione per poterli salvare. Dio Padre ama con sofferenza i figli peccatori e con gioia i figli fedeli, e con tutti esercita la sua misericordia.
II - Giosuè 5,9a.10-12 – (a) Gli ebrei dovettero attraversare il Giordano prima di entrare nella Terra promessa. In questa occasione Dio operò un miracolo: l’acqua del fiume si fermò appena la toccarono i sacerdoti, che trasportavano l'Arca, e il popolo attraversò a piedi asciutti; poi quasi tutti furono circoncisi a Galgala, perché non lo erano stati prima, e infine celebrarono la Pasqua alla sera del 14 di Nisan, il primo mese dell'anno (10). Allora Dio avvertì Giosuè che con l'ingresso nella Terra promessa - e ormai data -, aveva allontanato dal suo popolo ciò che lo faceva vergognare in Egitto (9): già lo aveva liberato dalla schiavitù e ora lo aveva introdotto nella sua patria. Finisce il miracolo della manna (12), con cui Dio li aveva nutriti per 40 anni, perché il giorno seguente potettero mangiare il pane azzimo e il grano abbrustolito, prodotti della terra (11). (b) Per noi Dio ha fatto molto di più. L’attraversamento del Giordano e la circoncisione sono simbolo del battesimo e la pasqua dell’Eucarestia, i sacramenti che ci liberano dalla schiavitù del diavolo e ci fanno entrare nel mondo soprannaturale, di Dio; ci fanno figli di Dio e membri del suo popolo, ci nutrono del cibo spirituale, che è il Corpo e Sangue di Cristo e ci sostiene fino all’ingresso nella patria del Cielo. Ringraziamo, adoriamo, lodiamo, apprezziamo e valorizziamo questi doni di Dio.
III - 2 Corinzi 5,17-21 - (a) Siamo persone che stanno nel peccato (cfr 19.21), in una condizione di inimicizia con Dio (cfr. 18.19. 20), una situazione vecchia da buttare via, da cambiare (cfr. 17). Dio decide il nostro cambiamento, per mezzo della riconciliazione con sé (19.20.21): lo realizza per mezzo del Figlio, che diventa uomo (18 Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo; 17 in Cristo), e ci salva con tutta la sua vita di obbedienza amorosa, specie nella Passione e Morte, nella quale sembra quasi che Dio Padre tratti come peccatore al nostro posto il Figlio innocente (21 Dio lo fece peccato in nostro favore), Gesù che non aveva mai peccato (21 Colui che non aveva conosciuto peccato); così possiamo diventare giusti davanti a Dio (21 perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio): si realizza la profezia di Isaia (53,4-6.8) che al nostro posto Gesù si sarebbe caricato dei nostri peccati e delle loro conseguenze. In effetti Dio ha riconciliato l'uomo con sé, non tenendo conto delle sue colpe (19 Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe). Da parte nostra è necessaria la fede nella persona di Gesù, Dio e uomo, e nella sua opera di redenzione, sia quella oggettiva, realizzata 20 secoli fa, sia quella soggettiva per i peccatori di tutti i secoli. A questo scopo Gesù istituì il ministero della riconciliazione, che affidò agli Apostoli e ai loro successori e che consiste nella predicazione, che la annuncia (19 e affidando a noi la parola della riconciliazione), e si realizza con i sacramenti, che la conferiscono ai singoli. Paolo insiste che Dio ha affidato agli Apostoli il ministero della riconciliazione (18 e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione). Quello che sono i plenipotenziari dell'imperatore per i sudditi, sono gli Apostoli per gli uomini: sono veri ministri della riconciliazione (20 In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori), i quali continuano a predicare agli uomini (20 per mezzo nostro è Dio stesso che esorta) e a supplicarli (20 Vi supplichiamo in nome di Cristo) di recuperare l’amicizia con Dio (20 lasciatevi riconciliare con Dio). L’uomo riconciliato con Dio abbandona la sua vecchia situazione di peccatore (17 le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove) e in Cristo e per mezzo di Cristo diventa creatura nuova, l’uomo nuovo (17 Tanto che se uno è in Cristo, è una nuova creatura). Approfittiamo della Quaresima per prendere coscienza di essere peccatori e considerare il peccato nella luce dell’insegnamento di Gesù: così sentiremo il bisogno di essere riconciliati con Dio e accoglieremo l’annunzio dell’amore di Dio e della sua volontà di riconciliarci per mezzo di Gesù, per mezzo dei sacramenti che rendono presente la sua persona e le sue azioni salvifiche.
EUCARESTIA. In essa rendiamo presente Gesù e il suo Corpo e il suo Sangue per la remissione dei peccati; Gesù ci ama e vuole perdonarci per riconciliarci col Padre. Preghiamo la Vergine Maria e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni perché ci ottengano la buona volontà di pentirci, convertirci e riconciliarci con Dio e col prossimo.