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Tempo di Avvento: Domenica I dell'Anno B (2023-24)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo di Avvento: Domenica I dell'Anno B (2023-24)

Introduzione. Il Vangelo propone l’evento salvifico di Cristo al centro della celebrazione e ci parla della seconda venuta di Cristo e di come accoglierlo; lo stesso indica Paolo; Isaia ci parla della venuta di Dio, senza fare distinzione fra Cristo e Dio. Per intenderci: Avvento significa venuta e in esso celebriamo tre venute di Cristo: la prima di duemila anni, preparata per millenni, specie da Abramo in poi; la seconda si realizzerà in un futuro ignoto e ci saranno la resurrezione dei morti e il giudizio universale: questo ha un anticipo nel giudizio particolare alla fine della vita di ciascuno; la venuta intermedia si realizza oggi e si concretizza nelle molte venute di Cristo, liturgiche ed extra-liturgiche: Eucarestia e Sacramenti, Parola e Assemblea e Ministro, il fratello bisognoso e il cuore di ognuno che ha fede e carità.

I - Marco 13,33-37 – Gesù propone una breve parabola sulla vigilanza, necessaria ai discepoli in attesa della sua seconda venuta alla fine del mondo; vale anche per la fine della vita di ognuno. Un uomo, prima di partire, affida a ciascun servo il suo compito (34), contando sul suo senso di responsabilità e del dovere; in particolare ordina al portiere a stare attento (34) a chi entra o esce. I servi non sanno quando il padrone di casa ritorneràse alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo (notte avanzata) o al mattino (35); essi devono farsi trovare non… addormentati, ma impegnati a fare il loro dovere, quando il padrone verrà all’improvviso (36). Quando si accetta un incarico, bisogna compierlo secondo le indicazioni ricevute. Per onestà. Quanto più importante è il compito affidatoci, tanto maggiore dev’essere il nostro impegno, in vista della nostra maturazione e anche perché dobbiamo rendere conto a chi ci ha affidato l’incarico. Si tratta di etica naturale, ma serve anche per la nostra vita soprannaturale, per crescere nella comunione con Dio e con i fratelli.

2. (a) Gesù esorta i discepoli, che non sanno quando è il momento, cioè l'anno e il mese, il giorno e l'ora, della Sua venuta alla fine della loro vita e del mondo: Fate bene attenzione, vegliate, perché non sapete (33); Vegliate dunque: voi non sapete (35). Egli insiste con gli ascoltatori di allora; ma, come sempre, Egli intende rivolgersi pure ai discepoli futuri: Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate! (37). “Vegliare” per il discepolo significa vivere alla luce di ciò che ci insegna la fede, secondo ciò che ci propone la speranza e ci prospetta la carità verso Dio (i primi tre comandamenti) e verso il prossimo (gli altri 7). Per praticare questo, dobbiamo ascoltare la Parola di Dio e meditarla, pregare di più e meglio e ricevere i sacramenti. (b) La parabola è un invito a regolare la propria vita come se fosse un viaggio verso l'incontro con Cristo giudice, sia alla fine del mondo per tutti gli uomini insieme, buoni e cattivi, sia alla fine della vita individuale, per il giudizio personale. La nostra vita è piena di pensieri e parole, azioni e omissioni, che vanno fatti in modo da essere graditi a Cristo, cioè che esprimano l'amore a Lui presente nel prossimo (cfr. Mt 25,31-46). La nostra vita è un'attesa di questo incontro con Gesù: riceviamo la grazia di Dio per aiutare la nostra collaborazione in modo da realizzare la piena comunione con Lui.

II - Isaia 63,16b-17.19b; 64,2-7 – 1. Si tratta dì una preghiera di confessione dei peccati, che possiamo far nostra, perché tutti siamo peccatori. (a) Dio è il nostro creatore: tutti noi siamo opera delle tue mani (7), ma ha voluto farsi nostro padre (1; 7) e da sempre… nostro redentore (1), perché interviene per liberare il popolo dai castighi, che si attira coi suoi peccati. Nel corso della storia tante volte Dio ha liberato gli ebrei da pericoli e nemici: p. es. col primo esodo dalla schiavitù egiziana e col secondo da Babilonia 7 secoli dopo. Per mezzo di Mosè Dio operò miracoli stupendi (2), di cui Mai si udì parlare da tempi lontani: orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui (3); poi ai piedi del Monte Sinai istituì l’alleanza con gli Ebrei liberati e lo fece suo popolo, dandogli le dieci Parole come stile di vita. Gli Ebrei furono liberati con grandi manifestazioni della potenza e gloria di Dio; noi siamo stati redenti dai peccati per mezzo di Gesù, Dio e Uomo, con grandi sue sofferenze e umiliazioni. Buono e potente si rivelò Dio con gli Ebrei, ma ancora di più con noi per mezzo di Gesù. Nelle sue opere di redenzione Dio mostra che è lui che prende l'iniziativa per salvare chi crede e spera in lui e lo ama in Se stesso e nel prossimo, cioè fa la Sua volontà: Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie (4). Chiediamo la grazia di praticare le virtù teologali. (b)  Ma gli Ebrei furono ribelli e commisero peccato contro Dio da lungo tempo (4); addirittura Nessuno invocava il suo nome e nessuno si risvegliava per stringersi a Lui (6); così essi diventarono disgustosi ai Suoi occhi come una cosa impura  e come panno immondo erano tutti i loro atti di giustizia (5). Dio si era adirato (4) per tanta ingratitudine e nascose da loro il suo volto (6); li abbandonò alle conseguenze dei loro peccati (6), sottraendo la protezione speciale che aveva per loro. Così si ridussero malissimo (5). Ma il Profeta crede che Dio è misericordioso ed è sempre redentore e Gli domanda: Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? (17); Gli esprime il desiderio: Se tu squarciassi i cieli e scendessi! (19) e supplica: Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità (17); la sua presenza l’avvertirebbe anche la natura inanimata (19) e il popolo sarebbe liberato. Anche noi siamo peccatori e ci riduciamo molto male quando rifiutiamo di convertirci e farci aiutare da Dio. Dio ha manifestato per noi con la prima venuta di Gesù una bontà e amore, infinitamente più grandi rispetto a quello che ebbe per gli Ebrei. Noi ora viviamo nell’attesa della sua seconda venuta - alla fine del mondo, e – prima -, alla fine della vita -; abbiamo bisogno del perdono dei peccati e di farne penitenza. Ignorandone la data, è indispensabile che vigiliamo e valorizziamo le venute intermedie.

III - 1Corinzi 1,3-9 - Dio benedice la comunità di Corinto e l’arricchisce in Cristo di tutti i doni spirituali (5) e di ogni carisma (7), p. es. conoscere il mistero di Dio e di saperlo comunicare agli altri (5), tutto per farle vivere bene la vita cristiana. Paolo confessa: Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù (4). Essi vivono da buoni cristiani (6), perché si sanno già da ora chiamati da Dio a vivere in comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro! (9) e, per mezzo di lui, anche col Padre e con lo Spirito Santo; ma sono anche in attesa della seconda venuta di Gesù, cioè del giorno del Signore nostro Gesù Cristo (8), conosciuto da Dio e ignorato da noi. E’ dalla sua grazia, che si ottiene con la preghiera e i sacramenti, che ci aspettiamo oggi la piena stabilità (8 Egli vi renderà saldisino alla fine della vita e del mondo, nella quale aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo (7), e che evitiamo il peccato (8 irreprensibili). Dobbiamo credere in Dio e fidarci di Lui (9 Degno di fede è Dio) e delle sue promesse, che trovano la loro realizzazione per mezzo di Cristo, che col Padre è sorgente della benevolenza e della pace; queste Paolo augura e invoca sui fedeli: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! (3). Gesù verrà a giudicarci e dobbiamo tenerci sempre pronti con una vita cristiana impegnata, sostenuta dalle sue grazie e carismi.

EUCARESTIA. In questa Cristo realizza molte delle sue venute: la presenza del suo Corpo e Sangue, la Parola, l’Assemblea e il Ministro, ogni uomo presente. Chiediamo la fede viva per percepire queste presenze di Gesù per mezzo dei segni e la carità operosa per essere ben preparati all’incontro con lui alla fine della vita e del mondo. La Vergine nostra Madre e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni ce ne ottengano la grazia. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. La vigilanza è raccomandata da Gesù perché è vitale nella vita spirituale per non sciupare le occasioni di crescita nella vita soprannaturale, ma anche nella vita psicologica e fisica. Se stiamo attenti a quel che facciamo e come lo facciamo, non saremo distratti e quindi faremo nel modo migliore quello che stiamo facendo, specie se è nostro dovere.

2. Quanto più importante è l’avvenimento che dobbiamo affrontare, specie se è unico, come lo sono la morte, il giudizio particolare, quello universale, la salvezza, ecc., tanto più urge essere vigilanti. Ciò che è unico è di importanza assoluta: abbiamo una sola anima e se non collaboriamo con la grazia di Dio a salvarla, saremo rovinati per sempre. Impegniamoci nella vigilanza.

3. Se accogliamo, per grazia di Dio, l’invito di Gesù a vegliare, ricordiamoci che Gesù vuole che lo aiutiamo anche a richiamare il prossimo alla vigilanza, a fargli prendere coscienza che ci sono delle realtà molto importanti nella vita, che non possiamo trascurare  o trattare con leggerezza..

4. Dio è nostro padre. Gli Ebrei erano più portati a considerare Dio padre del popolo ebreo e meno come padre dei singoli ebrei. Dio vuole essere padre di ciascuno di noi, nessuno escluso; ha mandato suo Figlio sulla terra perché ci facesse diventare suoi figli di adozione. Ognuno di noi è Figlio di Dio grazie all’attività dello Spirito in noi, che crea in noi la relazione e ce la fa vivere.

5. La nostra vita in questo mondo è un viaggio verso l’eternità. Incontreremo Gesù alla fine della vita per il giudizio particolare e alla fine del mondo per il giudizio universale. La nostra vita di fede e carità ci serve a renderci degni di essere presentati da Gesù al Padre come suoi figli. I sentimenti da alimentare in noi sono quelli suggeriti di Paolo: ringraziare, fede, valorizzare i carismi per la vita della Chiesa e per l’apostolato, rendere salda fra noi la testimonianza di Cristo e offrirla agli altri. (mons. Francesco Spaduzzi)

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