I Paesi Europei chiusi nelle loro Torri D'Avorio
Caro direttore, la scarcerazione di Giovanni Brusca (anche se dovuta alla sua condizione di collaboratore di giustizia) ha fatto accendere in Italia il dibattito sull’ergastolo e sul fine pena mai. Sono riemersi i dubbi sull’opportunità di non applicare tale pena ai mafiosi pluriomicidi, sulla legislazione di alcuni Paesi europei che hanno eliminato l’ergastolo e sulle deliberazioni della Corte di Giustizia europea in merito all’ergastolo ostativo. Il problema sta nel fatto che la decisione di trattare molto umanamente anche i pluriomicidi cozza troppo con la secolare acquisizione giuridica che la pena debba essere commisurata al delitto commesso. Questa, però, non è l’unica occasione in cui le scelte politiche e culturali fatte nei Paesi occidentali sembrano non tenere nel dovuto conto la complessità della nostra storia e della realtà sociale esistente. Ci sono almeno altri tre casi che fanno emergere la stessa problematica: 1) la cancel culture (cultura della cancellazione) che, soprattutto nei Paesi anglosassoni, ha portato all’abbattimento delle statue di personaggi famosi accusati di essere razzisti e schiavisti; 2) le vignette su Maometto che hanno provocato la morte di alcuni redattori della rivista francese Charlie Hebdo; 3) il dibattito sul gender gap (divario di genere) che attribuisce ogni differenza tra i sessi alla discriminazione sessuale. La mia opinione è che: 1) nel caso della cancel culture l’errore sta nella confusione tra la necessità di criticare gli uomini celebri che in passato sono stati razzisti e quella di distruggere le loro immagini perché la critica non dovrebbe comportare anche la distruzione dell’oggetto criticato dato che in questo modo si semplifica eccessivamente il giudizio sulla complessità delle scelte storiche effettuate in un passato in cui molti erano razzisti; 2) nel caso delle vignette su Maometto l’errore sta nell’aver depenalizzato il comportamento blasfemico nei confronti delle religioni in un mondo nel quale centinaia di milioni di persone considerano come sanguinose le offese ai loro simboli religiosi; 3) nel caso del gender gap, infine, l’errore sta nel credere che le differenze tra i sessi siano dovute sempre ad atteggiamenti discriminatori e nel non vedere che spesso esse derivano da differenze psico-fisiche innate.
Cordiali saluti
Franco Pelella - Pagani