Uno scontro di civiltà
I fatti, accaduti in queste ore in Iraq, con la decapitazione di un giornalista americano, in diretta, dinnanzi alle telecamere della tv, ripropongono l’annoso problema dello scontro di civiltà fra Occidente ed Oriente, fra Cristianesimo ed Islàm.
Noi non crediamo che, in linea di principio, la civiltà occidentale sia migliore di quella arabo-asiatica, così come invece autorevoli opinionisti hanno scritto in questi ultimi giorni, commentando gli eventi efferati, che avvengono, quotidianamente, in Medio-Oriente.
Infatti, pensare che uno dei due mondi sia superiore all’altro prefigura un atteggimento che incita al razzismo e alla violenza, che non hanno bisogno di essere alimentati ulteriormente, visto che sono, già, massicciamente presenti nella società europea.
D’altronde, gli studi compiuti ci insegnano come la nostra storia sia piena di vitali contributi di parte arabo-musulmana, dato che in quella area del mondo sono nati i numeri, così come noi oggi li conosciamo, ed altresì la filosofia araba ha consentito, nel corso del Medioevo, di approfondire i contributi teoretici di Aristotele e dei padri della teoresi antica, che altrimenti sarebbero stati taciuti da una tradizione cristiana, originariamente, avversa al filosofo ateniese.
Averroè ed Avicenna, non a caso, sono due fra i più importanti pensatori, che hanno offerto a noi Europei la loro intelligenza e la qualità delle proprie analisi, contribuendo in modo decisivo all’avanzamento dell’Occidente e della sua cultura.
Pertanto, cadere nel pregiudizio di una presunta superiorità occidentale non solo è pericoloso, ma è anche storicamente falso, dal momento che le due culture non sono due feticci nettamente distinti fra loro, ma si sono arricchite reciprocamente, entro una logica di sincretismo, comprensiva della tradizione arabo-musulmana, di quella greco-ellenistica e dell’ebraico-cristiana.
C’è, però, un dato che merita di essere preso in considerazione: l’Occidente ha conosciuto l’Illuminismo, che invece è mancato al mondo islamico, rimasto al Verbo del suo supremo Profeta, che ha dato vita, suo malgrado, a letture distinte all’interno stesso dell’Islàm, per cui i Musulmani, tuttora, risultano essere nettamente divisi fra due opposte fazioni politico-militari e scuole di pensiero, gli Sciiti ed i Sunniti.
È pleonastico sottolineare come la cultura del Secolo dei Lumi ci abbia insegnato la pratica della tolleranza, per cui noi siamo pronti a ricevere gli apporti dei filoni religiosi più diversi, mentre gli Islamici, non avendo mai appreso lo spirito di Voltaire e Rousseau, sono rigorosamente legati ad una tradizione di tipo confessionale, presente - sia pure in modo minoritario - anche in quei Paesi di cultura musulmana che, maggiormente, si sono occidentalizzati.
Invero, non può non farci rabbrividire il modo in cui l’Islàm considera il ruolo della donna nella società: il costume, sempre molto frequente, per cui delle bambine di 10-11 anni, appena raggiunta l’età puberale, possono essere vendute dalle loro famiglie ad uomini senza scrupoli, che hanno il desiderio di possederle sessualmente, è fortunatamente lontano anni luce dalle nostre abitudini che, certamente su basi di maggiore e più compiuta civiltà, propongono il rispetto sacrale sia della donna, che dell’infanzia in modo particolare.
L’Occidente, sovente, ha giustificato le guerre portate in Oriente con l’alibi di una presunta missione civilizzatrice; lo stesso Bush giustificò, all’epoca, l’intervento americano in Iraq contro Saddam, richiamandosi appunto ad un destino voluto da un’entità trascendente, per cui la ricca ed opulenta America avrebbe dovuto portare, alle popolazioni sciite e sunnite, i frutti della civiltà liberale e consumistica dell’incipiente XXI secolo.
Evidentemente, la missione è miseramente fallita, se i risultati odierni dimostrano che quei Paesi hanno compiuto, nel corso dell’ultimo decennio, notevoli passi indietro: l’integralismo islamico era pressoché scomparso ai tempi del raìs di Baghdad, mentre oggi porta alle stragi che i cronisti ci raccontano con dovizia di particolari e di immagini.
Molto probabilmente, pur nel rispetto di percorsi culturali diversi, che Occidente ed Oriente hanno compiuto - soprattutto - negli ultimi tre secoli, la differenza fra i due mondi si colloca a ben altro livello: infatti, la distanza fondamentale, che si nota ad una prima analisi, è nella diversa modalità di distribuzione delle ricchezze, esistente da noi e presso la loro società.
Nel mondo arabo non ci sono classi intermedie, per cui a persone ricchissime si contrappongono molte migliaia di poverissimi, a cui mancano anche i beni più elementari, necessari per la sopravvivenza: d’altronde, il costume della vendita delle bambine, cui facevamo cenno precedentemente, si è diffuso, oltreché per una prescrizione coranica, essenzialmente per far fronte alla miseria, per cui la prole di sesso femminile diventa oggetto di un commercio tanto vile, quanto utile alla sopravvivenza dei genitori e dell’intera famiglia della povera minorenne messa, come merce, all’incanto.
Forse, i passi in avanti più importanti dovrebbero, pertanto, essere compiuti in vista della limitazione delle sperequazioni all’interno del corpo sociale islamico, ma l’Occidente, la cui civiltà ed il cui sviluppo economico sono nati grazie al primato imprenditoriale del ceto medio, poco può insegnare, dal momento che, nell’ultimo decennio, lo scoppio della crisi ha determinato l’ampliarsi del divario fra classi, ancorché il cattivo modello di molte società arabe, divise di fatto in caste, sia - grazie a Dio - lontanissimo e non raggiungibile, neanche, da una civiltà industriale decadente, come la nostra.
È venuto, quindi, il momento che le voci di odio, da ambo le parti, vengano sopite e che, finalmente, si riesca a parlare una lingua comune, tendenzialmente universale, grazie al dialogo proficuo fra l’Islàm moderato e le nostre istituzioni repubblicane, veicolato dai pensatori più avveduti e saggi, su cui possiamo contare: solo così, lo scontro di civiltà non degenererà nella Terza Guerra Mondiale, di cui parlava, nei giorni scorsi, il Pontefice.
Sarà capace l’Occidente, evoluto e neo-illuminista, di assolvere - in questa delicata partita - alla difficile funzione, che la Storia pare assegnargli?
Rosario Pesce