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Tempo Pasquale: Domenica V dell'Anno B (2023-24)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Pasquale: Domenica V dell'Anno B (2023-24)

Introduzione - Gesù parla dell’unione con lui con l’immagine della vite e dei tralci; Atti ci descrivono la conversione di Paolo e del suo innesto in Cristo; Giovanni ci parla della presenza di Dio in noi per mezzo dell’osservanza dei comandamenti e specie dell’amore per il prossimo.

I - Giovanni 15,1-8. 1. (a) Gesù usa l'allegoria della vite per descrivere l’unione fra sé e ogni discepolo. Egli rileva che l’agricoltore taglia Ogni tralcio, che non porta frutto (2), e, se seccato, lo getta nel fuoco, per bruciarlo (6); invece pota i tralci, che portano frutto, per ottenerne di più (2); è ovvio che il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite (4). Gesù spiega: Il Padre mio è l’agricoltore (1), Io sono la vite vera (1; cfr. 5); voi, i discepoli, i tralci (5). Riflettiamo. (b) Gesù invita i discepoli: Rimanete in me e io in voi (4), perché dall’unione a lui per la fede e la carità viene la vita divina, che consente di portare molto frutto di vita soprannaturale (5); chi non è unito a Gesù non produce frutto (4), perché non può far nulla sul piano soprannaturale: senza di me non potete far nulla (15). Paolo esprime la necessità dell'unione con Gesù con l'immagine del Corpo Mistico, di cui Cristo è il capo e noi siamo le membra, e usa l'espressione “in Gesù Cristo” e “in Spirito Santo”; come solo la linfa della vite assicura vita e vitalità al tralcio, così solo l’unione col Capo assicura vita e vitalità spirituale alle membra. E’ necessaria la nostra unione con Gesù anche per andare in paradiso a suo tempo. Il diavolo crede in Dio, ma sta nell'inferno, perché non ha la carità; così chi crede senza amare non produce opere buone (2) e viene gettato nel fuoco eterno col diavolo (6), come il 13 luglio 1917 mostrò la Madonna ai tre ragazzi di Fatima. (c) Chi invece produce frutti di opere buone, il Padre lo pota, cioè toglie la parte secca, inutile e dannosa, e questa operazione, dolorosa per chi la subisce, consente di produrre più frutto (2; cfr. 5). S. Giacomo insiste che come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta (Gc 2,26); anche  noi, se non pratichiamo l’amore a Dio e al prossimo, siamo morti spiritualmente. Per ottenere da Dio di fare il bene, sono necessarie orazione e meditazione, confessione e comunione frequenti.

2.(a) Gesù anzitutto ricorda agli Apostoli: Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato (3). In effetti Gesù è luce (Gv 8,12; 12,36.46) e verità (Gv 14,6): illumina l’intelligenza con la sua Parola ed elimina l'ignoranza e l'errore in chi crede (Gv 8,31). E la sua Parola ci rende puri, e quindi ci aiuta a eliminare il male da noi. Impegniamoci a leggere e a meditare ogni giorno la Parola di Dio, perché sorgente di luce e anche di forza per praticarla. (b) Gesù promette: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto (7), cioè saranno esaudite le preghiere di coloro che rimangono uniti a lui per la fede e per la carità e perciò osservano la sua Parola. Abbiamo bisogno di tante grazie: alcune Gesù ce le ottiene dal Padre o ce le dà senza che le chiediamo; altre le otteniamo solo a condizione che abbiamo la grazia santificante, osserviamo la sua Parola e preghiamo. (c) Gesù dichiara anche: In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto di opere buone e diventiate veri miei discepoli (8), cioè se crediamo in Gesù e Lo amiamo, e la nostra vita è conforme alla sua Parola. Chiediamo queste tre grazie: essere docili alla Parola di Gesù, metterci in condizioni di essere esauditi nella preghiera, dare gloria al Padre.

II - Atti 9,26-31 – (a) Paolo, dopo la conversione, restò a Damasco per fare apostolato e poi si ritirò in disparte a riflettere per tre anni. Ritornò a Damasco e convertì molti Giudei, grazie alla sua conoscenza della Sacra Scrittura; gli Ebrei tentarono di eliminarlo e lui scappò a Gerusalemme (26) per incontrare gli Apostoli; cercava di unirsi ai discepoli ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo (26), perché non convinti della sua conversione. Allora Barnaba, che lo conosceva, lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù (27); da quel momento Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente e con coraggio nel nome del Signore (28); in particolare Parlava e discuteva con quelli di lingua greca, li confondeva ed essi tentavano di ucciderlo (29). Quando vennero a saperlo, i fratelli, i condiscepoli,  per salvarlo, lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso (30), suo paese natale. Ammiriamo la fedeltà di Paolo convertito e il suo impegno per approfondire la fede e dedicarsi alla preghiera e meditazione; così arrivò a un rapporto sempre più intimo con Gesù e con coraggio testimoniò Gesù. Se approfondiamo la conoscenza di Gesù e della sua opera redentrice e il nostro rapporto con lui, p. es. con lo studio e la meditazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, miglioreremo la nostra vita cristiana e testimonianza. (b) Ormai La Chiesa, cioè la fede, era diffusa per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, e viveva in pace (31); si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto e l'attività dello Spirito Santo nel cuore dei credenti; e cresceva di numero (31): ogni convertito era missionario. Lo Spirito lo vuole fare anche in noi se lo lasciamo agire.

III - 1Giovanni 3,18-24 – Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo, Dio, Gesù, uomo, Cristo, inviato come salvatore, e ci amiamo gli uni gli altrisecondo il precetto che ci ha dato (23; cfr. Gv 15,12); abbiamo amore a Dio e al prossimo, se osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito (22; cfr. 24 cfr. 1Gv 1,3-5; Gv 15,10). Però: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (18), perché l’amore si rivela con le azioni, specie soccorrendo chi è nel bisogno (1Gv 3,16-17). Giovanni assicura che chi ha l'amore fraterno ha in sé la vita eterna (1Gv 3,14) e l'amore di Dio (1Gv 3,17) e promette altro. (a) Conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore (19), qualunque cosa la nostra coscienza ci rimproveri (20). Siamo nella verità perché generati da Dio, somma verità (cfr. 1Gv 5,6), e siamo in comunione con Gesù, che è la verità (Gv 14,6). Siamo sereni, perché Dio è più grande del nostro cuore e dei suoi richiami e conosce bene ogni cosa (20): sa che, anche se deboli, lo amiamo, come appare dalle nostre opere di carità. Queste sono la prova autentica dell'amore al prossimo e a Dio; lo ricorda anche Gesù a S. Faustina. (b) Altri frutti: se, per grazia di Dio, il nostro cuore non ci rimprovera nulla (21), perché osserviamo i comandamenti (22; cfr. 24), abbiamo fiducia in Dio (21) siamo sicuri che, qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui (22). Se accontentiamo Dio, Egli esaudisce i nostri “giusti” desideri. Ringraziamo Dio per questo suo duplice dono. (c) Infine Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui (24): c’è dimora reciproca fra Dio e noi. Ecco la prova: In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato (24). Quando stiamo in grazia di Dio, questo è uno dei suoi doni più belli. Gli ebrei pensavano a Dio in Cielo; poi lo gustarono nel Tempio e in mezzo al suo popolo; noi nel cuore dell’uomo: la Trinità abita in noi e noi in Essa. Se col peccato grave cacciamo Dio dal nostro cuore, facciamo subito un atto di perfetto dolore o amore e confessiamoci al più presto, per riconciliarci con Lui e riaccoglierlo in noi.

EUCARESTIA. In Essa ci uniamo a Gesù e per Suo mezzo con il Padre e lo Spirito Santo e col prossimo. In questo mondo Essa è il vertice della nostra unione con Dio e col prossimo. Preghiamo la Madre di Gesù e nostra e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, di ottenerci la piena unione con Dio Uno e Trino e coi fratelli. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Il tralcio vive della vita della vite, finché vi resta unito. Noi abbiamo la vita fisica, che riceviamo dai genitori; la vita psicologica, che ci viene dalle persone, con cui abbiamo relazioni; la vita spirituale, che ci viene dal Padre per mezzo di Cristo nello Spirito dal battesimo in poi, finché rimaniamo uniti a Dio per mezzo della preghiera e dei sacramenti e la vita cristiana.

2. Come la vita fisica e psicologica del singolo cresce bene o male a seconda delle persone buone o cattive che lo circondano, così la nostra vita spirituale può crescere sempre conservandoci in grazia di Dio e valorizzando al massimo la preghiera, i sacramenti e la vita cristiana. La nostra maturazione dipende anche dall’impegno che noi ci mettiamo e dalla guida, se le siamo docili.

3. Stare in grazia di Dio e lottare con tutte le forze per conservarla deve essere l’impegno della nostra vita. La grazia santificante ci garantisce che siamo amici di Dio e a Lui graditi e che alla fine della nostra vita Egli ci accoglierà con amore e con gioia, per trattenerci per sempre con Lui e ammetterci alla felicità perfetta.

4. I primi tempi di vita cristiana per Paolo furono complicati a Gerusalemme perché tutti lo conoscevano come persecutore dei cristiani e diffidavano di lui, nonostante faceva apostolato per la diffusione del Vangelo. Non spaventiamoci delle difficoltà che ci possono creare il diavolo o gli uomini, e anche i cristiani, perché con noi abbiamo il Signore, che è più grande non ci lascia mai.

5. L’amore di Dio per noi è più grande di tutto l’amore, che possono avere per noi insieme tutte le creature. Il Suo amore, poiché è diretto a creature piene di miserie, diventa misericordia infinita; mentre i nostri peccati restano limitati, e anche la nostra cattiveria. Perciò non perdiamo mai la fiducia nella misericordia infinita di Dio per noi. (mons. Francesco Spaduzzi)

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