Una citazione che molto spesso è stata insistentemente al centro dei miei pensieri.
Da adolescente mi capitava di sedermi a tavola, invitato di frequente a bere un sorso di vino. Non ero mai stato un grande appassionato, ma una sera decisi di affacciarmi su questa nuova finestra...era giunto il momento.
Per anni amaro e dolce si sono alternati come i colori e le sfumature del vino. Note invisibili sembravano vibrare tra odori intensi e potenti sapori, rivelando l'essenza della vastità dei territori da cui essi provenivano...eppure non m'era mai passato per la mente di comprenderne la genesi, l'origine, insomma non avevo mai pensato a come tutto inizia!
Così, un giorno, mosso dalle parole del celebre scrittore, mi recai da un amico vignaiolo. Marcello si chiamava.
Veniva da un'altra epoca ed era un uomo tutto d'un pezzo, dalle mani tanto dure quanto attente alle piccole cose. Lavorava la terra senza sosta ma non perché dovesse sfruttarla...quanto perché l'amava e non riusciva a star lontano da quei frutti che vedevano la luce grazie al sudore della sua fronte. In principio conoscevo ben poco di Marcello, ma col tempo scoprii che dietro quella sua pragmatica e tenace lena si celava un sapere antico. Era uno di quelli che, guardando il cielo, sapeva dirti che tempo ci sarebbe stato il giorno dopo.
Mi convinsi che per fare del buon vino fosse necessario molto studio...
Marcello fulminò questi pensieri parlandomi della storia della vite, vecchia quasi quanto l'uomo stesso. Mi raccontò della capacità degli antichi di rendere in un calice la forza della terra, di cristallizzare in un sorso dorato il calore del sole e la carezza delle piogge. Fissò il suo sguardo tra le filari della collina e mi disse che il vento dalle montagne correva a valle per indugiare soltanto tra le viti, a rapirne il profumo, perché una volta giunto alla costa il mare stesso ne avesse ad invidiarlo.
Carezzai quei grappoli lucenti, ne sentii la croccante e dolce esplosione sotto ai denti, mentre Settembre imbruniva il cielo del tramonto e Autunno arrossiva le foglie.
"...ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar..."
Questi versi del poeta Carducci, sorti dai cassetti della memoria, mi accolsero come un abbraccio alla vista dei torchi. Un profumo millenario, classico, intenso come di pesca e mela che si tendono la mano.
Marcello, osservandomi, sorrise. I suoi occhi brillavano mentre controllava scrupolosamente il mosto con una grossa forcina, vecchia almeno venti annate. Assaggiai quel succo d'acini ormai ridotti in poltiglia, un concentrato tanto dolce da mozzarmi il respiro.
Marcello afferrò uno strumento a me sconosciuto che chiamò rifrattometro e ci versò sopra una goccia. Sembrava una sorta di monocolo tascabile. Mi chiese di avvicinarlo al migliore dei miei occhi e di osservare, sotto la luce solare, la scala dei valori.
Presero forma due colori ed il confine tra essi ricadde su minuscoli numeretti.
"Quello al centro è il grado alcolico", disse. "Se non lo controlli rischi di ritrovarti con una bella tinozza d'aceto!". La vite, dopotutto, è nobile al punto da restituire comunque un risultato, quale che sia l'attenzione del vignaiolo.
Marcello coprì con un lenzuolo la grande tinozza e lo stesso fece con le altre più piccole...tutt'intorno era un continuo ribollire di mosto, inebriante al punto da mandar via ogn'altro pensiero.
Lo seguii nelle cantine.
Botti alte sino al soffitto...basso, certo, ma anch'esso con le volte a botte, beninteso...occupavano la quasi totalità della camera ed emanavano un odore che sapeva di storia.
Con la mano destra Marcello seguiva la curva del grosso cerchio metallico, che cingeva le rustiche assi di legno. Il suo sguardo fiero.
Poi, come a prendere fiato, disse: "Qui si gioca tutto! Questo è il posto dove il vino riposa, quasi addormentato, per svegliarsi opera d'arte".
- Alessandro De Stefano -