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In difesa del Sindaco Marino

Nei giorni scorsi, i fatti accaduti a Roma hanno creato un allarme sociale rilevantissimo, visto che la comunità di un intero quartiere (Tor Sapienza), di circa sedicimila abitanti, si è ribellata duramente contro gli extra-comunitari, ospitati presso il Centro di Accoglienza, esistente in quell’area dal 2011, chiedendo che gli ospiti della struttura venissero trasferiti altrove, dato che vengono giudicati responsabili del degrado circostante. 
Molto probabilmente, i fatti incresciosi sono accaduti a seguito di una guerriglia, ormai divenuta classica, fra la criminalità locale e quella presente all’interno del C.I.E., per cui, a seguito di ripetuti episodi di conflittualità, era inevitabile che esplodesse la rabbia, pur legittima, di cittadini che si vedono privati dei giusti servizi, anche se, evidentemente, sbagliano nell’individuare, nell’esistenza del Centro sul loro territorio, la causa di ogni male. 
Infatti, è ovvio che la decisione, assunta dalla precedente Giunta Alemanno, di portare gli extra-comunitari in quell’area, ha aggravato una condizione precaria, già esistente molto prima del 2011, dal momento che le periferie delle grandi città meriterebbero interventi di ripristino di condizioni minime di legalità e massicce politiche di consolidamento della vivibilità urbana, dato che esse vengono a trovarsi in una condizione, che rende disumana la vita civile. 
A pagare il prezzo più alto è stato, inevitabilmente, il Sindaco Marino, il quale, eletto da pochissimo tempo, è salito agli onori della cronaca, nelle stesse giornate della ribellione del quartiere, per accadimenti che afferiscono a presunte, reiterate multe non pagate. 
Il chirurgo, prestato alla politica ed alla delicatissima attività di pubblico amministratore, quindi si è trovato a vivere un momento non felice, attaccato dalla stampa, che molto probabilmente è stata compulsata dagli avversari tradizionali della Giunta Marino, cioè la Destra romana neo-fascista, a cui si è aggiunto - come si dice in gergo - finanche il fuoco amico dello stesso partito di appartenenza del Sindaco, cioè il PD, che, per effetto di un meccanismo di faida interna, non ha difeso adeguatamente il Primo Cittadino, chiedendone addirittura le dimissioni o, in alternativa, avanzando la richiesta del rimpasto della Giunta, consentendo così di allungare la longa manus degli organismi partitici sull’attività del più importante Ente Locale italiano. 
Naturalmente, passato il momento critico, è opportuno fare una riflessione pacata, tanto più in difesa di una personalità che, forse, appare troppo debole per il delicato incarico che svolge, in una città peraltro piena di conflitti, dove le inimicizie e gli odi sono elementi che possono portare al fallimento chi non vanta una lunga esperienza istituzionale, avendo fatto per anni - come nel caso di Marino - un altro mestiere. 
È ovvio che, in merito al caso dell’aggressione della comunità di Tor Sapienza contro gli immigrati stipati nel Centro di Accoglienza, il Sindaco paga gli errori della precedente Amministrazione, che deliberò di collocare in un’area, già martoriata, una struttura che accresceva il degrado, così come inevitabilmente sono presenti responsabilità dei Governi nazionali. 
Essi, nel corso degli ultimi anni, hanno sposato la politica fallimentare mirata alla costruzione dei Centri, che, in moltissimi casi, si sono dimostrati dei veri e propri ghetti, dove si affollano decine di migliaia di immigrati, che vivono in condizioni igienico-sanitarie assai precarie, e dove non può non proliferare la criminalità, che si avvale, anche, della collaborazione dei gruppi malavitosi locali, che vivono in aree limitrofe a quelle dove sorgono siffatte strutture. 
Il momento, che vive la città di Roma e l’Italia intera, è certamente delicato, visto che i motivi di conflittualità sono numerosi e tutti altamente pericolosi, perché l’opinione pubblica, tanto più quando viene sollecitata in tal senso dai media, tende ad individuare un capro espiatorio, su cui sfogare le proprie frustrazioni. 
Gli immigrati sono la parte debole della società, perché essi, da apolidi, non hanno né una terra, né degli affetti, che li possano confortare in frangenti di scoramento; peraltro, sono additati ai poveri Italiani come il nemico principale, perché per la loro accoglienza lo Stato spende circa 40 euro al giorno che, nella propaganda dei gruppi xenofobi, verrebbero sottratti ai nostri connazionali. 
Ovviamente, una siffatta ricostruzione è, assolutamente, falsa, visto che tutto quel danaro non viene consegnato direttamente agli extra-comunitari, ma è dato agli Italiani, che accolgono gli stranieri. 
Molto spesso, i nostri connazionali non hanno scrupoli e, pur di rendere massimi i profitti, sono pronti ad ammassarne diverse decine nello spazio di pochissimi metri quadri, per cui la condizione diviene invivibile sia per gli stessi ospiti, che per gli altri Italiani, che vivono nelle immediate prossimità di tali strutture, spesso fatiscenti e recuperate ad hoc per offrire un simile servigio. 
È pleonastico sottolineare che, molto spesso, gli albergatori o i titolari delle aree, dove vengono accolti gli immigrati, sono contigui con la grande criminalità, per cui il triste business dell’accoglienza diventa un fattore ulteriore di arricchimento della nostra malavita, che incassa per intero (o quasi) la cifra, che lo Stato riconosce a quanti danno ospitalità a questi poveri individui. 
È evidente che una situazione siffatta non può andare oltre, dal momento che potrebbe a Roma, come in qualsiasi altra città italiana, scoppiare una vera e propria guerriglia urbana fra gli extra-comunitari ed i comitati di quartiere, che possono agire certo in buona fede, così come possono essere compulsati in tal senso dal capobastone di turno, che decide di liberare, finalmente, il suo territorio dalla presenza ingombrante di Centri maleodoranti e sempre più affollati. 
La responsabilità di tutto, quindi, passa dagli Enti Locali al Governo nazionale, che deve ipotizzare forme di assistenza ben diverse rispetto a quelle finora realizzate, perché i costi affrontati – circa due miliardi di euro – non garantiscono né la qualità dell’accoglienza, né la riuscita dell’integrazione, producendo anzi le ragioni di un vero e proprio conflitto interetnico fra Italiani e quanti, molto spesso, sono solo di passaggio sul territorio nazionale. 
Infatti, la rotta dell’immigrazione africana prevede che, per lo più, l’Italia sia solo il luogo di approdo in Europa, mentre le richieste di asilo vengono rivolte ai Paesi ricchi del vecchio continente, Germania e Francia, che, nel primo trimestre dell’anno in corso, hanno ricevuto rispettivamente il triplo ed il doppio delle domande destinate all’Italia. 
Quindi, il disagio, se ben gestito, non può che essere limitato, mentre l’onere dell’accoglienza va a carico, fondamentalmente, delle economie del Nord Europa, ben più sviluppate della nostra e, dunque, in grado di offrire opportunità lavorative a chi sfugge dalla miseria e da cruente dittature. 
In tale contesto, non è giusto che un sindaco paghi oltremodo il prezzo della sua inesperienza: un politico, forse ben più scaltro dello stesso Marino, non avrebbe avuto difficoltà a far ricadere su altri i legittimi oneri per gli errori, molteplici e gravi, commessi - per lo più - nel recente passato. 
È giusto, pertanto, confermare la fiducia a chi sta operando in una condizione di assoluta difficoltà, dovendo far fronte a limiti atavici della macchina burocratica italiana ed essendo chiamato a fronteggiare, contemporaneamente, pericolosi tentativi di condizionamento ed inquinamento della vita civile da parte di gruppi criminali, che invero non rinunciano mai a gestire il territorio di loro competenza, con i metodi che può usare chi vìola la legge, in modo sistematico, in nome di un proprio codice di comportamento. 




Rosario Pesce

 

 

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