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Recensione del saggio A cosa serve la storia dell'arte di Luca Nannipieri

A cura di Manuela Moschin del blog https://www.librarte.eu

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«Lo storico dell’arte, certamente, scrive libri, studia, approfondisce, conosce, sistema, ma il suo lavoro non si ferma alle pubblicazioni, all’erudizione: quando vedo uno storico che ha riscritto la storia dell’arte in venti volumi, ma ha lasciato marcire l’oratorio trecentesco del suo paese, ha taciuto di fronte alle biblioteche saccheggiate dai ladri, è stato zitto di fronte a commissioni ministeriali sull’arte che elargiscono finanziamenti senza giustizia a chi non se li merita, negandoli a centinaia di luoghi e comunità` che vivono tra le baracche, penso sempre che non sia stato all’altezza del valore sociale del suo lavoro.»

(da “A cosa serve la Storia dell’Arte”, Luca Nannipieri).

A cosa serve la Storia dell’Arte è il titolo assolutamente invitante dato al saggio del critico d’arte e saggista Luca Nannipieri, nel quale egli approfondisce alcuni temi scottanti riguardanti il mondo della cultura.

Sensibile alle tematiche legate alla valorizzazione, conservazione e tutela dei beni culturali, Nannipieri consegna all’appassionato d’arte un’analisi dettagliata, secondo un approccio di tipo interventistico, relativo alla protezione del patrimonio storico-artistico, per il quale, il più delle volte, non vengono rivolte le dovute considerazioni. Il libro si concentra sulle competenze dello storico dell’arte, specialmente alle attenzioni che dovrebbe dedicare per il recupero delle opere, come le pale d’altare, le abbazie o gli affreschi presenti nelle chiese in rovina.

La sua è un’invettiva contro il sistema attuale, che lascia in stato di abbandono e all’incuria complessi monumentali, chiese, dipinti, sculture, ossia capolavori artistici dal valore storico-artistico inestimabile. Si tratta di un’attenta riflessione, volta a indagare sui motivi per cui non vengono offerte adeguate cure alle opere d’arte in condizioni di degrado. Si sofferma sulla rilevanza del critico d’arte che secondo Nannipieri: «Un critico d’arte che presenta solo gli artisti alle mostre è utilissimo per i mercanti che vendono, ma inutile per la società, perché lascia intatti tutti i nodi di corruzione, prepotenza, vassallaggio, oligarchia, scambi di favori, che il suo lavoro intellettuale e critico deve invece quotidianamente denunciare e contrastare.»

Lo scrittore affronta argomenti quali la questione dei falsi, il mercato dell’arte, la tutela e la conservazione, offrendo delucidazioni in merito alle competenze del critico d’arte che, secondo l’autore, sono quelle di fondare e costruire.

Vengono citati i più grandi studiosi di storia dell’arte, che in passato ci lasciarono una serie di studi approfonditi divenuti oggetto di ricerca. Per citarne solo alcuni furono gli esperti come Winckelmann, Ernst Gombrich, Giulio Carlo Argan, Jacob Burckhardt, Erwin Panofsky che ci trasmisero scritti di grande pregio.

Nannipieri racconta la storia di Dominique Vivant Denon (1747-1825) che, nella Francia sotto il comando dell’Imperatore Napoleone, diede vita al Museo del Louvre di Parigi. Ci sono molte curiosità illustrate dall’autore inerenti a questa vicenda.

C’è una frase che mi ha affascinata in maniera particolare, ossia quando Nannipieri afferma che non è importante salvare il patrimonio artistico: «ma l’anima delle persone che, unendosi, curano quella chiesa, quella piazza, quel monumento, quell’ospedale, quella biblioteca, quei ragazzi disagiati, perché in quel loro aggregarsi, in quel loro farsi comunità, in quel loro darsi da fare, diventano una delle presenze più preziose che si possano incontrare. Quindi siamo tutti coinvolti in questa idea che lo storico esprime nei confronti della salvaguardia dei beni culturali. Il cittadino aggregandosi ad altre persone forma una comunità la quale a sua volta può contribuire a mantenere in vita.»

Il saggio

La storia dell’arte ha bisogno non soltanto di studi specifici su singoli artisti, movimenti, stili, secoli, geografie, tendenze, ma anche di libri che meditino sulle fondamenta, sulle questioni fondative, sulle domande prime: a cosa serve la storia dell’arte? Qual è il compito dello storico dell’arte? Perché si conservano i manufatti e le opere? Che cosa muove le comunità e i popoli quando preservano o distruggono i simboli e le testimonianze ricevuti dal passato? Nel libro, approfondendo il rapporto tra patrimonio storico-artistico, persona e comunità, l’autore riflette sulla responsabilità sociale dello storico e del critico d’arte, mettendo a confronto il suo pensiero non solo con i fondatori o punti di riferimento della disciplina, da Johann Joachim Winckelmann ad Arnold Hauser, da Alois Riegl a Erwin Panofsky, da Max Dvor?ák a Bernard Berenson e Heinrich Wölfflin, ma anche con gli storici direttori di alcuni dei più autorevoli musei italiani ed europei, come Palma Bucarelli, Franco Russoli, Ettore Modigliani e Fernanda Wittgens, così come con figure, come il soprintendente Pasquale Rotondi, che sono rimaste nella storia per i capolavori che hanno salvato dalle distruzioni e dalle guerre. Dunque un libro di teoria dell’arte e di militanza.

L'autore

Luca Nannipieri, critico e storico dell’arte, ha pubblicato con Skira Capolavori rubati (2019) e Raffaello (2020); dalla sua rubrica su RaiUno, “SOS Patrimonio artistico”, Rai Libri ha pubblicato il volume Bellissima Italia. Splendori e miserie del patrimonio artistico nazionale. Tra gli altri suoi libri, ricordiamo quelli allegati alquotidiano“IlGiornale”,comeL’artedelterrore. Tutti i segreti del contrabbando internazionale di reperti archeologici, Vendiamo il Colosseo. Perché privatizzare il patrimonio artistico è il solo modo di salvarlo, Il soviet dell’arte italiana. Perché abbiamo il patrimonio artistico più statalizzato e meno valorizzato d’Europa. Dirige Casa Nannipieri Arte, curando mostre e conferenze, da Giacomo Balla a Keith Haring.

 

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