L’Italia dei poteri forti
In queste ultime settimane, abbiamo potuto assistere ad uno spettacolo, che poco si addice ad un Paese, che aspira ad essere fra i più importanti del mondo occidentale: da una parte, il Premier, che dileggia continuamente i sindacati e quanti, legittimamente, scioperano per una prospettiva professionale migliore di quella che il presente, assai triste e gramo, è in grado loro di offrire; dall’altra parte, invece, qualche dirigente sindacale che si lascia sfuggire battute infelici, che presentano il grave tratto della contumelia, pur in risposta all’offesa gratuita ricevuta dall’interlocutore.
È evidente che, continuando su questa strada, si rischia, per dirla in metafora, di andare a sbattere contro il muro: ovviamente, come capita in occasioni simili, a perdere sono tutti i protagonisti della vicenda, sia quelli che hanno responsabilità diretta nel prolungare un dibattito di basso livello, sia coloro che ne sono vittima sacrificale, visto che si discute (o si dovrebbe discutere), innanzitutto, delle loro sorti.
Allora, a perdere in primis è il Presidente del Consiglio, che, da quando governa il Paese, è impegnato in una Crociata ininterrotta contro i Sindacati e le organizzazioni del mondo del lavoro, come se questi fossero i colpevoli unici della situazione odierna.
Certamente, i sindacati, essendo stati una parte importante della nazione, non possono tirarsi indietro dal balletto delle responsabilità, in questo momento in atto sia sui media, che nei luoghi istituzionali
È, però, altrettanto vero che ad essere responsabile del fallimento è, pure, Confindustria, ma non ci pare di aver ascoltato una sola parola, proveniente da Palazzo Chigi, contro gli industriali italiani, che sono invero il principale sponsor del Premier.
A venire sconfitto, quindi, dalla contingenza attuale non solo è il Presidente del Consiglio, in quanto incapace di gestire il conflitto sociale ed, in particolare, di prevenirlo, ma ne esce molto male il Paese, di cui i poteri forti sono lo specchio più fedele: pronti a partecipare da commensali al banchetto, quando c’erano i motivi per festeggiare, ma altrettanto abili nello scappare, quando la festa rischia di trasformarsi in un triste evento.
Dicevamo, appunto, i poteri forti; espressione, questa, abusata, per cui in Italia, leggendo giornali ed ascoltando i vari leaders, sembra quasi che essi non siano mai esistiti ovvero siano stati presenti in ogni luogo ed in ogni tempo: esagerazioni entrambe false, perché non restituiscono l’immagine effettiva della nostra storia.
Generalmente, per poteri forti si intendono tutti quei centri di potere, che sono in grado di incidere sulle scelte dello Stato, finanche in assenza di una diretta rappresentanza parlamentare o partitica.
Orbene, sono stati poteri forti gli industriali, scappati di recente all’estero, così come lo sono stati i sindacati, che, per un ventennio circa, hanno rinunciato a lottare in favore degli interessi, che avrebbero dovuto - per statuto - tutelare.
Ma, per potere forte non si può, anche, intendere chi, in virtù del sostegno dei media, giunge a governare il Paese, non essendo, neanche, Parlamentare della Repubblica?
Potere forte non è, forse, l'editore, in possesso della tessera di questo o quel partito, il cui giornale contribuisce a formare il giudizio dei propri lettori in cambio, talora, di cortesie imprenditoriali, opportunamente nascoste in decreti “omnibus”, di cui la pubblica opinione non verrà mai a conoscenza, a meno che non voglia leggere ogni articolo ed i relativi commi della Legge di Stabilità?
Potere forte non è il Parlamentare che viene eletto in rappresentanza di un popolo, che egli non conosce, dal momento che, essendo nominato da una lista bloccata, non ha l’onere di andare a bussare alla porta del cittadino, per chiederne il voto?
Potere forte non è, forse, l’imprenditore che urla contro i propri colleghi, pur essendo stato assistito, in modo determinante, nella sua ascesa economica dalla politica del passato, come da quella del presente e - molto probabilmente - da quella futura, nella misura in cui, attraverso un suo impegno elettorale diretto, sarà in grado di garantirsi ciò che egli rischia di non ricevere più da terzi?
L’Italia odierna è, dunque, in mano a poteri più o meno forti, laddove la forza viene fissata in base al discrimine della provenienza: se si tratta di un potere meramente nazionale, sarà una forza ormai prossima a giungere all'epilogo, mentre, se è un potere internazionale, europeo o di oltreoceano, sarà sempre più determinante nelle sorti future.
Evidentemente, un Paese, diretto dai poteri forti, è dominato dal conflitto d’interessi: gradiremmo ascoltare qualche parola dal Premier su tale tema, ma – finora – abbiamo sentito solo rari balbettii, a testimonianza del fatto che il male sia molto più difficilmente eradicabile di quanto non si pensi.
In attesa, dunque, che i poteri forti si eclissino per naturale dinamica - molto improbabile, invero - non possiamo che affidarci allo Spirito Santo o, finanche, questo è un potere forte, forse l’unico, effettivamente, meritevole di un siffatto titolo?
Rosario Pesce