La politica estera del Vaticano
Il viaggio del Papa in Corea rappresenta un’utile occasione, anche, per ridefinire la politica estera del Vaticano, da cui dipendono gli equilibri internazionali.
È ben noto come, ad esempio, fra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta del secolo scorso, l’elezione al soglio pontificio di un vescovo polacco fu il giusto avvio per la caduta del Comunismo in Europa, che ebbe in Papa Giovanni Paolo II il nemico più pericoloso e quello che, poi, si sarebbe dimostrato determinante, con il suo sforzo di evangelizzazione, nel crollo dei regimi dittatoriali orientali.
Il Comunismo, però, non è ancora scomparso del tutto dalla carta geo-politica mondiale, visto che in Asia esso ha delle roccaforti che – almeno, fino ad oggi – non hanno dato segnali di cedimento: ci riferiamo, ovviamente, alla Corea del Nord, alla Cina e al Vietnam, che incarnano tre storie problematiche e segnano altrettante sconfitte dell’Occidente.
Il Vietnam sarà ricordato, nei prossimi secoli, come la pagina più nera della storia militare e politica degli Stati Uniti d’America, vista la guerra condotta in quella parte di mondo, che si concluse con un esito catastrofico per la principale potenza mondiale, cosicché il regime comunista del Nord, dopo la ritirata americana, ebbe modo per fagocitare, anche, il Sud e creare, così, uno Stato tanto forte, quanto isolato dal resto del mondo.
Le Coree sono, tuttora, due e viaggiano con velocità assai diverse fra loro, per cui, mentre quella del Sud è, ormai, uno degli Stati più ricchi al mondo, quella comunista del Nord rappresenta l’ultimo esempio di un modello di Comunismo, davvero, anacronistico e, purtroppo, in grado di vivere per effetto del forte militarismo, di cui tutta la società nord-coreana è intrisa.
Infine, non possiamo dimenticare la Cina, croce e delizia dell’Occidente, dal momento che è il nostro principale partner commerciale, ma è anche il più grande sfidante della potenza economica statunitense e, dati alla mano, oggi è il Paese che ha margini di crescita maggiori rispetto a quelli americani, per cui, se il sorpasso dell’economia cinese, ai danni di quella del Paese dalla bandiera a stelle e strisce, non è ancora avvenuto, avverrà molto probabilmente nei prossimi anni, quando gli Stati Uniti saranno costretti a ridimensionare le ambizioni di crescita internazionale, perché non sarà più praticabile la politica, classicamente, espansionistica in regioni del mondo, dove si avvertirà - ancora di più - come non gradita la loro presenza militare ed economica.
L’unico Stato occidentale, che pertanto può dialogare con questi regimi, è il Vaticano, dal momento che, pur avendo i Cristiani subito violenze e prepotenze di ogni sorta in siffatte aree del pianeta, la loro presenza è in costante crescita ed il Comunismo, per quanto possa aver offuscato le menti degli uomini, invero, non può aver mai cancellato la voglia di spiritualità, che quelle popolazioni avvertono in modo molto forte e che sono costrette a coltivare nel segreto della coscienza, viste le persecuzioni a cui sarebbero condannate, se tentassero di rendere pubblico il loro credo.
Certo, il Muro di Berlino è rimasto in piedi circa trent’anni; quelli asiatici resteranno in piedi, purtroppo, per molto tempo ancora, ma crediamo che, alla fine, siano destinati tutti alla medesima sorte.
Non ci può essere regime che, pur usando i metodi di coercizione più violenti e pur riuscendo a sfamare i propri cittadini, sia in grado di resistere troppo tempo al desiderio di libertà, che è innato nell’uomo; peraltro, i modelli consumistici occidentali, penetrati anche lì, daranno un contributo essenziale nel causare la sconfitta di istituzioni politiche fuori da ogni tempo storico, per cui la vera scommessa del Cristianesimo sarà quella, una volta vinta la guerra contro il marxismo asiatico, di vincere la più difficile contesa con gli stereotipi insani della nostra civiltà, che costituiscono un nemico insidioso per la spiritualità, molto più di quanto non lo sia il Comunismo, ormai decrepito e superato dagli eventi.
Francesco, quindi, sarà per l’Asia ciò che è stato Giovanni Paolo II rispetto all’Europa?
La sua predicazione, intrisa di francescanesimo e gesuitismo, entrerà così profondamente nell’animo dei fedeli del più importante e popoloso continente, a tal punto da indurli a realizzare una rivoluzione politica e sociale?
Se Papa Francesco dovesse vincere la sua scommessa, si aprirebbe un varco per l’evangelizzazione cristiana straordinariamente importante, dato che la platea dei potenziali fedeli asiatici è, numericamente, molto più vasta ed articolata di quella, ben più ristretta, esistente in Europa.
Ogni epoca storica si è aperta con l’evangelizzazione di una parte di mondo: il primo Medioevo con quella dell’Europa meridionale e dell’Africa settentrionale; il secondo Medioevo con quella dell’Europa settentrionale; l’età moderna con l’evangelizzazione delle Americhe.
L’età compiutamente post-moderna, forse, si aprirà con la cristianizzazione di quanti abitano il continente più distante, enigmatico ed ignoto per noi Europei?
Certo è che, se Francesco riuscisse nella sua impresa, davvero potremmo parlare di “nuovo” mondo.
Rosario Pesce