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Il trionfo di S. Andrea Apostolo

E’ un po’ di tempo che sulla bocca di alcuni abitanti di S. Andrea ricorre, come un mantra, l’espressione “il paese è finito”.

Come tutte le parole dell’uomo, essa, dice tutto e niente, in quanto soggetta inevitabilmente alle varie interpretazioni.

La Storia, che non è una scienza esatta, non insegna nulla a nessuno, come d’altronde tutte le altre discipline, se non c’è qualcuno disposto a recepire, nella speranza che abbia le capacità per farlo, i suoi insegnamenti; al di là delle varie concezioni filosofiche della storia (cristiana, marxista, vichiana, ecc.), è l’uomo il protagonista che con il suo agire ne determina i mutamenti e ne domina i processi. Ricordare la vocazione artigiana, la vivacità culturale, il senso religioso di S. Andrea di una volta ( ed ognuno conserva i propri personali ricordi), è operazione storico antropologica che serve, giustamente, a conservare e tramandare la memoria, ma la progressione della storia (questa idea nata nel ‘600 !) , non si può fermare ed è anacronistico in tal senso.

Lo spartiacque, per S. Andrea come per Solofra e per tutta l’Irpinia, riteniamo sia stato il sisma del 1980, che secondo noi ha dato il colpo di grazia a quella che dagli antropologi, viene definita la “civiltà contadina” con tutte le sue espressioni ( cfr. ad multa : G. GALASSO, L’altra Europa, Ed. Oscar Studio Mondadori; P. BURKE, Cultura popolare nell’Europa moderna, Ed. Oscar Studio Mondadori; G. DE ROSA, Chiesa e religione popolare nel mezzogiorno, Ed Laterza).

Ma il sisma dell’80 ha altresì distrutto le strutture urbanistiche preesistenti che per secoli si sono ispirate al principio di adattare il territorio alla natura, esso, capovolgendo tale principio, ha prodotto la devastazione del tessuto urbano (basti guardare alle Casate).

Conseguenze dirette, sono state le divisioni ispirate dalla politica per meri calcoli economici dato l’enorme flusso di denaro pubblico stanziato per la ricostruzione, lo svuotamento del centro storico, la nascita di agglomerati edilizi abitativi che circondano il paese, ma in un certo senso estranei e non armonizzati ad esso, la viabilità che mostra tutte le sue pecche non appena circola qualche macchina in più o si svolge qualche manifestazione, la mancanza di parcheggi sufficienti, la tanto lamentata assenza di luoghi di ritrovo, più che altro per nascondere la mancanza di volontà di socializzare. Infatti Piazza S. Andrea, palcoscenico di tante vampate e di discorsi rivoluzionari che inesorabilmente si spegnevano in determinate stanze, è sempre vuota o frequentata da pochi irriducibili.

L’aver perso, ancora, un prestigioso laboratorio di liuteria, la demolizione senza pietà della casa del Guarini salvo poi a celebralo impunemente, il possedere un archivio parrocchiale molto antico e non valorizzarlo, strutture sportive poco sfruttate, ecc. ecc..

Tuttavia tutto questo resta secondario fino a quando i santandreini o santandreani che dir si voglia, continueranno a comportarsi come i “polli di Renzo” ed a seguire gli insegnamenti di quelli che Orazio in una delle sue Satire chiama “tronchi di fico” o A. Branduardi, mutuando S. Esenin “ tronchi rugginosi” o infine la cultura popolare indica come “peri dell’orto”.

Pur nutrendo molti dubbi ed una mancanza di fiducia nell’uomo, auspichiamo comunque, un risveglio da tale torpore dell’anima e del corpo, una rivoluzione culturale, non certo alla Mao, una nuova visione che abbia una diversa gradazione (non alcolica, precisiamo), se non altro da ottusa ad angolo retto.

Stoici (antichi, di mezzo o neostoici), Epicurei (leggasi per una summa del pensiero epicureo De rerum natura di Lucrezio) o Utopisti ( alla Bacone, alla Moro o alla Campanella), pur nelle diverse posizioni, siamo tutti chiamati a cercare di migliorare noi stessi e quanto ci circonda ( il microcosmo del villaggio ed il macrocosmo del villaggio globale) senza semplicemente esclamare “tanto non cambia niente”.

P. S. Preghiamo gentilmente il lettore di non paragonarci al classico prete che spara cazzate di gucciniana memoria. Grazie!.

E.F.A.

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