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Tempo ordinario Domenica 6c

I -  Luca 6, 17. 20-26 1. Gesù è salito sul monte, ha pregato e quindi ha scelto i 12 Apostoli (Lc 6,12-16); poi scende dal monte e si ferma con i Dodici in una zona pianeggiante (17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante); intorno a lui si sono raccolti tanti discepoli, ma anche persone provenienti dalla Giudea e dalla capitale, e persino dai territori pagani di Tiro e Sidone (17 C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone): esse accompagnano i loro malati, per ottenerne la guarigione da Gesù, e vengono accontentate (Lc 6,18-19). Gesù rivolge la Parola in particolare ai discepoli (20 Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva) e li proclama “Beati” già adesso, perché, nonostante ora siano poveri, Dio darà loro in futuro il suo regno (20 Beati voi, poveri,/ perché vostro è il regno di Dio); alle medesime persone annuncia che devono sentirsi Beati già ora, perché Dio li sazierà, nonostante patiscono la fame (21 Beati voi, che ora avete fame,/ perché sarete saziati); e sempre a loro dice che, anche se ora sono nell’afflizione fino a piangere, devono ritenersi Beati, perché Dio darà loro la gioia (21 Beati voi, che ora piangete,/ perché riderete). E infine li dichiara Beati ora che vengono odiati, calunniati e disprezzati, perché hanno creduto in Gesù (22 Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo); quando accadranno loro queste cose, si ritengano Beati e gioiscano perché Dio ha preparato loro una grande ricompensa (23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo); in effetti essi ora partecipano alla sofferenza, che i Profeti del passato ebbero dagli Ebrei loro  contemporanei, che li perseguitarono come i loro discendenti maltrattano i discepoli di Gesù (23 Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti). Gesù parla ai discepoli e li avverte di stare nella gioia, nonostante le sofferenze presenti, che vengono loro dalla situazione di povertà o fame o afflizioni varie o anche da persecuzioni, perché da Dio avranno tutto ciò che li renderà felici. In quanto discepoli di Gesù sono diventati figli di Dio e Dio si prende cura di loro e li assiste. Si sentano dipendenti dalla Provvidenza del Padre Celeste adesso e per sempre. La ricompensa è nell'eternità, ma Dio si mostra padre già da ora. Affidiamoci alla bontà di Dio. Gesù realizza la sua missione a favore dei poveri come già aveva annunciato a Nazaret. Tutti siamo poveri davanti a Dio e dipendiamo da lui sia perché dà l'inizio alla nostra esistenza sia perché ci conserva in essa sia perché ci dà il concorso in ogni nostra azione, e tutto questo sia sul piano naturale che su quello  soprannaturale: tutto ci viene da Lui come dono e tutto ci vogliamo aspettare da Lui per mezzo di Gesù Cristo, che dobbiamo mettere al centro della nostra vita.

2. Nella seconda strofa Luca riporta 4 maledizioni, che fanno da antitesi alle beatitudini della prima. La ricchezza, la sazietà terrena, gli onori possono costituire un gravissimo pericolo, perché spingono l'uomo a prendere come appoggio le realtà terrene, e non Dio. Il ricco  non sente il bisogno di Dio, perché trova sicurezza e consolazione nelle ricchezze (24 Ma guai a voi, ricchi,/perché avete già ricevuto la vostra consolazione); la sazietà dei beni terreni porta alla diminuzione della vigilanza e della preghiera e quindi alla caduta nella tentazione, come avvenne agli Apostoli nel Getsemani (25 Guai a voi, che ora siete sazi,/perché avrete fame); l'allegria mondana viene dai piaceri cattivi e mondani e perciò allontana da Dio (26 Guai a voi, che ora ridete,/perché sarete nel dolore e piangerete); gli onori mondani vengono dalle adulazioni e vergognosi compromessi, che facevano già i falsi profeti, che erano compiacenti con i potenti invece di rimproverarli (26 Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti). Esaminiamoci per vedere se ci riguardano questi “guai”, minacciati da Gesù. Preghiamo il Signore che ci aiuti a saper discernere che cosa ci fa avvicinare a Cristo e che cosa ce ne allontana e quindi a evitare di essere fra quelli che vanno soggetti a queste maledizioni.

II - Geremia 17, 5-8 Geremia divide gli uomini in due categorie: quelli che ripongono la loro fiducia nell'uomo o nelle creature in genere (5 Maledetto l’uomo che confida nell’uomo), e quelli che confidano in Dio (7 Benedetto l’uomo che confida nel Signore), e – come abbiamo sentito - dichiara maledetto il primo e benedetto il secondo. (a) L'uomo, che mette la sua fiducia e sicurezza nelle creature, è da considerare maledetto da Dio perché ha allontanato il proprio cuore dal Signore  (5 allontanando il suo cuore dal Signore); il sostegno di quest’uomo non è Dio, l'eterno, la roccia, la fortezza, ma una debole o molte deboli creature (5 e pone nella carne il suo sostegno), che sono senza forza e sono destinate a passare: perciò non possono essere solido punto di appoggio. Geremia assomiglia questo uomo a un albero, che sta nella steppa (6 Sarà come un tamerisco nella steppa), dove l'acqua è molto scarsa o non esiste (6 dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine); disgraziatissima la situazione di quest’albero – e di quest’uomo – perché il deserto è un luogo, dove non si può vivere (6 dove nessuno può vivere) e quindi non si vede mai arrivare qualche cosa di buono (6 non vedrà venire il bene). Si tratta dell'uomo che si allontana da Dio e si rivolge alle creature: per lui non c'è più Dio al primo posto, ma ha questa o quella creatura nella mente e nel cuore e nella vita. (b) Invece è benedetto da Dio l'uomo, che ripone la sua fiducia nel Signore e in lui mette il suo sostegno (7 e il Signore è la sua fiducia), la sorgente della sua sicurezza e della sua forza. Geremia paragona tale uomo a un albero piantato lungo un corso d'acqua, verso il quale lancia le sue radici (8 È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici); per esso il caldo non costituisce un rischio e non ha problemi nei periodi di siccità (8 non teme quando viene il caldo, … nell’anno della siccità non si dà pena), perché grazie alle acque conserva sempre verdi le foglie e produce sempre frutti (8 le sue foglie rimangono verdi, … non smette di produrre frutti). Pensiamo a un bambino che ha fiducia nei genitori, nella misura in cui si affida e si abbandona a loro: può contare sul loro amore e sul loro aiuto, che corrispondono alla loro intelligenza e forza di adulti; o pensiamo a una persona, che appartiene a una tribù o famiglia molto forte e si sente spalleggiata da essa. Chi si affida a una creatura può contare sulle forze limitate di una creatura o anche di molte creature, ma comunque non raggiungono Dio. Chi si affida a Dio può contare sulla Sua potenza e bontà e scienza, che sono  infinite. Esaminiamoci per vedere se ci appoggiamo su Dio o sulle creature e se meritiamo la benedizione o la maledizione di Dio.

III - 1Corinzi 15,12.16-20 Paolo parte dalla constatazione che tutti predicano che Cristo è risorto dai morti (12 Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti) e tira la conclusione che è assurdo che ci siano alcuni che neghino la resurrezione dei corpi (12 come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti?). In effetti Cristo è risuscitato dai morti come primizia della resurrezione di quelli che sono morti (20 Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti): i primi frutti di un albero danno la certezza che ce ne saranno altri. D'altra parte possiamo vedere anche l'assurdità dell’affermazione che i morti non risorgono dalle conseguenze: se i morti non risorgono, Cristo non è risorto (16 Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto); ma, se Cristo non è risorto, vuol dire che non è morto per i nostri peccati e non è risorto per la nostra giustificazione (Rm 4,25; 1Cor 11,3) e allora la nostra fede è un'illusione e siamo ancora nei nostri peccati (17 ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati). In tal caso noi credenti di oggi saremmo rovinati, ma anche i credenti in Cristo defunti sono eternamente perduti (18 Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti); e questo vorrebbe dire che abbiamo sperato in Cristo solamente in questa vita, e quindi siamo i più infelici di tutti gli uomini (19 Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini), avendo riposto la nostra speranza di vita eterna in una falsità. Ma Paolo ci invita a condividere con lui la fede nella risurrezione di Cristo, attestata dagli Apostoli e da tanti altri testimoni, che hanno visto Gesù Risorto (1Cor 5,1-11). Crediamo in Cristo morto e risorto per la nostra salvezza e crediamo anche nella nostra risurrezione dei morti quando ci sarà il giudizio universale. I pagani erano e sono angosciati di fronte alla morte, perché non conoscevano o ignorano totalmente o hanno idee molto confuse o molto materialistiche circa l’Aldilà. Noi invece nella Parola di Gesù troviamo le risposte essenziali ai nostri interrogativi del Dopo-Morte e abbiamo tutti i motivi per essere sereni, se ci impegniamo a corrispondere alla Grazia di Dio, che vuole salvarci.

EUCARESTIA. Gesù è morto e risorto per la nostra salvezza e noi lo rendiamo presente col suo sacrificio nella Messa. Qui Gesù ci illumina sulle verità da credere e sullo stile di vita da assumere e ce ne dà la forza per l’unione con Lui per la fede e la carità e la Comunione Eucaristica. Preghiamo la Vergine Maria e S. Giuseppe, i Nostri Angeli Custodi e Santi Patroni, che ci ottengano la grazia di seguire le loro orme e usare i loro mezzi per prepararci a una vita fedele e alla resurrezione gloriosa.

 
 
 

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