Un appello alla moderazione
È noto che il Paese stia vivendo il momento peggiore della sua storia recente: molto inquietante è l’episodio dei disordini, accaduti ieri a Roma, che hanno visto per protagonisti gli operai della ThissenKrupp di Terni, i quali sarebbero stati caricati in occasione di un tentativo di occupazione dell’area limitrofa alla Stazione Termini.
Non entrando nel merito dei fatti di cronaca, che saranno oggetto di approfondimento da parte delle autorità competenti, è giusto, però, mettere in evidenza come esiste un disagio diffuso ed ampio.
È opportuno, pertanto, che esso trovi un’espressione democratica, onde evitare che possa, poi, lo scontro sociale sfociare in ciò in cui non dovrebbe mai degenerare.
Per tal motivo, non possiamo non auspicare che i vertici politici stemperino la situazione attuale, visto che, nelle ultime settimane, sono volati giudizi troppo forti da una parte e dall’altra.
La moderazione è, sempre, una delle virtù fondamentali, cui bisogna far ricorso quando si corre il rischio di andare incontro ad una dinamica del conflitto, che può debordare dai limiti della civiltà e della democrazia.
Per tal motivo, stigmatizziamo atteggiamenti che possono, in modo anche involontario, accendere la miccia in una contingenza nella quale sarebbe molto più ragionevole gettare acqua sul fuoco, come si dice con metafora, e non alimentare quest’ultimo con altra benzina.
Perciò, sarebbe augurabile che sia le forze politiche, sia quelle sindacali tornino a dialogare, come da tradizione del nostro Paese: negli ultimi venti anni, infatti, l’Italia ha conosciuto la pratica della concertazione, che ha consentito di diminuire notevolmente le ore di sciopero e, soprattutto, ha permesso una gestione condivisa del conflitto, laddove esistente, fra le rivendicazioni del mondo del lavoro e quelle dell’imprenditoria.
Da qualche mese, purtroppo, il clima è nettamente cambiato ed, in questo, anche il Governo, forse, ha qualche responsabilità, dato che le parole, usate di recente dallo stesso Presidente del Consiglio e da qualche esponente autorevole della maggioranza, hanno inevitabilmente rinfocolato gli animi.
I sindacati, sul cui operato pure potrebbe aprirsi un dibattito, hanno comunque nella storia italiana un grande merito: quando, negli anni ’70 il pericolo terrorista era molto serio ed incombente, essi hanno svolto una funzione importante nell’arginare qualsiasi deriva anti-democratica, sostenendo così il rafforzamento delle istituzioni democratiche, finanche pagando un prezzo altissimo, visto che molti sindacalisti riformisti vennero gambizzati dalle BR o furono oggetto di minacce ed atteggiamenti intimidatori da parte di chi agiva oltre la legalità costituzionale.
Ora, è giusto che venga dato alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori lo spazio che esse meritano, accettando al tavolo delle trattative chi, come le sigle più importanti del sindacato, ha il compito di organizzare il comparto del lavoro e di convogliarne le richieste nell’alveo della più corretta prassi democratica.
Forse, sarebbe opportuno mettere da parte qualche parola di troppo, che pure è volata nel dibattito degli ultimi giorni, allo scopo di rasserenare gli animi: d'altronde, nessuna forza politica ha la bacchetta magica, con cui risolvere i problemi della nazione.
Pertanto, un appello alla prudenza ed alla saggezza rappresenta il viatico migliore per evitare guai peggiori.
Come ha scritto D’Alema sulle pagine del Sole 24 ore, nessun esponente istituzionale deve mirare alla frattura dell’opinione pubblica, perché questa, qualora si producesse, sarebbe foriera di effetti devastanti sul tessuto civile di una nazione, già gravemente pregiudicato da una crisi economico-finanziaria, di cui ignoriamo, tuttora, i limiti temporali e le ricadute possibili.
Quindi, non conviene a nessuno seminare vento, come si dice con espressione biblica, perché si rischia poi solamente di raccogliere tempesta, che può arrecare danni di entità non irrisoria ad un Paese, che deve piuttosto ambire a rimboccarsi le maniche ed uscire dal pantano dove ora, purtroppo, è collocato.
Forse, è arrivato il momento in cui, anche, la stampa nazionale usi finalmente le parole opportune per stemperare una tensione, salita troppo rapidamente nelle ultime ore?
Forse, è necessario che determinati epiteti infelici non vengano più usati nei riguardi di chi - soggetto individuale o collettivo - esprime in modo legittimo il proprio dissenso rispetto a questa o a quell’iniziativa legislativa dell’Esecutivo?
Siamo certi che molti sapranno raccogliere un siffatto invito alla moderazione, per cui non dovremo più assistere alle tristi immagini, che abbiamo avuto modo di guardare di recente.
Rosario Pesce