XIX domenica del tempo ordinario (anno c)
Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
Letture bibliche: Sap 18, 6-9; Sal 32; Eb 11, 1-2.8-19; Lc 12, 32-48
Introduzione e Atto penitenziale. Gesù raccomanda la vigilanza nell’attesa del suo ritorno. Vigilanza significa in pratica osservare i comandamenti, fare bene il proprio dovere di uomo e di cristiano, secondo la propria vocazione. Certamente molto abbiamo peccato. Chiediamo perdono.
Sintesi dell’omelia. La prima lettura ci mostra come gli Ebrei vegliarono la notte prima e durante il passaggio del Mar Rosso, e Dio con loro. Il Vangelo ci esorta alla vigilanza nell’attesa del Signore, facendo il proprio dovere come i servi buoni attendono lo sposo in arrivo. La seconda lettura ci presenta la fede come la caratteristica fondamentale di quelli che attendono vigilanti.
Omelia. I – La prima lettura ci presenta la notte più importante per la storia del popolo ebreo, quella della liberazione dall’Egitto. Quella notte fu preannunziata ai nostri padri, perché sapendo a quali promesse avevano creduto, stessero di buon animo (Sap 18,6), non solo, ma anche perché potessero vigilare e aspettarne la venuta. Essa avrebbe portato la salvezza agli schiavi ebrei e la rovina degli avversari: Il tuo popolo si attendeva la salvezza dei giusti come lo sterminio dei nemici (Sap 18,7); un solo avvenimento ma con due risultati opposti: come punisti gli avversari, così ci rendesti gloriosi, chiamandoci a te (Sap 18,8). Essi si prepararono con la pratica dell’amore verso Dio, prestandogli il culto: I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto, e con la pratica dell’amore verso il prossimo: si imposero, concordi, questa legge divina: i santi avrebbero partecipato ugualmente ai beni e ai pericoli (Sap 18,9), cioè la solidarietà e la comunione dei beni.
Quando tutto fu pronto, secondo quanto stabilito da Dio, nella notte della liberazione, desti al tuo popolo, Signore, una colonna di fuoco, come guida in un viaggio sconosciuto e come un sole innocuo per il glorioso emigrare (Sap 18,3). Anzi nella nube c’era il Signore stesso: alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta (Es 14,24; cfr Es 40,34-38; 14,19). Dio vegliò quella notte insieme col suo popolo, che per il futuro veglierà ogni anno nella notte anniversaria: Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dal paese d'Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione (Es 12,42).
Possiamo ammirare Dio che veglia per il suo popolo (e per noi), e lo protegge con la sua presenza onnipotente e imitare la vigilanza degli Ebrei in attesa della nostra pasqua eterna.
II – Gesù raccomanda la vigilanza ai suoi discepoli affinché anch’essi – in ultima analisi - possano realizzare la loro pasqua.
Gesù invita i discepoli a stare tranquilli perché il Regno di Dio già è stato loro dato: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno; non si tratta del Regno di Dio da diffondere, ma del Regno celeste, che il Signore darà in ricompensa alle loro dure e ingrate fatiche apostoliche.
a. Per avere accesso al Regno è necessario il distacco dai beni di questo mondo, che devono essere usati al servizio del prossimo: Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma (Lc 12,32). Essendo il nostro tesoro in cielo, là si concentrerà tutta la nostra attenzione: Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
b. Inoltre è necessaria la vigilanza dei discepoli nell’attesa della venuta di Gesù, il Figlio dell’uomo, come gli Ebrei attesero la venuta del Signore nella notte della Prima Pasqua: Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese... Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate (Lc 12,35.40). La vigilanza dei discepoli deve essere come quella dei servi che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa (Lc 12,36). Se essi saranno trovati svegli avranno una ricompensa al di là di ogni immaginazione: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli (Lc 12,37); solo il padrone che è Dio è capace di mettersi a servire i servi! E la ricompensa sarà ancora più grande, se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così...! (Lc 12,38).
La vigilanza dei discepoli è anche paragonata a quella del padrone di casa che veglia: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa (Lc 12,39).
c. La domanda di Pietro: Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti? (Lc 12,41), dà occasione a Gesù di dividere i servi in due categorie, quelli che fanno il loro dovere, secondo le indicazioni del padrone e riceveranno il giusto premio: Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi (Lc 12,42-44); e quelli che non fanno il loro dovere riceveranno il giusto castigo: se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli (Lc 12,45-46).
Ma ci sarà una differenza di punizione: un castigo più duro per quelli che sbagliano, conoscendo la volontà del padrone: Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse (Lc 12,47); castigo meno duro per quelli che sbagliano senza conoscerla: quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche (Lc 12,48). E Gesù conclude con un’affermazione di indole generale, cui il Signore si atterrà nel giudizio: A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più (Lc 12,48); occorre notare che non è posto un contrasto esplicito tra chi ha e chi non ha, ma un contrasto tacito fra chi ha ricevuto molto e chi niente.
L’invito al distacco dai beni terrestri, per diventare capaci di crearci i tesori in cielo, ci ricorda ancora una volta che i beni materiali ci devono servire per aiutare il prossimo e non solo per il nostro uso personale, e l’invito alla vigilanza ci avverte dell’importanza dell’incontro finale col Signore, sia quello della fine del mondo, sia quello più vicino della fine della vita. Se non viviamo osservando i comandamenti e facendo bene il nostro dovere, non possiamo dire che stiamo vigilando, e quindi meriteremo il castigo dei servi cattivi.
III - La lettera agli Ebrei ci parla delle fede, che è la caratteristica fondamentale di quelli che devono vigilare; prima di tessere l’elogio della fede dei grandi personaggi dell’AT, il brano dà come una definizione di questa virtù: la fede è fondamento delle cose che si sperano, cioè è “ciò che sta sotto le cose sperate”, nel senso che non solo le fa desiderare assenti, ma già ce ne dà il possesso anticipato, anche se imperfetto. Questa imperfezione di possesso alimenta la speranza del possesso perfetto e definitivo delle realtà invisibili: prova di quelle che non si vedono (Eb 11,1). Questa fede l’avevano i grandi personaggi dell’AT: Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza (Eb 11,2); essi hanno lasciato un impronta nella storia e le hanno imposto una nuova direzione.
Per fede Abramo lascia la sua patria: chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava (Eb 11,8); e va verso una terra che resterà solo promessa per lui, ma verrà data ai discendenti lontani: Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa (Eb 11,9). Egli credette alla promessa di Dio e perciò è giusto davanti a lui (Gn 15,6). Proprio perché sapeva che la terra non era sua, egli si considerava ospite e pellegrino nella terra di Palestina e sulla Terra: dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra (Eb 11,13), e quindi attendeva la patria definitiva quella celeste, quella che è la dimora eterna: Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una migliore, cioè a quella celeste (Eb 11,14-16). Questa patria Dio vuol dare a tutti; Egli si dichiara Dio di questo popolo, al quale ha deciso di dare il regno dei Cieli: Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato infatti per loro una città (Eb 11,16).
In questa linea di fede eroica si trova anche la fede di Sara, che continua ad aspettare con Abramo il figlio della promessa, nonostante l’avanzata età: Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare (Eb 11,11-12), e soprattutto la fede di Abramo, che è disposto a sacrificare il figlio della promessa, perché sa che Dio gli può dare discendenti anche dalle pietre: Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo (Eb 11,17-19).
Pensiero eucaristico. Anche l’incontro col Signore nella Messa dovrebbe insegnarci la vigilanza in modo da approfittare al massimo della sua Parola e della sua presenza eucaristica. Preghiamo la Madonna Assunta e S. Giuseppe, i nostri Angeli Custodi e i nostri Santi Patroni di sostenerci nella nostra veglia in attesa del Signore che viene.
mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@virgilio.it