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Nei mesi scorsi anche Giuseppe Conte ha legittimato Matteo Salvini

Caro direttore, Marco Travaglio ha dedicato un corsivo all’esaltazione della figura di Giuseppe Conte. Secondo lui: «Conte, a dispetto della doppia propaganda leghista e sinistrista, non è uomo dell’establishment né del vecchio centrosinistra. È l’interprete più apprezzato di un populismo-sovranismo dal volto umano che ottiene risultati in Italia e in Europa, diversamente da quello parolaio, inconcludente e dannoso delle destre. Perciò, oltreché per capitalizzare i sondaggi e liberarsi delle indagini, Salvini ha rovesciato il governo: Conte stava crescendo troppo per lasciargli altro campo libero da fiore all’occhiello del M5S. È lo stesso timore che anima Zingaretti e Renzi, divisi su tutto fuorché sull’ostilità a Conte, tanto comprensibile per ragioni di bottega quanto miope per gli interessi dell’Italia: se mai nascesse un governo M5S-Pd, l’unica speranza di renderlo popolare sarebbe di affidarlo all’“avvocato del popolo”» (Chi ha paura di Conte; Il Fatto Quotidiano, 21/8/2019). Non sono d’accordo. Nonostante lo scatto d’orgoglio che lo ha portato a fare un ottimo discorso in Senato Giuseppe Conte non può essere considerato immune da colpe. Col suo ruolo di primo ministro del governo M5S-Lega ha legittimato un patto di governo che ha sdoganato e poi fatto crescere nei consensi popolari un nemico della democrazia come Matteo Salvini. Nei mesi scorsi sono state poche, molto poche le occasioni in cui Conte ha tirato fuori la grinta per contestare l’aggressività di Salvini, soprattutto per quanto riguarda la politica migratoria. Non me la sento di criticare Zingaretti se, superando una prima, deludente richiesta di andare alle urne, adesso dice di essere pronto a prendere in considerazione l’ipotesi di un governo con i Cinque Stelle a patto che esso si basi su una evidente discontinuità sia negli uomini che nei programmi.

Cordiali saluti

Franco Pelella

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