La corruzione: un male italiano
La corruzione è, sempre, stata considerata un male tipicamente italiano; le ultime vicende romane dimostrano come la cattiva pianta della corruttela, diffusa ed ampia, non sia mai scomparsa dal nostro Paese, nonostante venti anni fa il ciclone di Tangentopoli abbia distrutto tanti partiti ed un’intera classe dirigente.
Sembra, anzi, che, da quel momento in poi, la corruzione sia aumentata vertiginosamente nel nostro Paese e ciò è accaduto per una serie di svariati motivi.
Innanzitutto, per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione, i centri di spesa sono aumentati in forma esponenziale, per cui sono cresciute le possibilità materiali per burocrati, con scarso senso dello Stato e deprecabile sentimento della legalità, di soddisfare i loro appetiti famelici attraverso il ricorso sistematico a meccanismi di gestione di dubbia legalità.
Inoltre, negli ultimi venti anni, è certamente peggiorata la classe politica italiana: quella pre-Tangentopoli era, comunque, il frutto di un momento storico nel quale le istanze ideali, per quanto tendenti a scomparire, erano ancora presenti, mentre il ceto odierno è, per lo più, composto da personaggi in cerca d’autore che, attraverso la politica, ricercano solo il mezzo per un facile, rapido arricchimento e, soprattutto, per una veloce ascesa sociale, dato che sono, sovente, privi delle nozioni elementari di diritto e di cultura filosofica, necessarie per nutrire un’accettabile visione ideale dello scontro istituzionale.
Una delle cause di un siffatto peggioramento della condizione morale del Paese è, invero, rappresentata dalla volontà, sempre più radicata negli Italiani, di procedere ad un disordinato ricambio generazionale, come se questo possa, di per sé, assicurare la qualità.
I fatti storici dimostrano, invece, il contrario: l’anagrafe, spesso, non solo non garantisce onestà e competenze, ma addirittura diviene sinonimo di vizi, difficilmente eradicabili dall’animo italico.
Infatti, le ultime generazioni credono, in modo fallace, che il successo possa essere raggiunto, percorrendo la strada più breve e meno faticosa, per cui – sovente – si affacciano all’impegno politico, perché sanno bene che esso può divenire un fattore di ascesa molto più immediata di tanti anni di studio o di un’attività lavorativa, seriamente condotta, nel campo delle libere professioni o del pubblico/privato impiego.
Così, la corruzione è dilagata e, soprattutto, nel corso dell’ultimo decennio, le cifre, che la raccontano, sono letteralmente esplose: non è un caso se, nel corso della Seconda Repubblica, il debito statale è quasi raddoppiato rispetto a quello lasciato in eredità da Craxi, Forlani e Andreotti, a dimostrazione che la voracità dei dirigenti della Pubblica Amministrazione e della classe politica ha fatto sì che l’Erario divenisse, agli occhi dei corrotti, un tesoretto, che andava aggredito e privato delle sue enormi ricchezze.
Per effetto, dunque, di una simile mentalità, che né la scuola, né la Chiesa sono riuscite ad eliminare dall’animo di molti nostri cinici concittadini, l’Italia versa nelle condizioni odierne: una corruzione dilagante, che non solo fa scomparire somme ingenti di danaro di noi tutti, ma in particolare arreca moltissimi danni alla comunità nazionale, perché ogni Italiano, vedendo la moltiplicazione di esempi cattivi, si ritiene in diritto di emulare i modelli peggiori, per cui, nello spazio della propria attività professionale, si sente autorizzato ad evadere le tasse o, comunque, a sottrarre in forme diverse danaro allo Stato, considerato un nemico, che va derubato delle sue sostanze, alla stessa maniera di come le diligenze, nell’Ottocento, venivano aggredite e depredate nelle sterminate e sabbiose distese del continente americano.
Così, evidentemente, viene meno il senso della comunità: ogni soldo, tolto in modo indebito all’Erario, produce un potenziale servizio in meno per le fasce deboli della società, che diventano, perciò, sempre più vulnerabili ed indifese.
D’altronde, il danaro, acquisito in modo illegittimo, tende ad essere più volatile di quello sudato, per cui anche le ricchezze, che vengono formandosi attraverso la consumazione di reati squallidi, sono destinate a volatilizzarsi nel breve lasso di tempo, che può essere necessario per l’acquisto di beni e servizi, meramente, voluttuari.
Si sa, infatti, che chi vive di ladrocinio, per lo più, non ha il senso del futuro, né di quello suo, né di quello della comunità, per cui, pensando che la vita possa essere paragonabile ad un’incessante lotteria, si limita a vivere il presente come dimensione assoluta, nella quale consuma i frutti illeciti del proprio disdicevole lavoro, intuendo che, dal giorno immediatamente successivo, dovrà mettersi all’opera per realizzare l’ennesimo, impunito illecito, che gli consenta di soddisfare il desiderio effimero legato ad un benessere, solo, apparente.
Per tal motivo, non solo sono peggiorati, nel corso di questi anni, i conti pubblici, ormai ridotti in condizioni pessime, ma è peggiorata sensibilmente la coscienza civica degli Italiani, che appaiono privi del tutto della necessaria coesione sociale, visto che, atteggiandosi con i propri simili come se fossero avversari in una competizione priva di regole, essi non possono che sentirsi nemici del proprio interlocutore, di quello al quale, appunto, attraverso le proprie attività illecite sottraggono, indirettamente, la fruizione di un possibile, prezioso bene pubblico.
Quale futuro toccherà, allora, ad un Paese simile?
Ormai, è sotto gli occhi di tutti che l’Italia sta per essere sempre più colonizzata da interessi stranieri: i capitali, che arrivano a rivitalizzare il nostro sistema industriale, sono o nord-americani o asiatici o arabi, mentre la manodopera, che sta progressivamente soppiantando quella italiana, è costituita di nord-africani o di individui immigrati dall’Europa dell’Est.
Pertanto, è possibile ipotizzare che, fra venti anni, quando la presenza di siffatti capitali e di questi nuovi cittadini italiani sarà sempre più diffusa, la morale dei nostri connazionali, che sopravviveranno ad un cambiamento razziale e culturale così forte, potrà finalmente divenire più educata ai valori civici e si potrà acquisire il necessario senso dello Stato e della comunità sociale, che oggi - tragicamente e tristemente - langue?
Rosario Pesce