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Tempo Ordinario: Domenica 24.ma dell'Anno B

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni

mons. Francesco Spaduzzi

francescospaduzzi@gmail.com

Tempo Ordinario: Domenica 24.ma dell'Anno B

 I - Marco 8,27-35 - Gesù sta in una zona, dove abitano molti pagani, nei dintorni di Cesarea di Filippo, e durante uno spostamento domanda agli Apostoli che idea di lui si è fatta la gente (27); le loro risposte sono varie: Giovanni Battista, risuscitato e ritornato alla sua missione, o Elia o un profeta (28). Poi Gesù chiede che cosa essi pensano e Pietro, a nome di tutti, risponde che è il Messia (29 Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo»). Gesù ordina il silenzio su questo punto (29), perché sono sbagliate le idee correnti circa la missione del Messia: la gran parte pensa a una missione politica e mondana, che però non rientra nel piano di Dio, come Gesù ha già mostrato, quando ha respinto le offerte del diavolo nella tentazione del deserto (Mt 4,1-11). Gesù, inoltre, non è solo un grande uomo della storia della salvezza, come i profeti o altri personaggi, ma è Dio fatto uomo. Vigiliamo anche noi per rifiutare idee storte sulla persona e missione di Cristo - ce ne sono tante purtroppo anche oggi -. Il nostro punto di riferimento deve essere la Parola di Dio scritta e l'insegnamento della Chiesa. Ma neanche gli Apostoli hanno un'idea esatta di Gesù. (b) Dopo che gli Apostoli hanno fatto la professione di fede, Gesù chiaramente (32 Faceva questo discorso apertamente) annunzia per la prima volta che sarà rifiutato dai capi religiosi e civili e che compirà la sua missione nella sofferenza e addirittura verrà torturato e ucciso, ma il terzo giorno risorgerà (31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere) - al terzo giorno è la stessa cosa di tre giorni (cfr. Mt 27,63-64). Gesù ha parlato, noi crediamo senza riserve, come dobbiamo fare sempre. La durezza del contenuto e la sorpresa che suscita non deve trattenerci dall’aderire pienamente alla Parola di Gesù. Oltretutto c’erano tante profezie dell'AT sulla sofferenza del Messia, specie quelle del Servo di Yahweh (Is 42; 49; 50; 52-53), ma l'ebraismo - anche il migliore conoscitore della S. Scrittura -, non aveva mai collegato il Messia col Servo di Yahweh; Gesù lo fa. Dobbiamo credere in Gesù come Messia, che ci salva con tutta la sua vita, compresa la sofferenza e la morte. I contemporanei di Gesù – ma anche tanti in seguito -  trovarono immense difficoltà ad accettare un Salvatore Crocifisso. Noi cristiani ci siamo abituati a vedere il Crocifisso e non ci impressioniamo più; anzi abbiamo sviluppato gratitudine e ammirazione e amore per lui e desiderio di seguirlo sulla via della croce. Preghiamo lo Spirito Santo che apra il cuore nostro e di tutti ad accettare Gesù come il Padre ce lo ha dato: crocifisso e glorioso.

 2. (a) Pietro, come gli altri, non ha gradito per niente l'annuncio di Gesù sulla sua Passione e Morte, perché lo ama - a modo suo -, e non vuole vederlo soffrire e umiliato; inoltre non corrisponde per niente all’idea che essi hanno del Messia, che condividevano con gli altri ebrei. Perciò chiama Gesù in disparte e mostra il suo disaccordo, rimproverandolo (32 Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo). Gesù fissa lo sguardo sugli Apostoli (33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli), - perché li riguarda da vicino quello che sta per dire -, rimprovera a sua volta Pietro con l'appellativo di Satana (33 rimproverò Pietro e disse: Satana!) e gli ordina di andare dietro a Lui (33 Va’ dietro a me) come discepolo, che deve ancora imparare; gliene dà anche il motivo: il suo modo di ragionare è solo umano e non da spazio al modo di pensare di Dio (33 Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini). Certo la fede di Pietro sulla persona di Gesù è esatta, ma è sbagliato il modo, in cui vede la realizzazione della missione del Salvatore; perciò agisce con Gesù da tentatore, come fece Satana nel deserto (Mt 4,1-11). (b) Ma Gesù non ha finito il suo insegnamento su questo punto. A tutti i discepoli e alla folla (34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro) aggiunge che chi vuole seguirLo come discepolo (34 Se qualcuno vuol venire dietro a me) deve rinunziare a se stesso (34 rinneghi se stesso), cioè lottare contro le tendenze cattive, che si porta dentro, e che lo spingono alla ricerca del piacere senza rispetto per i comandamenti, e deve ogni giorno prendere la propria croce (34 prenda la sua croce e mi segua), come Lui porterà la Sua. In sostanza non solo Gesù realizza la sua missione di salvatore con la morte in croce, ma anche i veri discepoli dovranno accettare di portare la croce. E conclude spiegando che chi vuole salvare la propria vita fisica, anche a costo di rinunciare a Gesù e al suo Vangelo, perderà la vita spirituale, eterna (35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà); ma si salverà per l’eternità chi rinuncia alla vita fisica, per essere fedele a Gesù e al suo Vangelo (35 ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà). Gesù è chiarissimo: per salvarsi eternamente, occorre essere fedeli a lui e al suo insegnamento, dandogli la precedenza in tutto. La Passione e Morte in croce è il vertice della vita di Gesù: ciascuno di noi, membro del suo Corpo, deve seguirlo nel portare la croce, anche se la nostra natura si ribelli, perché non gradisce e rifiuta la sofferenza. .

II - Isaia 50,5-9 - Il profeta riferisce in prima persona ciò che Dio gli fa dire di un personaggio, misterioso, indicato come il Servo di Yahweh (Is 42; 49; 50; 52-53): egli afferma che Dio gli ha parlato (5 Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio) ed Egli ha obbedito prontamente (5 non mi sono tirato indietro), senza opporre resistenza (5 e io non ho opposto resistenza); perciò ha offerto la schiena ai flagellatori (6 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori) e il volto a umiliazioni terribili, come gli insulti e gli sputi (6 non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi) e lo strappo della barba (6 le mie guance a coloro che mi strappavano la barba). Sappiamo che questa profezia si è realizzata alla lettera in Gesù durante la Passione: ha obbedito al Padre durante tutta vita e fino alla morte di Croce (Fil 2,6-11), sopportando anche queste umiliazioni. Anche la nostra vita deve essere di obbedienza completa al Padre in ogni circostanza, sapendo che ci sono situazioni, che sono volute direttamente da Dio, ce ne sono altre, che non sono volute da Lui, ma sono permesse da Lui e che noi dobbiamo sopportare almeno con pazienza e per amor di Dio, come ha fatto Gesù durante la vita, Passione e Morte. Chiediamone la grazia per vivere bene ogni avvenimento (b) In questa condizione di terribile sofferenza fisica e morale, il Servo nutre la profonda convinzione che egli non è mai solo e che Dio è con lui: Ecco (9), il Signore Dio mi assiste (7.9), È vicino chi mi rende giustizia (8). Dio gli è vicino nella sofferenza; egli lo sa che è così (Sal 90,14); per questo egli indurisce il suo volto contro la sofferenza (7 per questo rendo la mia faccia dura come pietra) e non sente vergogna (7 per questo non resto svergognato), con la certezza di non finire nella confusione (7 sapendo di non restare confuso). Egli è sicuro che nessuno lo potrà accusare (8 Chi mi accusa?) o entrare in giudizio con lui (8 chi oserà venire a contesa con me?) e sfida chiunque ad avvicinarsi (8 Si avvicini a me) e affrontarsi con lui (8 Affrontiamoci); egli è certo che nessun giudice lo dichiarerà colpevole (9 chi mi dichiarerà colpevole?). Questa tranquillità e sicurezza la troviamo in Gesù durante la Passione. Aveva predetto agli Apostoli che loro lo avrebbero abbandonato, ma non il Padre (Gv 16,32: mi lascerete solo, ma io non sono solo, perché il Padre è con me); e Lo sapeva vicino, anche mentre recitava il Salmo 21, in cui esprime tutte le sue sofferenze fisiche e morali, ma anche la certezza della vittoria finale. Alimentiamo questo sentimento di abbandono a Dio, nelle sue mani, nel suo cuore; siamo sempre coscienti che ogni momento siamo sotto il tuo sguardo ed egli è vicino a noi, con presenza naturale e soprannaturale. Se abbiamo fede, la percepiremo e gusteremo e ne sentiremo il sostegno.

III - Giacomo 2,14-18-6 - (a) Giacomo si trova di fronte a persone, che pretendono di essere cristiane e dichiarano che hanno la fede, anche se non hanno le opere della fede. Egli contesta l'affermazione, domandandosi a che cosa serve tale fede (14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere?) e se essa è in condizioni di portare alla salvezza eterna (14 Quella fede può forse salvarlo?) e conclude che essa è morta (17 Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta), appunto perché non giova a niente, e neanche lo salva (14). Giacomo porta un esempio: non serve (17 a che cosa serve?) dire ai bisognosi di cibo (15 Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano) e di calore (cfr. 16) di saziarsi e riscaldarsi nella pace del Signore (16 e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi»), se non si dà loro il necessario (17 ma non date loro il necessario per il corpo). La fede deve essere in Gesù, che è il Signore Dio e Salvatore, ma anche maestro di verità e modello di comportamento; essa necessariamente, con le sue promesse, spinge alla speranza e all'impegno della carità verso Dio e il prossimo, la quale si rivela nell'osservanza dei 10 comandamenti e dei due precetti dell'amore: conta la fede che si esercita per mezzo della carità (Gal 5,6; 6,15), proclama S. Paolo. (b) S. Giacomo lancia una specie di sfida a chi si vanta di avere la fede senza le opere: “Tu dici di avere una fede puramente teorica, mentre io ho le opere buone; ora, se ti è possibile, mostrami la tua fede senza le opere buone e io, invece, ti mostrerò la mia fede dalle mie opere buone, cioè dalle opere di carità. In realtà tu hai la vernice della fede, io ne ho la sostanza” (18 Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»). Gesù dice: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli  (Mt 5,16); se la nostra fede non si esprime in opere della carità verso Dio e il prossimo, vuol dire che essa è debole, e prima o poi porterà o al tradimento di Giuda con la dannazione o, forse, al rinnegamento di Pietro, che almeno si pentì; ma questo lo sa solo Dio. Il nostro impegno deve essere di crescere costantemente nella fede, speranza e carità - come ci fa pregare la Chiesa nella Messa 30.ma del Tempo Ordinario -, che sono virtù, nelle quali solo si esprime la vita cristiana.

EUCARESTIA. L’Eucarestia è il memoriale della Passione e Morte del Signore; ci unisce a Lui mentre rende presente il mistero centrale della sua vita: la pasqua. Ricevendo il Signore eucaristico, Egli ci comunica la grazia per portar la croce appresso a Lui e rinnegare noi stessi. Chiediamo alla Vergine Maria Addolorata e a S. Giuseppe, agli Angeli Custodi e a tutti i Santi Patroni di seguire le loro orme in questo punto del cristianesimo, così difficile. 


mons. Francesco Spaduzzi

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