Quando il calcio diventa un’occasione improvvida…
La partita Serbia-Albania di ieri sera ha offerto un’occasione improvvida a chi voleva mettersi in evidenza, causando un momento di scontro molto forte fra opposte tifoserie, divise da atavici odi nazionalistici, che affondano le loro ragioni in secoli di contrapposizione fra etnie e gruppi religiosi differenti.
Infatti, durante il match di calcio, che si svolgeva in territorio serbo, probabilmente qualcuno dall’interno stesso dello stadio ha guidato l’arrivo sul campo di gioco di un drone, che recava la bandiera della cosiddetta “Grande Albania”, cioè di quel territorio comprensivo di Albania, Kosovo e Serbia, che ha sempre rappresentato l’oggetto delle aspirazioni e dei sogni dei nazionalisti albanesi, i quali, ormai da secoli, lavorano al progetto – invero, scarsamente realizzabile – di conquistare, a partire da Sud, il resto della penisola balcanica e, quindi, di albanesizzare territori, che hanno una cultura non omologabile a quella dei cittadini di Tirana.
La guerra nella penisola slava, svoltasi durante gli anni ’90, è stato il momento più duro, nel corso del quale gli opposti nazionalismi sono venuti a confronto in un’area geografica nella quale insistono cristiani ortodossi e musulmani, popolazioni culturalmente più vicine alla Russia e popoli più tradizionalmente legati alla cultura mitteleuropea, come rispettivamente gli stessi Serbi ed i Croati.
D’altronde, i Balcani sono stati un crogiuolo di razze non certo solo negli ultimi decenni: nessuno può dimenticare che, in quelle terre, per secoli si sono combattuti due grandissimi imperi, l’Austriaco e l’Ottomano, e che l’esito della contrapposizione fra imperialismi ed irredentismi ha determinato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, visto che la causa occasionale della Grande Guerra fu, appunto, costituita dall’omicidio di Sarajevo dell’Arciduca austriaco da parte di un nazionalista serbo nel 1914.
Pertanto, la provocazione, consistita nel far volare la bandiera della Grande Albania in un territorio, nel quale è predominante il sentimento filo-serbo, è stato un gesto davvero sciocco, che poteva provocare tumulti all’interno di uno stadio, fortunatamente occupato esclusivamente da tifosi della Serbia.
Se le due tifoserie fossero state, contestualmente, presenti nel medesimo impianto sportivo, a fronte di un atto così insano, probabilmente la partita di calcio si sarebbe trasformata in uno scontro armato, ancor più accentuato visto che, all’interno delle tifoserie organizzate di tali Nazionali, sempre sono nascosti gruppi para-militari, che sovente si recano allo stadio, solo, per realizzare dimostrazioni insane a fini politici, come quella appunto del drone.
È giusto che, allora, una riflessione venga fatta sull’attuale stato dell’Unione Europea: è ovvio che, nonostante decenni spesi per svelenire gli animi e per evitare la ripetizione di occasioni di conflitto, il suolo del vecchio continente non è, tuttora, messo al sicuro, dal momento che i focolai di nazionalismo sono tuttora esistenti e sono pronti a scoppiare, quando qualche scellerato - in modo premeditato - decide di accendere la miccia, che può far saltare in aria anni di pacificazione, purtroppo destinati ad andare in fallimento, finanche, a seguito di spettacoli inquietanti, come quello di ieri sera.
Molto probabilmente, il disagio, che manifestano le popolazioni della penisola balcanica, è presente e diffuso, anche, in altre aree del vecchio continente, benché esso trovi altrove maggiori difficoltà ad esprimersi rispetto al caso slavo, che - come abbiamo sopra descritto - costituisce una piaga che insanguina l’Europa dalla prima età moderna, quando i Musulmani, eliminando ciò che rimaneva dell’Impero Bizantino, si affacciarono prepotentemente sul suolo europeo, entrando in conflitto con Russi e popolazioni di cultura austro-tedesca.
È giunto il momento che le organizzazioni internazionali monitorino, nel miglior modo possibile, eventi - come quello sopra menzionato - che possono essere occasioni improvvide, per coloro che vogliono mettersi in evidenza, sollecitando quanti credono in sogni non realizzabili nell’odierno contesto internazionale.
Altresì, è necessario che si realizzino politiche, davvero efficaci, volte a favorire l’integrazione di popolazioni, che vantano nel loro retroterra culturale secoli di contrapposizione ed odi viscerali, che tendono con difficoltà a scomparire, finanche nell’Europa del XXI secolo.
Forse, ancora molti progressi vanno compiuti in tale direzione, affinché si possa tornare ad assistere serenamente ad una partita di calcio, non avendo paura di rimanere vittima di un conflitto non programmato fra pericolosi gruppi para-militari.
Certo è che la qualità dello sviluppo economico e del benessere civile dei prossimi decenni sarà proporzionale ai passi in avanti, che l’Europa dimostrerà di saper realizzare nell’affrontare, con decisione, problematiche simili.
Rosario Pesce