Omelia nella messa di fine mandato in S. Filippo Neri a Barletta
Sia lodato Gesù Cristo…
“Quando al mattino, mi faccio la barba e sono contento,
penso che ormai dovrò cominciare di nuovo a lottar.
Un giorno nuovo m'aspetta per strada, per prendermi a calci,
eccomi pronto, sono già qui per incominciar”.
Inizio parafrasando la strofa di una canzone degli anni Sessanta di Don Backy, per dare un senso al mio stato d’animo, oltre alla forte emozione, nel celebrare con voi questa Eucarestia di fine mandato nella XXVI Domenica del Tempo Ordinario.
Sì, sono contento…
Contento, perché il Signore ha incastonato un’altra bella tessera nella mia vita religiosa e sacerdotale…
Contento, perché mi avete accettato per quel che sono, con i miei limiti e la mia umanità…
Contento, perché non vedo affannarsi nessun pseudo-comitato per presentarsi al Vescovo con la raccolta firme…
Contento, perché insieme ai confratelli e a voi mi son sentito, nella gioia e nella fatica, come in famiglia…
Contento, perché stasera siete in tanti ad amare e ringraziare Gesù…
Sì, dovrò cominciare di nuovo a lottare…
Non mi sento affatto in pensione, il sacerdozio è per sempre, e guai a me se ora tirassi i remi in barca. Il Signore mi chiama ancora ad operare nella sua vigna e sarò pronto, come 42 anni fa, a dire il mio SI.
Essere un pastore di un gregge è lavoro duro e impegnativo, e lo so bene da uomo della Lucania, ma essere un pastore d’anime porta con sé responsabilità ben più grandi. A volte è una lotta, però Gesù rende il nostro giogo “dolce e soave”, e su queste parole del Redentore pongo la mia fiducia e speranza per il futuro, per i giorni che Lui mi concederà di continuare a servirlo.
Sì, eccomi pronto, sono già qui per incominciare…
Credo che siamo tutti cresciuti come persone e come Comunità, avendo come faro traente l’ascolto e la comprensione della Parola di Dio, che ha aiutato noi religiosi e voi laici, a promuovere tante iniziative liturgiche, formative, culturali e conviviali che alla fine hanno dato, nonostante la zizzania, i loro frutti sul terreno buono: “dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta” (Mt 13,23).
Pertanto ringrazio per il servizio reso a Gesù e alla sua Chiesa: l’Azione Cattolica, le famiglie, i Marelliani, i catechisti, gli educatori, i ministranti, i cantori, il volontariato dell’Oratorio, del doposcuola e del GAV “Mons. Raffaele Dimiccoli”. La nostra Comunità ha accompagnato due nostri confratelli, p. Nico Reale e p. Antonio Vignola, nel loro ultimo tratto di formazione al Sacerdozio.
La Parrocchia ha diversi ministri straordinari della Santa Comunione ai malati, come ministri istituiti si è arricchita di cinque lettori e due accoliti nel servizio liturgico, ed altri si stanno preparando… e consegno a p. Antonello Barbaro, Parroco subentrante, di continuare a seguire una mia proposta già depositata in Curia arcivescovile di candidatura – a Dio piacendo – al Diaconato permanente. Ogni Comunità ha bisogno di continuare a crescere in tutto, a cominciare dalla comunione, perché anche in campo spirituale si dice che: “Non migliorare, vuol dire peggiorare!” e p. Antonello mi ha assicurato, senza che glielo chiedessi, che il suo stile sarà nella continuità.
La Parola di Dio di questa Domenica, sia nella Prima Lettura che nel Vangelo, ci interpella mettendoci in guardia con le parole di Mosè (“Fossero tutti profeti nel popolo del Signore”) e di Gesù (“Chi non è contro di noi, è per noi”). Entrambi ci ammoniscono dall’esercizio di un Cristianesimo esclusivo, dove sembra necessario un “bollino di appartenenza” o dove il “nostro gruppo” è migliore del vostro. Questo non è Cristianesimo, non è l’esercizio profetico ricevuto nel Battesimo, ma l’espressione di quelle “chiesette e chiesuole” che si nutrono di invidia e rivalità oppositiva. Questo è uno scandalo agli occhi di Cristo e della sua Chiesa e, purtroppo, in molte Comunità è facile cadere e persistere in queste contrapposizioni.
Invece Gesù ci chiede di vivere un Cristianesimo inclusivo, dove lo Spirito ha la possibilità di consacrare relazioni autentiche di comunione.
Pertanto allarghiamo i nostri orizzonti e cerchiamo, con la grazia dello Spirito, di essere – come dice Papa Francesco – una “Chiesa in uscita”, altrimenti finiremo solo “a fare salotto” in sagrestia o negli ambienti parrocchiali.
(Saluti, ringraziamenti, auguri alla Comunità e al nuovo Parroco)
Il nostro Fondatore, S. Giuseppe Marello ci indica S. Giuseppe come modello: nel mio piccolo mi sono impegnato ad imitarlo, per grazie di Dio, nella paternità spirituale verso tutti voi, forse anche aiutato dal mio carattere schivo e silenzioso.
Pregherò il Signore affinchè continui a riversare sulla Comunità parrocchiale di S. Filippo Neri innumerevoli tesori di grazie, in particolare la Beatificazione del Venerabile Mons. Raffaele Dimiccoli.
Concludo con le parole del Divino Maestro tratte dal Vangelo di Luca (17,10):
“Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
P. Vincenzo Telesca, osj