Il mondo in fiamme
Le immagini delle decapitazioni, sempre più frequenti, che i terroristi islamici realizzano ai danni di Occidentali e musulmani non appartenenti alla loro parte militare e politica, sono davvero inquietanti, perché, per effetto della grande potenza espressiva dei media e della diffusione pervasiva indotta dalla rete e dai social network, ormai quelle scene entrano dentro la nostra vita quotidiana, alla pari di qualsiasi altro fotogrammo, senza alcuna censura, né mediazione.
I bambini, in particolare, e gli adulti psicologicamente più deboli non possono che subire un grave danno da un costume siffatto, che sta trovando sempre più piede, anche perché è facilmente intuibile l’interesse del direttore della testata giornalistica nel far vedere la decapitazione, nel momento in cui sta per essere compiuta, visto che produce un incremento di audience ovvero fa vendere un maggior numero di copie, se si tratta di un giornale cartaceo.
Peraltro, costoro che pubblicano fotogrammi simili, non si pongono il problema in merito allo spirito di emulazione che, purtroppo, può azionarsi facilmente, per cui potrebbero, loro malgrado, incitare qualche folle - che vive in Occidente - a ripetere comportamenti analoghi contro il vicino di casa o il parente di turno, a seguito di fatti quotidiani banali e privi delle ragioni ideologiche e del furore integralista che, invece, sono alla base dei gesti vili dei terroristi.
Per tal motivo, un mondo in fiamme, anche se a distanza di molte migliaia di chilometri da noi, comunque entra nelle nostre case, si squaderna, colpendo non poco la suscettibilità di ciascuno di noi e, soprattutto, turbando quanti sono desiderosi, unicamente, di condurre una vita serena accanto ai propri affetti.
La guerra, pertanto, è diabolica perché non conosce effettivamente né frontiere, né nazionalità, visto che essa tende a propagarsi con la rapidità di un tornado ed, in particolare, ha un potere di coinvolgimento di innocenti, che nelle forme più diverse – fisiche o psicologiche – possono essere vittime di una violenza indiscriminata, che palesa la perdita irreversibile di sensibilità da parte dell’umanità, visto che gli omicidi, a cui assistiamo in diretta tv, celano un grado di sadismo e di perversione mentale non inferiore a quello manifestato dalle torture, che i Nazisti realizzarono nei campi di concentramento ai danni degli Ebrei.
Peraltro, c’è un elemento aggravante: la ferocia nazista fu percepibile solo “post-rem”, cioè quando, per effetto della Liberazione, i campi di sterminio vennero aperti dalle truppe alleate ed il mondo poté scoprire cosa fosse avvenuto in quelle tristi realtà, mentre, nel caso di specie, l'atto violento viene conosciuto nel momento stesso in cui esso si compie, per cui si accentua il significato falsamente “pedagogico” che, a loro modo, i terroristi vorrebbero trasmettere al mondo intero: infatti, la sensazione di paura, di terrore non può che essere amplificata dal fatto che l’efferatezza venga vista da milioni di persone, fra cui ci sono sia gli Occidentali, primi destinatari del messaggio terrorista, sia i musulmani moderati, che pure sono vittime dei gesti brutali commessi dai loro correligionari, dato che quelle violenze servono a convincere l’Islam filo-europeo, ancora non schierato con la causa islamista, a cambiare posizione e a simpatizzare con gli assertori dell’integralismo più becero, che finora il mondo occidentale abbia conosciuto.
Per tal via, si rischia non solo di compromettere l’equilibrio politico mondiale, dal momento che le guerre hanno una scia, che si porta dietro per decine e decine di anni, ma si può generare una psicosi collettiva, per cui ad ogni angolo di strada si finisce per immaginare che ci sia un islamico pronto a compiere reati così disumani o, peggio ancora, si può incontrare chi, tra noi, avendo perso il senso della realtà, inizia a scimmiottare comportamenti emulativi di quelli trasmessi, via web, dal pc o dal televisore.
Davvero, la probabilità che si stia costruendo un mondo peggiore di quello del secolo scorso è molto alta, perché le guerre della modernità hanno sempre coinvolto fondamentalmente gli eserciti e, dunque, chi in qualche modo è allenato al mestiere delle armi, mentre le guerre del XXI secolo, iniziate con l’assalto alle Torri Gemelle di New York, mietono vittime soprattutto fra i civili, i quali subiscono inermi il fanatismo religioso, che è orientato - come si diceva un tempo - a “colpire uno per educare cento”.
Potremo, mai, risollevarci da un tale stato di cose e tornare a percorrere la strada della civiltà che, da qualche anno, pare abbiamo irrimediabilmente smarrito?
Rosario Pesce