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Un'analisi non difficile

Leggendo qualche post su FB, ricaviamo che c'è, ancora, chi è convinto che il successo di Renzi, alle elezioni europee di maggio, sia dovuto ai pubblici impiegati e pensionati, che lo avrebbero votato per non perdere diritti acquisiti, nella scia del teorema già esposto da Grillo dopo la disfatta, per lui, inattesa. 
Eppure, basterebbe un potere analitico non eccelso per comprendere che i voti renziani derivano, per tracimazione, dall'implosione del berlusconismo. 
Ergo, gli elettori, che si sono riconosciuti nel PD, pur non essendo idealmente legati a quella bandiera, sono - molto più ragionevolmente - piccoli imprenditori, artigiani, il popolo delle partite I.V.A., come si dice in gergo, che, smarriti per la conclusione infelice della stagione del Caimano, si sono identificati nel leader che, maggiormente, si avvicina all'ex-Premier. 
Questo dato ci appare lapalissiano: nonostante ciò, c'è chi, ancora, fomenta l'odio fra lavoratori autonomi e dipendenti pubblici o privati, in servizio o in quiescenza, come se la società italiana possa essere divisa in due ambiti rigidamente contrapposti. 
Una siffatta divisione dell’elettorato italiano non appare credibile, neanche, ad un’analisi attenta dei flussi elettorali: è noto che i lavoratori subordinati siano stati, nel nostro Paese, vicini alla Democrazia Cristiana ed al Partito Comunista, durante gli anni della Prima Repubblica. 
A partire dal 1994, invece, le cose sono cambiate radicalmente, per cui non sempre il Centro-Sinistra è stato destinatario del loro voto; molte volte, la Destra, infatti, si è beneficiata del consenso di operai e quadri intermedi di aziende private e della Pubblica Amministrazione, che hanno inteso esprimere, così, una protesta contro la Sinistra, accusata di non saperli difendere abbastanza. 
Alle elezioni del maggio scorso, il sostegno di questa categoria sociale - articolata al suo interno - non si è, affatto, orientato in massa sul Partito Democratico, nonostante l’agevolazione fiscale, voluta dal Governo pochi mesi prima della competizione elettorale. 
I dati dimostrano, infatti, che il M5S, essendo il catalizzatore del dissenso e della protesta, abbia raccolto molte adesioni da parte di questa complessa fetta di mondo socio-economico, che ha votato Grillo temendo che Renzi, troppo simile a Berlusconi, potesse dare inizio ad una nuova stagione di sfrenato liberismo, teso a colpire e non a consolidare lo stato sociale, pur nascondendosi dietro la promessa, meramente elettoralistica, della restituzione del cuneo fiscale, realizzata – secondo programma – a partire dalla busta paga del mese di maggio 2014. 
Quindi, sbagliano i Grillini, ancora oggi, a pensare che i lavoratori subordinati siano la roccaforte del consenso renziano; essi votano il PD, forse, in percentuale ancora minore rispetto alla stagione bersaniana, mentre si orientano, sempre più facilmente, verso chi propone una piattaforma politica, che aspira a lisciare il pelo a tendenze, facilmente, populistiche. 
È, piuttosto, molto probabile che il provvedimento, appena licenziato dalla Camera dei Deputati, che favorisce il pensionamento dei lavoratori dipendenti, privati e pubblici, dotati dei requisiti previsti dalla normativa pre-Fornero, crei consenso per il Governo in carica, visto che la legislazione, introdotta dall’Esecutivo guidato da Monti, aveva determinato malumori fortissimi fra quanti si sono visti, alla fine del 2011, prolungare il loro periodo di servizio di cinque/sei anni, per effetto del cambio radicale dei parametri necessari, ex-lege, per andare in quiescenza. 
Naturalmente, un decreto simile genererà ulteriore consenso in favore di Renzi, se, al pensionamento di quanti sono - tuttora - in servizio, farà seguito il turn-over e, quindi, l’ingresso di leve nuove di lavoratori, così da combattere, anche, la disoccupazione crescente.
Ovviamente, per fare ciò, è necessario che gli indirizzi governativi siano in linea con la tenuta dei conti dello Stato; se verrà meno siffatta compatibilità, tutto potrebbe tornare in discussione e, dunque, ancora una volta, il Centro-Sinistra non trarrebbe alcun beneficio dalla sua attuale condizione di forza di governo. 
In quel caso, Grillo, che urla e strepita contro gli ultimi “privilegiati” del posto fisso, accusati di essere fattore di conservazione, trarrebbe invece proprio da questi una fiducia insperata, in vista delle prossime elezioni generali. 
Renzi, a cui certo non fa difetto l’intelligenza, per disinnescare una pericolosa bomba sociale, ha deciso, non a caso, di continuare sulla strada preannunciata, facendo a meno di chi – come il Commissario alla spending review, Cottarelli – rappresentava un ostacolo non secondario nello sforzo di realizzazione del suo ambizioso piano di svecchiamento del mondo del lavoro e di riconoscimento, dunque, dei diritti della stagione pre-Fornero. 


Rosario Pesce

 

 

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