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Tempo Ordinario: Domenica VI dell'Anno B

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@virgilio.it) 

Tempo Ordinario: Domenica VI dell'Anno B

I - Marco 1,40-45 – 1. (a) A Gesù si presenta un malato di lebbra, una malattia che rovinava il volto e le membra del corpo, era incurabile nel passato ed escludeva dalla vita familiare e sociale, civile e religiosa, perché considerata contagiosa ed effetto del peccato; Gli si inginocchia davanti e lo prega con tanta fede e cuore, convinto che basta un Suo atto di volontà per guarirlo e purificarlo dalla malattia (40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!»). Abbiamo tante malattie spirituali, come appare dai tanti nostri peccati, che commettiamo e che le rivelano; siamo oppressi da tante carenze psicologiche, a causa dei tanti traumi, subiti ma mai affrontati e risolti; sono tante le nostre necessità materiali e fisiche, che conosciamo, o addirittura non conosciamo. Presentiamoci a Gesù, meglio se accompagnati da Maria e Giuseppe, dagli Angeli Custodi e dai Santi Patroni, e anche dai nostri fratelli della Chiesa purgante e militante; riconosciamo con fede la sua onnipotenza, per cui può aiutarci, la sua onniscienza, per cui sa come aiutarci, e la sua bontà infinita, per cui ci ama, ci compatisce e vuole aiutarci; riponiamo in lui la nostra speranza per i suoi meriti infiniti; meglio ancora se abbiamo anche la carità, cioè stiamo in grazia di Dio e amiamo Dio e il prossimo; esprimiamogli i nostri bisogni; affidiamoci a lui circa i tempi e luoghi, in cui ci vorrà aiutare; con umiltà confessiamo che non meritiamo niente, ma confidiamo solo nella sua infinita misericordia. E mettiamoci in attesa, rinnovando spesso la nostra preghiera, finché non ci vediamo esauditi. (b) Gesù vede gli effetti devastanti dell’orribile malattia nel lebbroso e, poiché Egli è buono e lo ama, ne prova compassione, tende la mano, lo tocca ed esprime la sua volontà di guarirlo e purificarlo (41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»). Gesù opera il miracolo e il lebbroso guarisce (42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato); così potrà essere dichiarato legalmente puro ed essere riammesso alla vita familiare e comunitaria, civile e religiosa. Gesù ha oggi gli stessi sentimenti verso di noi ed è disposto a fare anche miracoli per ciascuno di noi, se li vede necessari.

2. (a) Dopo la guarigione, la scena cambia; Gesù fa la faccia dura, dà un severo ammonimento al guarito e lo allontana con modi bruschi (43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito): il lebbroso aveva disobbedito alla Legge dell'AT, che imponeva il distanziamento fisico dalle persone sane; gli ordina di andare a mostrarsi a un sacerdote, per ottenerne la certificazione della guarigione e la riammissione alla vita comunitaria (44 e gli disse: «… va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro»); infine gli proibisce di parlare del miracolo (44 Guarda di non dire niente a nessuno) per evitare assembramenti intorno alla Sua persona, che potevano richiamare l'attenzione sospettosa dei capi religiosi e civili. Gesù ci tiene all'osservanza della Legge di Mosè finché con la sua morte e risurrezione non istituirà la nuova Alleanza, nella quale quelle norme verranno abrogate: ed Egli voleva evitare movimenti eccessivi intorno alla propria persona, perché la gente cercava i beni materiali, e non la Parola di Dio per convertirsi. Stiamo attenti a non condividere questo atteggiamento sbagliato e a cercare  Gesù anzitutto per la sua Parola come insegnamento per andare in Cielo e poi anche per ottenere gli aiuti, di cui abbiamo bisogno. (b) Ma l'uomo incominciò a diffondere subito la notizia della sia guarigione (45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto) sia per la gioia, che sentiva, sia per esprimere la sua gratitudine verso Gesù. La conseguenza fu ciò che Gesù voleva evitare: si dovette tenere lontano dai centri abitati (45 tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città), e restava nei luoghi appartati, dove comunque la gente lo raggiungeva (45 ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte). L'ordine di Gesù di fare silenzio non fu rispettato e così Gesù fu circondato da tanta gente, che lo cercava e si aspettava da lui più miracoli che Parola di Dio per convertirsi. Obbediamo sempre alla Parola di Dio, anche quando non capiamo quello che ci viene chiesto e il perché: Dio è infinitamente più sapiente di noi.

II - Levitico 13,1-2.45-46 – Dio indica a Mosè e Aronne (1 Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse) come regolarsi nel caso di malattie della pelle, che sì  manifestano con ingrossamenti o pustole o macchie bianche e fanno sospettare la presenza della lebbra (2 Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra): chi ne è colpito deve andare dal sacerdote Aronne o dai discendenti (2 quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli); essi lo esamineranno secondo le indicazioni della Legge e daranno il loro giudizio, alcune volte dopo quarantene. Chi ha la lebbra - o ciò che rassomiglia alla lebbra - dovrà allontanarsi dal centro abitato (46 se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento), perché considerato impuro a causa della malattia e per quanto dura (46 Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro); si farà riconoscere da lontano, perché porterà i vestiti strappati, il capo scoperto, la parte superiore della faccia velata e griderà di essere impuro (45 Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”), in modo che le persone, che lo incontrano, evitino di avvicinarsi e di contrarre la malattia, considerata contagiosa. La malattia sfigurava e consumava il corpo ed era incurabile per l’assenza di medicine. Solo un miracolo poteva guarire dalla vera lebbra. Gli antichi, compresi gli ebrei, pensavano che ogni malattia fosse un segno di punizione di Dio per peccati commessi. Dio già nell'AT nel libro di Giobbe dice espressamente che questo non è vero e Gesù nel NT precisa che a volte le malattie sono effettivamente causate dai peccati, come nel caso del paralitico di Gv 5,14, e altre volte no, come nel caso del cieco nato di Gv 11,3. Che cosa dobbiamo pensare noi nei singoli casi? Comunque, quale che sia l’origine dei nostri malanni, dobbiamo avere pazienza nella sofferenza fisica o morale o spirituale e accettarla per espiare i peccati nostri, giacché siamo peccatori, e anche quelli degli altri, come hanno fatto Gesù, Maria e Giuseppe, che, pur essendo senza peccato originale o attuale, hanno affrontato tante sofferenze per i nostri peccati. In questo modo noi valorizziamo le nostre sofferenze per la nostra crescita e maturazione spirituale; siamo più sereni noi e meno pesanti per gli altri, perché non ci lamentiamo; collaboriamo alla salvezza nostra e degli altri per la gloria di Dio. Chiediamo a Dio di avere tanta fede e speranza nel valutare l’utilità della sofferenza e carità nel sopportarla con pazienza, e cerchiamo di sfruttare la Messa e la meditazione e la preghiera in genere come sorgente di forza.

III - 1Corinzi 10,31-1,1 – S. Paolo ci ricorda che la Sua gloria è il fine, per cui Dio ha creato ogni essere, cioè per manifestare la sua potenza, sapienza e bontà, che Egli ha impresse in esso. La creatura razionale deve prendere coscienza di questo e vivere tutta la sua vita interiore ed esteriore in vista del fine: sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio (31), cioè per conoscere, amare e servire Dio e per farlo conoscere, amare e servire dagli altri; se viviamo secondo il fine, Dio ci donerà la salvezza eterna. Ognuno di noi, prima di fare qualsiasi azione, specie se importante, deve chiedersi se essa è utile per raggiungere il fine; se corrisponde al fine, la può fare; se fosse di ostacolo al fine, bisogna rinunciarvi. “Servire Dio” è anche l’osservanza della Parola di Dio, dei comandamenti, dei due precetti dell’amore a Dio e al prossimo… Non basta che ci impegniamo a raggiungere noi il fine, ma occorre aiutare anche il nostro prossimo a raggiungerlo; è un obbligo, quindi, evitare qualsiasi cosa ostacoli la salvezza del prossimo, Giudei o pagani o coloro che appartengono alla Chiesa di Dio (32 Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio). In questo - e in tutto - dobbiamo seguire l'esempio di Paolo, che era disposto per amor di Dio e del prossimo a fare qualsiasi sacrificio, pur di piacere, di rendersi gradevole a tutti in tutto ciò che è bene; egli rinuncia al proprio piacere, interesse o vantaggio, per favorire quello degli altri, pur di assicurare la salvezza dei fratelli (33 così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza). D’altra parte  imitando Paolo, noi  imitiamo Cristo, che Paolo seguiva come modello (1 Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo). Richiamare spesso il fine della nostra vita è tenere accesa una luce, che ci guida alla salvezza eterna. In effetti gloria di Dio e salvezza nostra e degli altri si identificano. Riflettiamo spesso che abbiamo una sola anima: se andiamo all'inferno, falliremo per tutta l'eternità. Non possiamo permettercelo se vogliamo veramente bene a noi e al prossimo e a Cristo, che è morto per salvare noi tutti.

EUCARESTIA. In essa si rende presente lo stesso Gesù, che 20 secoli parlava e trasformava il cuore degli uomini e operava miracoli di guarigioni a coloro che gli si accostavano con fede; la sua potenza e bontà sono le stesse. Se portiamo la stessa fede dei tanti malati corporali e spirituali di allora, avremo anche noi gli stessi miracoli nel contatto con Cristo, presente sotto i segni sacramentali. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, agli Angeli Custodi e ai Santi Patroni, di renderci partecipi della loro fede e carità. 

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