tempo pasquale domemica 6B
I - Giovanni 15,9-17 1. Gesù afferma che il Padre lo ha amato dall'eternità (9 Come il Padre ha amato me) e Lui ha perseverato nell'amore verso il Padre, facendo sempre volontà del Padre (10 come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore), dandogli questa obbedienza come segno del suo amore per Lui: in questo modo ha anche consentito al Padre di continuare ad amarlo con gioia. La gioia del Padre per l’obbedienza di Gesù è anche la gioia di Gesù, perché Egli tutto riceve dal Padre (Gv 16,15; Mt 28,18; Gv 13,3). Ma Gesù ama i suoi discepoli come il Padre ama lui (9 anche io ho amato voi) e invita i discepoli rimanere nel suo amore (9 Rimanete nel mio amore); anch’essi persevereranno nel loro amore per Gesù se osserveranno i suoi comandamenti, dandogli quest’obbedienza come segno del loro amore per Lui (10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore), e così consentiranno a Gesù di continuare ad amarli con gioia. Ma la gioia di Gesù si comunica ai discepoli, che godranno di gioia perfetta perché è la stessa gioia del Padre, che attraverso Gesù si comunica ai loro cuori (11 Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena). Crediamo all'amore del Padre per Gesù e alla sua obbedienza al Padre e alla loro gioia; crediamo alla parola di Gesù circa il suo amore per noi e che, se faremo la sua volontà, gli consentiremo di amarci con gioia e la sua gioia ci invaderà. Adoriamo e ringraziamo Dio anche perché ha voluto questo nel piano di salvezza. E’ esperienza comune che sentirsi amati è fonte di gioia ed elemento fondamentale per la maturazione psicologica, affettiva e intellettiva, della persona umana. Specie il bambino e l’adolescente devono sentirsi amati (come suggerisce San Giovanni Bosco) e così diventano capaci di amare, partendo dall'esperienza di amore che fanno in famiglia, e anche fuori. Per quanto riguarda l'adulto la felicità sta nella sua capacità di amare e di provocare la risposta di amore degli altri nei suoi confronti; ma sarà capace di amare nella misura in cui è “buono”, cioè ha sviluppato le potenzialità positive, le buone qualità, che lo rendono amabile: questo nell’ambito naturale; nell'ambito soprannaturale l'amore ci viene direttamente da Dio, per mezzo del battesimo, col dono dello Spirito Santo, che ci rende capace di amare Dio e il prossimo gratuitamente, anche chi non ci ama e ci fa soffrire. Impegniamoci a sviluppare le nostre buone qualità per renderci amabili.
2. Gesù afferma il suo amore per i discepoli (12 come io ho amato voi) e parte da questo amore per comandare loro l'amore reciproco, prendendo il suo amore per loro come fondamento e causa e modello del loro amore reciproco (12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri). La prima prova del suo amore per loro è il fatto che Egli li tratta come amici, che svela loro i segreti più intimi, tutto quello che il Padre ha rivelato a lui (15 ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi) e non si comporta con loro come con i servi, i quali ignorano la vita intima del padrone (15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone): l’amore non ha segreti... La seconda prova d'amore è la scelta che Gesù ha fatto di loro, di sua iniziativa e senza che loro se lo aspettassero (16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi); questa scelta è una chiamata in vista di una missione, quella di produrre frutto abbondante e duraturo nel campo soprannaturale, nella costruzione del Regno di Dio in se stessi e negli altri (16 e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga). Questo frutto abbondante e permanente è dono generoso del Padre, che lo concederà certamente ai discepoli se lo chiederanno in unione con Gesù, nel suo nome, così come qualsiasi altra grazia (16 perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda). Ma la prova suprema d'amore Gesù la darà ai discepoli a brevissima scadenza: donerà la sua vita per la loro salvezza, trattandoli da amici: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (13). Ed essi daranno a lui la prova che lo trattano da amico se metteranno in pratica il suo comandamento (14 Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando), quello dell'amore reciproco: Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (17). Gustiamo l'amore di Gesù per i discepoli, che è anche l'amore suo per noi, e con gli stessi doni, che ha fatto loro: la scelta, la chiamata e missione, la sua vita donata per noi. E impegniamoci a rispondere a quest’amore col nostro amore, per cui amiamo il prossimo per amor suo e come sua persona.
II - 1Giovanni 4,7-10 1. Dio è amore (8; 4,16); San Giovanni vuol dire che Dio è bontà infinita, e pieno di tutte le migliori qualità, che può avere un essere dotato di intelligenza e volontà. Poiché Dio è infinitamente buono e perciò capace di amare infinitamente, manifesta il suo amore infinito verso gli uomini, mandando il suo Figlio unigenito nel mondo come uomo perché gli uomini abbiano la vita divina per mezzo di lui (9 In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui). Concretamente questo significa che il Padre l'ha mandato a versare il suo sangue (questa era la sorte delle vittime di espiazione per i peccati) perché noi potessimo ricevere il perdono dei peccati (10 ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati). Giovanni conferma queste affermazioni dicendo che in questo consiste l'amore vero (10 In questo sta l’amore) e che non siamo stati noi a prendere l'iniziativa di amare Dio - e neanche ne eravamo capaci -, ma è stato lui per primo ad amarci (10 non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi; cfr 1Gv 4,14.19). Maria e Giuseppe furono fra i primi e fra quelli che meglio compresero quest’amore infinito di Dio, che si esprime in doni infiniti: il Padre dona se stesso a noi nel Figlio e nello Spirito Santo. Di fronte a queste affermazioni di S. Giovanni non possiamo fare altro che dire: crediamo all'amore di Dio per noi (1Gv 4,16). Sentiamoci sommersi dall’amore di Dio per noi, che appare incredibile nella sostanza e nelle manifestazioni per noi, sopratutto nei doni del Figlio e dello Spirito Santo. Crediamo, adoriamo, ringraziamo, amiamo, gustiamo, lodiamo, benediciamo.
2. Dio è amore (8; cfr 4,16) e da lui proviene l'amore (7 perché l’amore è da Dio): amandoci per primo (10 cfr 4,19), ci accende d'amore per lui. In effetti Paolo dice che l'amore di Dio, cioè l'amore che Dio ha per noi, è stato diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (cfr Rom 5,5); nel battesimo, grazie a questo amore soprannaturale nell'origine e nelle espressioni, noi possiamo amare Dio e il prossimo, come ci esorta Giovanni (7 Carissimi, amiamoci gli uni gli altri). Questo amore reciproco diventa segno che siamo stati generati da Dio e quindi siamo suoi figli (7 chiunque ama è stato generato da Dio), cioè chi ama Dio e il prossimo con amore soprannaturale, necessariamente conosce Dio in modo soprannaturale per la fede in questo mondo e lo conoscerà per la visione nell'eternità (7 e conosce Dio). Invece chi non ama si trova nell'impossibilità di conoscere Dio (8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore) per il fatto che il simile conosce il simile per connaturalità e quindi la vera scienza effettiva e affettiva sa che Dio è sommo Bene e Amore e Lo imita per quanto è possibile (Mt 5,48; 11,27-29; Lc 6,36). Senza voler generalizzare, comunque appare che (a) chi non ama non è capace di riconoscere l'esistenza di Dio e le sue caratteristiche per mancanza di connaturalità con lui e (b) chi si sforza di amare arriva alla conoscenza di Dio, alla fede, perché sta creando già la base del suo rapporto con Dio. Ringraziamo Gesù per avere istituito il battesimo e per il dono dello Spirito e delle virtù infuse, anzitutto quelle teologali, che già creano nel bambino l’orientamento verso la pratica della fede, della speranza e della carità, che ci fanno vivere da divinizzati, e di tutte le virtù cardinali e morali, che ci fanno vivere da uomini veri.
II - Atti degli Apostoli 10,25-26.34-35.44-48 1. Cornelio, un ufficiale romano in Cesarea e uomo profondamente religioso, ha una visione, nella quale gli viene detto di mandare a chiamare Simon Pietro che sta a Giaffa; e lui così fa (10,1-9); mentre i soldati si avvicinano alla casa di Pietro, questi ha tre volte la visione di una tovaglia grande, contenente animali di ogni specie, e riceve l'ordine di mangiarli; siccome alcuni non erano commestibili secondo la Legge ebraica, Pietro fa resistenza ma l'ordine ritorna perentorio (10,9-16). Proprio in quel momento arrivano i soldati di Cornelio, che spiegano a Pietro il motivo dell'invito del loro ufficiale; il giorno seguente insieme vanno a Cesarea, a casa di Cornelio, dove trovano riuniti i suoi parenti e amici intimi (10,17-24). Cornelio fa un gesto di prostrazione davanti a Pietro, considerandolo un inviato dal cielo (25 Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio) ma Pietro gli ricorda che è un semplice uomo come gli altri (26 Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anche io sono un uomo!»); poi parla ai presenti e dice fra l'altro che si sta rendendo ben conto che Dio tratta tutti gli uomini alla stessa maniera (34 Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone); in effetti Dio ama tutti quelli che credono in lui e vivono secondo la sua volontà, senza tener conto a quale popolo appartengono (35 ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga). Dio ama tutti gli uomini: ama con gioia quelli che fanno la sua volontà, osservandone i comandamenti, e con sofferenza quelli che non li osservano; comunque per la salvezza di tutti consegna suo Figlio alla morte (Rom 5,6-11) e a tutti offre i mezzi di salvezza; tra questi uno dei più importanti è il missionario, prete o no, che annunzia la salvezza e che bisogna accogliere come se fosse Cristo stesso (Lc 10,16), con la riverenza e il rispetto di Cornelio per Pietro; ovviamente il missionario deve annunciare la Parola di Dio secondo la volontà di Dio. Chiediamo perdono perché non sempre consentiamo a Dio di amarci con gioia e perché non sempre accogliamo i doni di Dio con fede; non accogliamo con fede, purtroppo, in particolare il sacerdote, di cui tendiamo a vedere solo i lati umani e ne sottolineiamo solo quelli negativi: correggiamoci perché le nostre critiche e pettegolezzi dispiacciono al Signore e allontanano i deboli dalla fede; il prete renderà a Dio conto dei suoi peccati e ciascuno di noi renderà conto dei propri.
2. Pietro predica il giorno di Pentecoste (2,14-36), e a quelli che chiedono come si possono salvare (2,31.40) risponde che, presupposta la fede nella Parola ascoltata, occorreva convertirsi, ricevere il battesimo e il perdono dei peccati, ma soprattutto il dono dello Spirito Santo (2,38-39). In questa occasione, invece, all'ascolto della Parola e alla fede dei presenti segue subito il dono dello Spirito Santo (44 Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola), con il segno del parlare in lingue (46 li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio); grande è la sorpresa dei credenti, provenienti dall'ebraismo (45 E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo). A questo punto Pietro osserva giustamente che non si poteva differire il battesimo a coloro che già avevano ricevuto lo Spirito Santo (46-47 Allora Pietro disse: 47«Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?»), ordina di battezzarli nel nome di Gesù (48 E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo) e si ferma lì alcuni giorni con i nuovi condiscepoli, su loro invito (48 Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni). Il Figlio di Dio si fece uomo e redense gli uomini per dare loro lo Spirito Santo e farli figli di Dio; i sacramenti, a iniziare dal battesimo, danno lo Spirito Santo: questa è la via ordinaria, stabilita da Dio, il quale però si riserva la sua libertà di seguire altre vie, come questa volta, dando lo Spirito prima il battesimo. Crediamo e seguiamo la via ordinaria, pronti ad accettare le vie straordinarie che Dio potrebbe scegliere per noi o gli altri.
EUCARISTIA. Nella Messa esercitiamo la fede nella Parola di Dio, che ci viene annunciata da Gesù Maestro per mezzo del ministro, e soprattutto nella trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, e pratichiamo anche l’amore verso Gesù e i fratelli, che ci viene comunicato dallo Spirito Santo, dono speciale di Gesù nella nostra comunione eucaristica. Preghiamo la Madonna e S. Giuseppe, i nostri Angeli Custodi e Santi Patroni, di ottenerci la grazia di rafforzare la nostra unione con Cristo, sotto la guida dello Spirito Santo, con la pratica della fede, speranza e carità