Logo

Comunità o confederazione?

Il quesito formulato, nel corso della Direzione Nazionale del PD di ieri, rivolto da Cuperlo al Segretario Nazionale, nonché Presidente del Consiglio, è in estrema sintesi il seguente: cosa si vuole fare del partito? 
Una comunità, appunto, o una confederazione di correnti, che poco hanno in comune tra loro, se non l’appartenenza alla medesima casa? 
Evidentemente, la domanda, avanzata con toni cortesi, ma al tempo stesso molto fermi, fa riferimento al fatto – peraltro, unico nella storia politica italiana - che si consumerà domenica prossima: si riunirà, infatti, la corrente renziana presso la stazione fiorentina della Leopolda, solennemente presieduta dal Capo del Governo. 
Come giustamente argomenta Cuperlo, se è legittimo tenere in piedi una corrente, quando si è minoranza, non lo diventa più, quando invece si ha il primato all’interno di un’organizzazione politica complessa, come può essere il principale partito odierno. 
Renzi, da segretario nazionale, dovrebbe – nel ragionamento del dirigente democratico – tenersi a distanza da qualsiasi riunione, che abbia il profumo di un mero happening organizzativo correntizio. 
D’altronde, se lo stesso leader del PD ha invocato lo scioglimento di tutte le correnti, perché dovrebbe continuare a tenere in piedi la propria, che si profila sempre più come un’organizzazione parallela al partito? 
Se progressivamente le energie migliori, sia da un punto di vista culturale che finanziario, rischiano di essere trasferite dal PD alla corrente renziana, questa diventerà un partito a sua volta, delegittimando l’azione, sia sul piano sostanziale che su quello formale, degli organismi democratici, nei quali dovrebbe venirsi a comporre la volontà dei massimi esponenti e gli indirizzi del ceto dirigente di quel partito? 
Il ragionamento cuperliano non fa – come si dice in gergo – una grinza: al tempo della Prima Repubblica, quando la Democrazia Cristiana era il primo partito italiano ed era attraversata da correnti, che rappresentavano opzioni politiche molto distanti fra loro in taluni casi, il Segretario Nazionale, una volta eletto, si guardava bene dal partecipare o, addirittura, dal presiedere momenti pubblici di riflessione, che potessero far riferimento ad una determinata area piuttosto che ad un’altra, sapendo bene che chi presiede un partito deve garantire tutte le componenti di quell’organizzazione, evitando di apparire uomo di parte. 
Così, invece, Renzi non farà, dal momento che non solo parteciperà alla kermesse di domenica prossima, ma soprattutto ha espresso la volontà di mantenere in piedi un nucleo, qual è appunto il gruppo della Leopolda, che danneggia - anche solo nell’immagine - l’azione unitaria di un partito, plasticamente segnato dalle divisioni interne e dalla guerriglia fra correnti.
Invero, le ragioni di opportunità, molto spesso, in politica sono finanche più importanti di quelle ideali, per cui la promozione dell’evento della Leopolda può rappresentare un momento di propaganda ben più importante delle recenti feste di partito, che hanno attraversato la penisola intera, da nord a sud, dando l’immagine di un gruppo dirigente, comunque, dinamico e propositivo, nonostante le divisioni al suo interno. 
Evidentemente, nel PD le ragioni dell’appartenenza a questa o a quella componente sono molto più forti rispetto a quelle dell’identificazione in un comune progetto politico, che si misura in questo momento con gli onori e gli oneri, che discendono dalle responsabilità di governo. 
Il paragone con la DC e con i partiti della Prima Repubblica corre il serio rischio di essere improprio sul piano meramente storico: infatti, le manifestazioni correntizie degli anni ’80 e ’90 avevano un’intrinseca importanza politico-organizzativa, dal momento che le distanze programmatiche fra la componente della Sinistra e quella dorotea erano, ad esempio, straordinariamente marcate. 
Oggi, invece, a prescindere dall’utilità di approfondire determinati contenuti, pare che le manifestazioni, come quella della Leopolda, siano mere concessioni al potere dei media, per cui Renzi o chiunque altro, che sappia gestire la comunicazione in modo saggio, come sa fare lui, deve partecipare ad eventi simili, auspicandone l’incremento, perché solo apparendo un numero infinito di volte sugli schermi televisivi e sulla rete può rimarcare la propria presenza e, dunque, promuovere occasioni che sono più di mera propaganda, che non di vera e propria riflessione. 
Siamo passati dalla politica delle idee a quella dell’apparenza? 
La risposta sembra scontata. 
Forse, a difettare alla corrente minoritaria del PD è, proprio, una personalità telegenica, in grado di entrare nelle famiglie italiane di domenica, utilizzando indifferentemente le possibilità offerte dalla D’Urso o dalla De Filippi o da una convention correntizia? 
È molto probabile che la stessa minoranza democratica, se non vuole agire come un cenacolo di intellettuali senza popolo, debba mutuare la strategia comunicativa di Renzi, piegandola ovviamente a contenuti politici e programmatici ben diversi e molto più ideologicamente caratterizzati? 



Rosario Pesce

 

Condividi quest'articolo

Altri articoli di Società


Solofra. Vietati schiamazzi notturni.

Giro di vite alla movida solofrana con l’ordinanza sindacale n°32 del 21.8.2025. Ciò a seguito delle lamentele della cittadinanza circa gli schiamazzi provenienti dai veicoli e dai ritrovi giovanili quali piazze, giardini [...]

"Solofra paese dell' acqua... senza acqua".

La cittadina conciaria, di tutte le mancanze che le si possano attribuire, di una è sovrabbondante: l'acqua. Nonostante la presenza di una copiosa falda acquifera, che ha dato il natale a decine e decine di pozzi, l'acqua, non c'&eg[...]

Contattaci

  • Telefono: 347/ 5355964

  • Email: solofraoggi@libero.it

  • Email: ilcomprensorio@libero.it

Seguici