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L'omaggio a Trapattoni

Compie ottant’anni il mister più vincente del calcio italiano, Trapattoni, che ha vinto in Italia ed in Europa con diverse squadre - dalla Juve all’Inter, dalla Fiorentina al Bayern - anche se il suo nome rimane indissolubilmente legato ai colori sociali del club degli Agnelli, con il quale ha vinto tutto ciò che si poteva vincere a cavallo fra gli anni Settanta ed Ottanta.
Ma, Trapattoni rimane un punto di riferimento nel nostro calcio non solo per i suoi indubbi meriti tecnici e sportivi, tant’è che egli è apparso simpatico, finanche, a coloro che juventini non lo sono mai stati.
È stato un uomo trasparente, molto schietto ed onesto: cosa, questa, difficile in un ambiente, come il calcio professionistico, che è compulsato da mille interessi differenti.
Il suo rapporto con l’Avv. è stato molto intenso: egli stesso racconta che Gianni Agnelli lo telefonava puntualmente ogni lunedì mattina molto presto per avere informazioni sulla condizione della squadra e per scambiare con lui idee e visioni del calcio.
Ma, chi può dimenticare la famosa conferenza stampa al Bayern, in cui - certo - non la mandò a dire ai baroni dello spogliatoio del club bavarese, accusati da lui di non essere degli atleti modello?
Peraltro, per quanto sia stato molto vincente, non ha mai avuto dalla sua i favori della critica.
Infatti, negli stessi anni dei suoi successi, in Europa ed in Italia, si affermava il calcio a zona degli Olandesi, per cui è stato etichettato – non sempre a ragione – come l’esponente del calcio all’italiana, fatto di catenaccio e di lanci lunghi per le punte.
Non è un caso se la sua parabola discendente in Italia è iniziata quando il corifeo del calcio olandese, Sacchi, ha iniziato a vincere tutto quello che si poteva con il Milan, dimostrando in modo plastico come quella di Trapattoni fosse una maniera di intendere il calcio vecchia e desueta.
Ed, allora, eccolo in azione in Germania, dove ha portato al successo il team più importante dell’intero movimento sportivo tedesco.
Ma, Trapattoni rimane, pur sempre, un’icona del nostro sport: forse, il più meridionale degli allenatori italiani, benché non sia nato al Sud, per la tempra che lo ha segnato.
Buona vita, mister Trap, auspicando che il suo esempio di tecnico e di persona venga seguito da chi, oggi, frequenta gli stessi suoi ambienti, in un contesto complessivamente più difficile di quello del secolo scorso.

Rosario Pesce
 

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