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Se Grillo non è più il leader del M5S...

La cronaca politica di questi giorni ci consente di realizzare una riflessione sul M5S ed, in particolare, sulla sua leadership, visto che è evidente a molti che, dopo gli errori commessi nel 2013, Grillo non abbia più la direzione effettiva del Movimento, dal momento che la lontananza dalle Aule parlamentari, inevitabilmente, lo indebolisce. 
Nel corso del primo anno e mezzo di legislatura, all'interno del M5S, sono emerse delle nuove personalità, che certamente saranno protagoniste del dibattito nel prossimo futuro. 
I nomi di Di Battista, Di Maio, Taverna sono, soltanto, due fra i molti che si potrebbero fare, dato che grandissimo merito del Movimento grillino è stato quello di aver abbassato, notevolmente, l'età media della deputazione camerale e senatoriale. 
D'altronde, l'abbassamento dell'età anagrafica degli eletti è coinciso con la nascita del diffuso sentimento di anti-politica, di cui i primi fautori sono stati, appunto, i Grillini, sebbene poi i risultati della campagna mediatica anti-sistema siano stati incassati, fondamentalmente, da Renzi, che ha avuto il grande merito di rubare i temi della propaganda del M5S e di dare loro un esito governativo, vista la cultura del partito di appartenenza e la sua stessa formazione politica, maturata in ruoli di mera amministrazione. 
Il problema centrale odierno dei Grillini è, di conseguenza, quello di ridefinire il proprio spazio di azione parlamentare, dato che il renzismo trionfante li ha privati dell'unico argomento di propaganda, grazie al quale - nel febbraio del 2013 - essi conseguirono quel così strepitoso ed inatteso risultato ai danni di Bersani e Berlusconi, che ne decretò la sconfitta definitiva. 
La scommessa fondamentale, che il M5S ha dimostrato di non saper vincere, è stata quella della governabilità: è evidente che, se Grillo avesse accettato di comporre il Governo con il PD, quando ciò gli veniva proposto da Bersani, la storia del nostro Paese e quella dello stesso Movimento sarebbero cambiate radicalmente. 
Da quel momento in poi, il consenso verso il M5S è andato progressivamente scemando, perché nessuna credibile forza politica può aspirare, ragionevolmente, ad interpretare un ruolo di opposizione in modo prolungato, ma deve pure ambire a conquistare spazi di gestione della Cosa Pubblica, quando le si presenta l'occasione idonea, come poteva essere il dopo-elezioni del 2013. 
Da quella scelta scellerata di Grillo sono derivate, solo, conseguenze nefaste per i Grillini, che - visti dalla pubblica opinione come interpreti sterili della funzione di oppositori tout court - hanno iniziato a scimmiottare se stessi, divenendo ben presto il partito, esclusivamente, della denunzia e del "niet" a qualsiasi tentativo di dialogo democratico. 
Così facendo, la base elettorale del M5S si è ristretta e Renzi, poi, ha avuto facile gioco nel relegarli nell'angolino, in una posizione molto scomoda, visto che gli Italiani, dopo il voto di rottura del 2013, hanno dimostrato di privilegiare, piuttosto, una prospettiva di Governo e, quindi, coloro che - con altrettanta demagogia dei Grillini - hanno palesato legittime aspirazioni di leadership. 
Appare giusto che Grillo, dunque, dopo la sconfitta delle elezioni europee della scorsa primavera, faccia un passo indietro, rimanendo nelle vesti di padre spirituale del Movimento, ma lasciando la direzione effettiva ad una leva di giovani capaci e meritevoli di fiducia, i quali - innanzitutto - devono rinnovare profondamente la cultura del M5S, garantendo così quel salto di qualità, finora mancato. 
Sembra ovvio che un partito, nato per contrapporsi al sistema, non può mutare pelle molto rapidamente, ma è giusto ed opportuno che ciò avvenga, visto che, nei prossimi mesi, possono crearsi le condizioni per la definizione di un nuovo assetto istituzionale. 
Le elezioni, infatti, per il Quirinale, nel caso molto probabile di dimissioni del Presidente Napolitano, saranno un utile banco di prova per verificare se il M5S ha maturato convincimenti diversi rispetto al 2013; sarebbe di vitale importanza rientrare nei giochi politici, convergendo con altre forze nell'individuazione di un candidato alternativo a quello che sarà proposto da Renzi e Berlusconi in virtù del Patto del Nazareno, che li terrà vincolati per molto tempo ancora e che non può non prevedere la scelta di un nominativo comune da parte dei parlamentari di sicura fede renziana e berlusconiana. 
Se il M5S, accordandosi con la minoranza del PD, SeL e con quanti vorranno convergere su un nome di alto profilo istituzionale per la magistratura più importante dello Stato, sarà di nuovo protagonista in positivo della scena partitica del 2015, potrà finalmente recitare un ruolo ben più utile sia per sé, che per le sorti della Repubblica, che necessita di un'assunzione collettiva di responsabilità, che coinvolga, per davvero, tutte le forze rappresentative della volontà popolare, nessuna esclusa. 
I vari Di Battista, Di Maio, Taverna saranno in grado di assumere il timone e di guidare l'imbarcazione del M5S in acque diverse da quelle stagnanti e putride, dove ora è allocata? 


Rosario Pesce

 

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