Tempo Ordinario: Domenica 27 C
Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
I - Luca 17,5-10 – 1. Gli Apostoli chiedono a Gesù di accrescere loro la fede (5-6 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Accresci in noi la fede!».): si sono resi conto che la loro fede è poca, come spesso li rimprovera Gesù (Mt 8,26; 14,31; 16,8; 17,20) e che la nascita della fede e la sua crescita e la sua permanenza nel cuore dell'uomo proviene solo da Dio, che la dona e la fa sviluppare. Gesù richiama loro l’importanza della fede, avvertendoli che anche una fede piccolissima quanto un granello di senapa può spostare un gelso (o una montagna) dalla terra ferma al mare (6 Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe). La fede è dire di sì a Dio quando ci rivela qualsiasi verità e quando ci indica qualche cosa da fare: è aderire con l'intelligenza alle verità che propone e con la volontà ai comandamenti che ci invita a rispettare. (a) Sarebbe auspicabile che avessimo la fede completa di Maria, che aderisce totalmente e senza riserve alla Parola di Dio, rivelata dall'Angelo, e la mette in pratica; invece la nostra è una fede limitata (Mt 6,30) come quella di Pietro, che, pur credendo, si spaventa mentre cammina sulle acque del lago e incomincia ad affondare (Mt 14,31), o degli Apostoli, che non riescono a guarire l'indemoniato (Mt 17,20). (b) Chiediamo con insistenza questa fede, che nasce dall'ascolto della Parola di Dio e dall'adesione a essa, perché Dio ci attrae, e si alimenta se la meditiamo e la mettiamo in pratica, sempre sotto l'influsso della grazia dello Spirito Santo. Possiamo e dobbiamo pregare per crescere nella fede, come gli Apostoli qui: Accresci in noi la fede! (6), o come il padre dell’indemoniato: Credo; aiuta la mia incredulità! (Mc 9,24); preghiamo di poter arrivare a una fede così intensa che Gesù possa restare piacevolmente sorpreso di noi e dire di noi ciò che disse del centurione, che chiese la guarigione del figlio: Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! (Mt 8,10). Possiamo e dobbiamo pregare anche per la fede del nostro prossimo, come fece Gesù per Pietro: io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (Lc 22,32), specialmente per le persone che hanno autorità nella Chiesa.
2. Dio ci fa suoi figli grazie alla fede e al battesimo; noi dobbiamo sentirci e agire da figli di Dio perché lo siamo, ma occorre non dimenticare chi è Dio - e quanto grande! - e chi siamo noi, creature limitate e per giunta anche peccatori. Gesù, per aiutarci a tener presenti entrambe le verità dell’infinità di Dio e della nostra estrema piccolezza, paragona il credente in Dio a uno schiavo rispetto al suo padrone. Se il padrone ha un solo servo, che lavora nei campi e fa i servizi a casa, e lo vede rientrare dal lavoro dei campi, non lo invita a mangiare (7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”?), ma gli dice di preparare il cibo per lui e di servirlo durante il pasto; e poi il servo provvederà al suo pasto (8 Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”?). Il padrone non si ritiene certo in obbligo verso il servo per il lavoro che ha fatto (9 Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?). Così noi, dopo che abbiamo compiuto perfettamente la sua volontà, dobbiamo dire che siamo solo servi, abbiamo fatto solo quello che era il nostro dovere (10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”»). Noi, dopo che abbiamo obbedito a Dio, non dobbiamo approfittarcene né per la nostra gloria o per qualche interesse personale (Sal 115,1): siamo e restiamo solo dei servi di fronte a Dio padrone, creature di fronte al Creatore; ma non dimentichiamo mai che Dio ci ha resi suoi figli adottivi come Gesù è il figlio naturale. E anzi più che semplici adottivi (cfr 1Gv 3,1-3).
II - Abacuc 1,2-3; 2,2-4 - Il profeta (col il popolo ebreo) si trova in una situazione di terribile sofferenza, perché è scomparsa la carità fraterna (1,3 Ho davanti a me rapina e violenza/ e ci sono liti e si muovono contese): egli vede la violenza (1,2), la malvagità nei rapporti (3 Perché mi fai vedere l’iniquità), e l'oppressione (1,3); inoltre ha la sensazione di pregare e non essere ascoltato (1,2 Fino a quando, Signore, implorerò aiuto/ e non ascolti) e di rivolgersi a Dio, avvertendolo della violenza che lo circonda senza che Egli intervenga a salvarlo (1,2 a te alzerò il grido: «Violenza!»/ e non salvi?); perciò arriva a interrogare Dio perché gli fa vedere tanta malvagità ma poi Lui stesso resta solo spettatore (1,3 e resti spettatore dell’oppressione?). In realtà Dio risponde annunciando una visione e raccomanda di farla passare alla storia, scrivendola su tavolette - allora così si faceva - e in modo chiaro così da leggerla con facilità (2,2 Il Signore rispose e mi disse:/ «Scrivi la visione/ e incidila bene sulle tavolette,/ perché la si legga speditamente): questa visione annuncia che ci sarà un termine a questa situazione (2,3 È una visione che attesta un termine,/ parla di una scadenza); essa certamente si realizzerà (2,3 e non mentisce); è certo che tutto si verificherà a suo tempo ma bisogna anche aver pazienza perché c’è bisogno di tempo per avverarsi (2,2 se indugia, attendila,/ perché certo verrà e non tarderà). E’ Dio che parla e offre una rivelazione (2,4 Ecco) che gli ingiusti saranno schiacciati mentre il giusto sopravviverà grazie alla sua fede e speranza in Dio (2,4 soccombe colui che non ha l’animo retto,/ mentre il giusto vivrà per la sua fede). Paolo cita queste parole nella Lettera ai Romani (1,16-17) e dice che il Vangelo possiede una forza salvifica divina, perché in esso si rivela la bontà e l’amore preveniente del Signore, fedele alle sue promesse fatte a Israele e in esso a tutti gli uomini. L'attività salvifica di Dio sarà tanto più operante, quanto più cresce la fede fino a diventare il principio di ogni pensiero e azione: la fede non è solo la condizione indispensabile per entrare nella sfera della salvezza, ma anche per perseverare e appropriarsene sempre più. Cresciamo nella fede per praticare meglio la speranza e la carità e d'altra parte la carità diventerà sempre più intensa quanto più crescono la fede e la speranza; la pratica delle virtù teologali rende sempre più intensa la nostra unione con Dio Padre e Figlio e Spirito.
III - 2Timoteo 1,6-8.13-14 – (a) Paolo invita Timoteo a ravvivare il dono che Dio gli aveva fatto per l'imposizione delle mani di Paolo sul suo capo (6 ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani) nel rito del sacramento dell'ordine. Attraverso di esso Timoteo aveva ricevuto il dono dello Spirito Santo per fare apostolato senza paura e con fortezza, amore e sapienza (7 Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza). Lo stesso Spirito Santo lo avrebbe sostenuto per evitare di fargli sentire imbarazzo, quando avrebbe parlato del Signore e avrebbe dichiarato di credere in lui, e per non vergognarsi di Paolo, che era in prigione come se fosse un malfattore ma in realtà vi si trovava per amore e fedeltà a Gesù (8 Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui). Anzi Paolo va oltre e incoraggia Timoteo a soffrire con lui per il Vangelo, confidando nell’aiuto proveniente dalla potenza e grazia di Dio (8 ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo). Timoteo è un tipo un po' timido di carattere e Paolo lo invita ad attingere coraggio dalla grazia del sacramento dell'ordine per superare le sue paure e per praticare le virtù per fare apostolato. Tutti i sacramenti danno una grazia speciale, sacramentale, che sostiene nella lotta contro le nostre debolezze e per crescere nell'amore di Dio e del prossimo e in tutte le virtù. Dovremmo imparare a valorizzare le grazie proprie dei singoli sacramenti. (b) Paolo esorta Timoteo ad avere sempre come punto di riferimento la Parola di Dio, che aveva ascoltata da lui (e prima dalla madre e dalla nonna), e a perseverare nella fede e nella carità, che vengono da Gesù e portano all'unione con lui (13 Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù); si affidi inoltre allo Spirito Santo, che abita in noi e che lo aiuterà a custodire bene il deposito della dottrina, che gli è stato affidato con il sacramento dell'ordine (14 Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato). Queste due raccomandazioni di mettere al centro della propria vita la Parola di Dio e conservare integra e trasmettere in modo fedele la dottrina della fede valgono per ogni prete e tanto più per il vescovo: preghiamo perche tutti i fedeli e soprattutto i responsabili nella Chiesa cresciamo nella fede e nella carità e sentiamo l’urgenza e la necessità di essere fedeli alla dottrina e di conservarla e trasmetterla integra.
EUCARESTIA. La grazia sacramentale dell’Eucarestia è certamente l’unione con Dio e coi fratelli, cioè la crescita nella carità. Ma il fatto che da sempre è stata preceduta da una liturgia della Parola, rivela chiaramente che la fede è necessaria per arrivare all’Eucarestia e ne viene rafforzata. Dalla fede e dalla carità sgorgano tutte le virtù… Chiediamole per intercessione della Vergine e di S. Giuseppe, degli Angeli Custodi e dei Santi Patroni.
mons. Francesco Spaduzzi